Inflazione e costo del denaro: allarme rate in Puglia e Basilicata

Quasi 15 miliardi in tutto il Paese e oltre un miliardo in Puglia e Basilicata, a tanto ammontano le rate non pagate. Il dato che emerge dallo studio

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Quasi 15 miliardi in tutto il Paese e oltre un miliardo in Puglia e Basilicata, a tanto ammontano le rate non pagate. Il dato che emerge dallo studio della Fabi-Federazione Autonoma Bancari Italiani, ovvero il sindacato bancario forse più rappresentativo del Paese (è stato fondato nel 1948). I motivi di questa sofferenza generalizzata sono: «L’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi e la corsa dell’inflazione» che «riducono il reddito disponibile e mettono in difficoltà i clienti delle banche nel rispettare le scadenze relative ai finanziamenti».

A livello nazionale 6,8 miliardi sono mutui non pagati, 3,7 miliardi di credito al consumo non rimborsato e di 4,3 miliardi relativi ad arretrati di altri prestiti personali. Del totale di 14,9 miliardi, 5,7 sono sofferenze, cioè credito che la clientela non rimborserà più.

Le difficoltà delle famiglie – sottolinea il dossier – riguardano soprattutto i mutui a tasso variabile, particolarmente colpiti dall’aumento del costo del denaro portato dallo 0 al 4% in 11 mesi: questa categoria di prestiti immobiliari vale in totale circa 140 miliardi e rappresenta un terzo del totale di 425 miliardi erogati.

In valori assoluti, al primo posto della classifica delle regioni più indebitate c’è la Lombardia (2,6 miliardi), seguita dal Lazio (2 miliardi). Puglia e Basilicata – che lo studio considera congiuntamente – sono in quarta posizione con rate non pagate pari a 1 miliardo e 65 milioni. Di questi, circa la metà – 461 milioni – per le difficoltà delle famiglie sui mutui, mentre sono 322 milioni le rate non pagate sul credito al consumo e 282 milioni quelle per altri prestiti.

Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi di lungo corso (è al suo terzo mandato), avanza dubbi sull’efficacia della strategia adottata dalla Bce-Banca centrale europea. A suo parere l’azione intrapresa «per contrastare l’inflazione non sta generando i frutti sperati. I prezzi non calano significativamente e l’aumento così veloce del costo del denaro sta provocando un rialzo dei tassi di interesse su prestiti e mutui che mette in difficoltà sia le famiglie sia le imprese. La Bce ha già preannunciato di portare il tasso base al 4,25% il prossimo 27 luglio. Noi speriamo in un ripensamento e, comunque, ci auguriamo che tutte le prossime decisioni siano assunte con maggiore cautela».

rimedi e consigli Circa i rimedi “pratici” per aiutare le famiglie, bisogna ben distinguere tra mutui e prestiti personali. Nel primo caso, Fabi indica una serie di alternative (possibile allungamento dei tempi di rimborso dei mutui a tasso variabile, inserimento di un tetto massimo di variazione dei tassi, sospensione temporanea del pagamento della quota capitale delle rate dei mutui a tasso variabile e/o fisso), ma rimarcando come «tutte le soluzioni non sono a costo zero per le famiglie e imprese». Si badi che la maggior parte degli strumenti a disposizione per la rinegoziazione prevede che all’atto della richiesta non vi siano ritardi nel pagamento delle rate del mutuo. È un ottimo consiglio, quindi, quello giunto ieri dai microfoni di Skytg24 dal presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli: i mutuatari con tasso variabile che affrontano l’aumento della rata devono porre il problema alla banca «prima che il problema esploda». Ricordiamo che esiste anche la possibilità della surroga, per trasferire il proprio mutuo a un’altra banca, o di accedere a fondi pubblici per chi si trova in difficoltà come il Fondo Gasparrini.

Il presidente dell’Abi ha sottolineato come il 63% dei mutui sia a tasso fisso e le banche «stanno già facendo uno sforzo» visto l’aumento dei costi sulla raccolta. «A parte il conto corrente che è un servizio le banche pubblicizzano, in concorrenza fra loro, i conti deposito con tassi al 3-4%». Patuelli ha quindi aggiunto come sia anche interesse delle banche che imprese e famiglie non vedono «deteriorato il loro debito».

in puglia rate più piccole Secondo l’ultimo Rapporto di Bankitalia sede di Bari sull’Economia pugliese, alla fine del 2022 le consistenze di mutui bancari concessi alle famiglie consumatrici residenti in Puglia erano pari al 30,2 per cento del reddito disponibile regionale, un valore inferiore a quello medio nazionale (33,4 per cento). Le famiglie indebitate per l’acquisto della casa erano il 12,8 per cento del totale di quelle residenti in regione. Nel confronto con le altre regioni italiane, i mutui concessi alle famiglie pugliesi presentavano un importo unitario più basso (102.000 euro in media, l’1,9 per cento in meno rispetto al Mezzogiorno e il 7,3 per cento in meno del dato nazionale) e, a parità di durata, rate inferiori.

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