L’esercito dei morti dimenticati: in Puglia sono 61 i cadaveri senza nome

L'esercito dei morti dimenticati. In Puglia sono 61 i cadaveri senza identità negli obitori che nessuno ha mai «reclamato». Sessantuno vite, finite

Ispettori del Lavoro scoprono 100 aziende irregolari nel Foggiano
Le guerre del passato e questa. Sono sempre gli inermi a mostrarci la verità dei conflitti.
Coronavirus in Italia, superati i 31mila contagiati: altri 345 morti

L’esercito dei morti dimenticati. In Puglia sono 61 i cadaveri senza identità negli obitori che nessuno ha mai «reclamato».

Sessantuno vite, finite tragicamente, senza che nessuno abbia mai potuto piangerle. I loro resti mortali, trovati in Puglia, solo in parte (25 in tutto) sono stati sepolti nei vari cimiteri in una tomba senza nome. Gli altri, così come i 990 casi in tutta Italia, sono custoditi in una cella frigorifera di qualche istituto di medicina legale o di qualche cimitero comunale.

L'esercito dei morti dimenticati: in Puglia sono 61 i cadaveri senza nome

I più «anziani» si trovano in terra brindisina. Sono i cadaveri di due uomini, sepolti entrambi senza un nome. Di loro non si ha alcuna notizia. Sulle loro lapidi ci sono soltanto due date: 28 agosto 1977 e 29 ottobre 1977, i giorni in cui furono trovati.

È la Capitanata la provincia pugliese che detiene il macabro «record» pugliese di corpi rinvenuti senza vita e senza identità (ben 19) mentre solo qualche giorno fa è stato trovato nella BAT (a Margherita di Savoia per la precisione) l’ennesimo cadavere senza nome. È quello più «recente» della Puglia: si tratta del corpo senza vita probabilmente di un uomo, di età tra i 20 e i 40 anni, in avanzato stato di decomposizione e con uno strano foro nel cranio. Nel caso in cui la lesione possa essere compatibile con un proiettile esploso da un’arma da fuoco è probabile che si sia trattato di un omicidio; diversamente, invece, è possibile che sia ascrivibile ad un urto contro un corpo contundente, forse proprio uno scoglio. In ogni caso, gli investigatori non sono ancora riusciti a risalire all’identità del corpo.

La lista dei cadaveri senza nome è lunga in Puglia (è la 5ª regione italiana dopo il Lazio, la Lombardia, la Campania e la Sicilia per numero di corpi ritrovati senza vita e senza nome) e nasconde, siamo certi, storie di emarginazione, malattia, tragedie della disperazione (molti sono infatti i cadaveri recuperati in mare) e familiari.

Dei 61 cadaveri senza identità, 41 sono maschi, 17 donne e 3 non riconosciuti: si tratta, in quest’ultimo caso, soprattutto di resti scheletrici umani di cui è difficile stabilire il sesso. È il caso, per esempio delle ossa rinvenute a Corato nel Barese nel 2003 tra le macerie di una vetusta palazzina abbandonata del centro storico.

I dati, freddi e macabri, forniti dall’Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse (il prefetto Antonio Bella), saranno illustrati insieme a quelli più drammatici degli «invisibili», le persone scomparse delle quali non si hanno più notizia (le denunce sono 24.369 in tutta Italia e 1.627 soltanto in Puglia), oggi presso l’Università di Bari nell’ambito di un convegno organizzato dall’Associazione nazionale «Penelope» delle famiglie e dei familiari delle persone scomparse. L’obiettivo è fare il punto della situazione mettendo intorno al tavolo i soggetti istituzionali di spicco maggiormente coinvolti al fine di migliorare il circuito informativo comune a tutti i soggetti istituzionali competenti in materia per consentire la comparazione tra i dati più significativi riguardanti gli scomparsi e quelli relativi ai corpi rinvenuti senza identità.

«Il problema è che manca un giusto coordinamento. Spesso le famiglie – spiega Annalisa Loconsole, fondatrice della sezione pugliese dell’associazione “Penelope” e lei stessa figlia di una persona scomparsa e non ancora trovata (il papà Antonio, il vigile del fuoco malato di Alzheimer, uscì dalla sua abitazione di Bari il 4 agosto del 2006 senza più farvi ritorno) – cercano un loro caro scomparso e non possono incrociare i dati con quelli sui cadaveri trovati in qualche luogo d’Italia. Noi chiediamo la collaborazione dei Comuni, delle Procure e della Forze dell’ordine affinché si possa addivenire al riconoscimento e restituire alla famiglie il proprio congiunto scomparso».

Il convegno patrocinato dal Ministero dell’Interno, Università degli Studi di Bari, Anci, Regione Puglia e Città metropolitana di Bari e dal programma «Chi l’ha Visto?» (sicuramente pioniere di questo triste fenomeno insieme alle famiglie delle persone scomparse) è organizzato in tre sessioni durante le quali interverranno specialisti, giuristi e tecnici per fare il punto della situazione, analizzare il fenomeno delle persone scomparse e dei corpi senza identità partendo dalle ultime novità in tema di investigazioni scientifiche e scienze forensi.

Interverranno, tra gli altri, Andrea Cantadori, vicario Ufficio del commissario del Governo per le persone scomparse, il sostituto procuratore Silvia Curione del Tribunale di Bari, Antonella Montorio, responsabile del coordinamento della banca dati nazionale del Dna, il presidente nazionale di Penelope, Nicodemo Gentile e l’avv. Antonio Maria La Scala.
Sarà anche l’occasione per sollecitare anche in Puglia la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra tutti i soggetti istituzionali competenti in materia (Asl, Prefettura, Università, Procura ed Anci) per favorire il riconoscimento dei corpi e resti umani senza identità.

«Tali protocolli sono già stati sottoscritti a Milano, Roma, Firenze e Modena – spiega Annalisa Loconsole – e prevedono la costituzione di una cabina di regia presso le Prefetture. Grazie a questi protocolli è stato possibile accertare l’identità di cadaveri “ignoti” anche a distanza di anni dal loro ritrovamento».

«I protocolli prevedono che, nei casi di decesso in ospedale di persone senza identità, di rinvenimento di cadaveri senza identità, o di resti umani non identificati, un apposito gruppo di lavoro dovrà procedere all’accertamento delle cause e all’epoca della morte, nonché alla raccolta di tutti i dati utili per l’identificazione e al loro successivo inserimento nella banca data Afis (il sistema automatizzato di Identificazione delle Impronte), nella scheda Risc (dei cadaveri non identificati) e nella scheda post mortem dell’Interpol».

COMMENTI

WORDPRESS: 0