Anche in Puglia c’è il boom dei braccialetti elettronici

Anni di polemiche contro i costi di uno strumento percepito inizialmente come «inutile», e ora richiestissimo da quei detenuti che, anziché stare dietro le sbarre di una cella, preferiscono rimanere a casa sia pure controllati a distanza.

In Puglia come altrove si torna a parlare dell’efficacia dei braccialetti elettronici specie dopo l’evasione di Massimiliano Sestito, killer della Ndrangheta, lo scorso 30 gennaio in fuga da un appartamento della periferia di Milano (e poi riacciuffato il 4 febbraio a Sant’Anastasia in provincia di Napoli), dove era stato messo agli arresti domiciliari con l’obbligo di portare il braccialetto elettronico: una misura che si è rivelata un deterrente del tutto inefficace, dato che Sestito l’ha distrutto con un paio di martellate ed è scappato. Un’evasione che, ovviamente, ha rinfocolato le polemiche sull’efficacia del braccialetto elettronico.

«Purtroppo non si conosce il numero dei dispositivi elettronici attualmente a disposizione dell’autorità giudiziaria, il numero di quelli utilizzati per provvedimenti di arresti domiciliari e di detenzioni domiciliari, il numero di quelli non funzionanti, eventuali manomissioni o trasgressioni della misura del braccialetto elettronico e il numero dei dispositivi elettronici utilizzati per il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa». A parlare è l’avv. Alessandro Stomeo del direttivo di Antigone Puglia (la presidente è l’avv.Maria Pia Scarciglia), l’associazione che si batte affinché la salute di chi è privato delle libertà sia sempre salvaguardata e la loro condizione di vita sia dignitosa.

Il braccialetto elettronico, è bene chiarire, può venire impiegato in diversi modi come strumento di controllo all’interno del sistema penale.