Al “Don Uva” insulti, botte e umiliazioni. TUTTI I NOMI. La paura degli oss di essere beccati: “Uagliò qua non si può più scherzare”

Emergono particolari sempre più sconcertanti dalle carte dell’inchiesta sugli arresti al “Don Uva” di Foggia. Ben 30 gli indagati tra oss, infermieri

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Emergono particolari sempre più sconcertanti dalle carte dell’inchiesta sugli arresti al “Don Uva” di Foggia. Ben 30 gli indagati tra oss, infermieri e ausiliari. In carcere sono finiti Anna Maria Amodio, Pasquale Andriotta, Angelo Bonfitto, Antonio Melfi, Michele Partipilo, Nicola Scopece e Nicola Antonio Tertibolese. Ai domiciliari invece Giuseppe Antonucci, Antonio D’Angelo, Savino Giampietro, Martina Pia Longo, Ciro Mucciarone, Salvatore Ricucci, Aldo Rosiello e Rosanna Varanelli. Misure cautelari minori per altri indagati.

Divieto di dimora presso il “Don Uva” e divieto di avvicinamento alle persone offese per Rosa Cocomazzi, Aurelio D’Ambrosio, Francesca D’Angelo, Vittorino De Santis, Damiano Difeo, Gianmarco Pio Gaeta, Lorella Lo Conte, Antonio Macajone, Antonio Pio Pagliuso, Anna Antonietta Perrella, Alessandra Anna Sanna, Assunta Santarsiero e Luigi Surgo. Infine, a Vincenzo Lombardi e Antonio Roberto disposta la sola misura cautelare del divieto di dimora presso i locali
dela struttura sociosanitaria.

Dai video analizzati da Procura di Foggia e Arma dei Carabinieri spuntano frasi choc ai danni delle vittime: “…ma che sei convinta che stanno le telecamere? Io ti do in
fronte… ti uccido di mazzate”, “tu non devi mangiare più, zoccolona”; “Se vieni di qua abbuschi”; “fammiti attaccare. Fammiti legare”. E ancora: “Ti do una capocciata che ti rompo anche la testa”; “uccidila, uccidila per favore”, “Ti butto di sotto, ti devo spezzare il braccio”.

La gip Marialuisa Bencivenga che ha firmato l’ordinanza di ben 314 pagine, scrive che gli indagati “ingiuriavano” le vittime “con espressioni quali: “pazza da manicomio”, “zoccola”, “scema”, “porca maiala”, “devi morire, questa figlia di puttana” e altro ancora.
“Ora puoi pure morire, non me ne frega niente più, una merda di cristiana”; “guarda qua che fessa, una maniglia mi sembra, questa è una maniglia” (commento di Melfi mentre lui e D’Angelo procedevano a sostituire il pannolone a una delle degenti). Numerosi i riferimenti sessuali: “Le molestavano offendendone la dignità sessuale”, ha rimarcato la gip.

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Tra le accuse il sequestro di persona: “Perrella e Tertibolese – riporta l’ordinanza – chiudevano le donne a chiave nella loro stanza mentre Giampietro e Scopece, avvisati di tale circostanza con frasi quali ‘sta chiusa Luisa’, non intervenivano in alcun modo neanche quando udivano le donne bussare insistentemente per ore dall’interno della stanza in cui erano rinchiuse”.

Gli indagati avrebbero ribattezzato con l’espressione “la stalla” una camera utilizzata per rinchiudere i pazienti più difficili. Mucciarone, notando la presenza di una paziente nel corridoio, l’avrebbe minacciata così: “Oh dove vai tu? Entra dentro la stalla kitemurt” e poi Varanelli le intimava di rientrare in stanza con frasi quali “mo’ devi abbuscare! Vai, cammina e basta… ce ne dobbiamo andare e ancora dovete andare a dormire… avete rotto il cazzo, queste quattro merde, cammina, sparisci, che cosa è, madonna mia, ma vaffanculo”, per poi condurla nella stanza e chiudere nuovamente la porta a chiave.

Botte anche ad una paziente che “chiedeva insistentemente una sigaretta e non era ancora rientrata nella propria stanza. Tertibolese – si legge ancora – percuoteva la donna per poi rinchiuderla a chiave nella stanza, il tutto dinanzi alla Longo che, non ostacolandolo in alcun modo, concorreva moralmente e mediante la sua antidoverosa omissione alla limitazione della libertà personale della persona offesa, della quale aveva il dovere giuridico di preservare l’incolumità fisica e morale”.L’inchiesta ribattezzata “New Life” è durata pochi mesi ed è partita “il 4 giugno 2022 dalla captazione di una conversazione telefonica effettuata – come riporta l’ordinanza – nel corso delle indagini disposte nell’ambito di un altro procedimento penale”. Dalla chiacchierata intrattenuta da “Melfi e Antonucci (entrambi operatori sanitari presso la struttura Don Uva di Foggia e odierni indagati), emergevano elementi tali da far ritenere al pm procedente come un terzo operatore sanitario, D.D. (indagato ma non arrestato), avesse avuto rapporti sessuali con due pazienti, entrambe ricoverate presso la struttura sanitaria in oggetto e, stando al tenore del commenti dei colloquianti, incapaci di intendere e di volere”.

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