Disastro nei cieli di Puglia: cinquanta vittime in cinquant’anni

L’incidente di volo avvenuto ieri mattina sul Gargano, 7 vittime sull’elicottero Alidaunia partito da Tremiti per Foggia, è il terzo disastro nei ciel

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L’incidente di volo avvenuto ieri mattina sul Gargano, 7 vittime sull’elicottero Alidaunia partito da Tremiti per Foggia, è il terzo disastro nei cieli di Puglia avvenuto nel giro di mezzo secolo, con un conteggio totale di 50 vittime.

Disastro nei cieli di Puglia: cinquanta vittime in cinquant’anni

Quel fokker schiantato sulla murgia Il primo avvenne esattamente il 30 ottobre 1972, 50 anni fa. Un Fokker F27-200 della Compagnia aerea Ati (Aero trasporti italiani), un bimotore ad elica targato I-ATIR, decollò alle 20, con 20 minuti di ritardo rispetto all’orario previsto,dall’aeroporto di Napoli-Capodichino per Bari – Palese, dove avrebbe dovuto fare scalo per poi raggiungere lo scalo di Brindisi-Casale.

Ai comandi, il comandante Giuseppe Cardone, 34 anni, il secondo pilota Bruno Cappellini, 32 anni, e l’ufficiale di rotta Antonio Di Bella, 28 anni.

A bordo, oltre ai tre membri dell’equipaggio, si erano imbarcati 22 passeggeri e 2 tecnici di volo dell’ATI fuori servizio. Il volo era proseguito regolarmente fino a circa 50 km dall’aeroporto di Bari quando il Comandante Cardone comunicò via radio di essere in vista della pista di atterraggio, poi lo schianto sulla Murgia, nei pressi della Strada Provinciale 39 fra Poggiorsini a sud e Corato a nord. Nessun sopravvissuto fra i 27 occupanti del velivolo, fra equipaggio e passeggeri, fra i quali due suore di Catania. Le vittime pugliesi furono Marino Brugoli, di Molfetta, Vittorio Capoccello, 34 anni di San Pancrazio Salentino, Roberto Chiurazzi, di Bari, Anna Colazzo, di Lecce, Pasquale De Santis, di Lecce, Romano Faraoni, di Bari, Maria Sofia Merico De Santis, di Lecce, Adolfo Orsini, 40 anni, di Bari, Donato Palermino, di Bari.

Dall’inchiesta emerse che l’incidente fu molto probabilmente dovuto all’errore del pilota che credeva di essere in vista della pista di Bari, mandando invece il Fokker a «spanciare» sul terreno alla velocità di 400 chilometri orari quando era ancora distante 50 chilometri dallo scalo del capoluogo, scendendo ad un’altitudine troppo bassa rispetto al territorio sorvolato.

Fondata nel 1963, l’Ati fu poi nel 1994 integrata in Alitalia, che a sua volta ha chiuso i battenti l’anno scorso per cedere il passo a Ita Airways come Compagnia di bandiera dell’Italia.

Quel maledetto volo per la Tunisia La macchina del tempo ci porta ora a 33 anni dopo lo schianto mortale sulla Murgia. È il 6 agosto del 2005, siamo in piena estate e 35 turisti hanno preso posto su un aereo charter della Compagnia tunisina Tuninter che dall’aeroporto di Bari Palese deve portarli a godersi le vacanze sull’isola di Djerba, famosa località turistica della Tunisia.

Sono le 14,32 quando l’Atr 72-202 con numero di registrazione TS-LBB stacca le ruote dalla pista dell’aeroporto pugliese, pilotato dal capitano Chafik Al Gharbi, ufficiale di 45 anni con un’esperienza di 7.182 ore di volo, e dal copilota 28enne Ali Kebaier Al-Aswad, con all’attivo 2.431 ore di volo. Un’ora dopo il decollo l’Atr vola a 7 chilometri di altitudine, quando uno dopo l’altro i due motori si spengono. Il velivolo si trova in prossimità della Sicilia. Il comandante chiede al controllo traffico di Palermo un atterraggio di emergenza a Punta Raisi, lo scalo del capoluogo siciliano, leggendo sugli indicatori una disponibilità residua di quasi due tonnellate di carburante, e cerca invano di riavviare i motori.

Quindi l’ammaraggio di fortuna alla velocità di 233 chilometri orari, 43 chilometri a nord est di Palermo. L’Atr, ormai morto, si spezza in tre tronconi. Nel disastro morirono 16 persone su 39: un assistente di volo e 15 dei 35 passeggeri.

Le autopsie successivamente indicarono che la maggior parte delle vittime morì al momento dell’impatto, mentre otto passeggeri annegarono.

Fra le cause dell’incidente, il montaggio, la sera precedente, di indicatori di carburante non adatti all’Atr-72, ma calibrati per l’Atr-42. L’aereo aveva quindi nei serbatoi meno carburante di quanto indicato dai sensori. L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo accertò anche errori da parte dei due piloti nella gestione dell’emergenza.

Il Tribunale di Palermo condannò per disastro colposo, omicidio plurimo colposo e lesioni colpose gravissime il comandante del velivolo a 6 anni e 8 mesi e a pene comprese fra i 5 e i 6 anni il copilota e altri cinque fra dirigenti e tecnici della Compagnia. Tutti sono a piede libero all’estero.

Il disastro viene ricordato a Bari dall’Associazione «Disastro Aereo Capo Gallo 6 agosto 2005».

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