Turismo in Puglia, un oggetto del desiderio che dura troppo poco

Qualche giorno fa la Regione ha diffuso i dati sulla stagione turistica in Puglia. Oltre 2 milioni di arrivi durante l’estate, 10 milioni e duecentomi

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Qualche giorno fa la Regione ha diffuso i dati sulla stagione turistica in Puglia. Oltre 2 milioni di arrivi durante l’estate, 10 milioni e duecentomila pernottamenti, con un incremento rispettivamente del 4,2 e del 3,1 per cento rispetto al 2019. Numeri da record. Risultati che non arrivano per caso, ma sono frutto del lavoro di «semina» fatto negli anni scorsi sia dalla Regione sia dai privati, che hanno investito in strutture, personale e formazione. Certo, gli attentati terroristici in Egitto al pari del Covid hanno dato una mano facendo preferire la Puglia a mete più incerte. Fiction e cinema hanno contribuito poi a creare l’oggetto del desiderio. Il resto lo fanno i nostri beni culturali, il calore dell’accoglienza, l’ottimo cibo e un clima gradevole.

Turismo in Puglia, un oggetto del desiderio che dura troppo poco

Con la fine dell’estate, però, il flusso turistico crolla, la «destagionalizzazione» stenta a decollare. Eppure con gli autunni e gli inverni miti dovremmo osare di più creando eventi, sfruttando l’enogastronomia, inserendoci nel ricco filone della grande convegnistica, offrendo pacchetti studiati per particolari categorie di persone. Un percorso avviato – vedi l’effetto crociere – ma lontano dal compiersi.

Risultato, molti alberghi, bar e ristoranti vivono ancora un’esistenza stagionale: o riducono moltissimo l’attività o, nella maggior parte dei casi, chiudono per riaprire in primavera.

Quest’anno ci sono due incognite in più: una è il caro energia e l’altra è l’inflazione, cioè la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie. Già nella passata stagione la durata media delle vacanze estive si è ridotta a 11 giorni a fronte dei 14 del periodo pre-pandemia. Il che non lascia ben sperare, considerando gli inevitabili aumenti per trasporti, alberghi e divertimenti e le tasche vuote degli italiani, reduci dalla batosta delle bollette invernali. È ragionevole prevedere che in Puglia possano diminuire gli arrivi dall’estero, poiché i voli aerei sono i più penalizzati dai costi energetici, ma anche il turismo nazionale potrebbe avere una contrazione per via di caro carburanti e caro autostrade.

Certo, un buon numero di assenze potrebbe essere rimpiazzato, come nell’era Covid, con chi sceglie di trascorrere le vacanze a due passi da casa piuttosto che rinunciarvi del tutto. Se sulle presenze è verosimile che ci siano compensazioni, il problema maggiore riguarda le strutture ricettive. Allo stop invernale potrebbe seguire una chiusura definitiva. Già oggi molte aziende sono schiacciate da costi insostenibili, con i titolari costretti ad abbassare le saracinesche e a licenziare i dipendenti. Che accadrà allora alla complessa rete dell’accoglienza? Uno dei temi dirompenti dell’estate appena finita è stata la difficoltà di trovare lavoratori: dai bagnini ai camerieri, dai cuochi ai pizzaioli. È partito anche un processo sommario alle presunte cause individuate di volta in volta in reddito di cittadinanza, paghe basse, calo demografico, assenza di formazione. Finita l’estate, però, nessuno ci sta pensando più.

Se si vuole mantenere un’offerta turistica di qualità non si può essere trascinati dalla corrente, bisogna governarla e, soprattutto, tornare a «seminare». Intanto vanno evitati rincari esagerati, a meno che non si voglia puntare su un turismo per ricchi.

Ma tale scelta comporta servizi «per ricchi» e non tutta la regione è matura per questo. Il Sud della Puglia, cantato e decantato, nella coda dell’estate ha visto un calo di presenze a causa della scarsa competitività dell’offerta. Su questo bisogna lavorare parecchio e molto devono farlo le istituzioni, creando finalmente infrastrutture decenti: arrivare in auto sul Gargano o nel Salento è ancora un’impresa, peggio andarci in treno. Amministratori e governanti dovrebbero ripassare un po’ di geografia per ricordare che l’Italia e con essa la Puglia sono terre strette e lunghe.

Ultima considerazione. Dopo la pandemia è diventato automatico chiedere aiuti al governo, che li concede grazie a «scostamenti di bilancio». Cioè debiti a gogo. Sia chiaro, i sostegni servono, ma non possiamo andare avanti di soli sussidi: per il Covid, le gelate, la siccità, l’energia elettrica, il gas, il caro carburanti. Senza contare i bonus: per le auto, la tv, le case, le finestre, i pannelli fotovoltaici, lo psicologo e chissà che altro. È sempre denaro pubblico: o proviene dalle tasse oppure è debito.

Quindi o paghiamo noi subito, oppure pagheranno figli e nipoti domani. Fra l’altro, la campagna elettorale ha mostrato quanto siano inclini alla spesa pubblica i partiti che verosimilmente daranno vita al nuovo governo. E questo non tranquillizza.

Ragione in più per mettersi al lavoro subito, insieme, per costruire soluzioni. Il record del 2022 non può trasformarsi nel tonfo del 2023.

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