Puglia, 5 dighe e 166 miliardi di litri in mare: in Consiglio mozione per i progetti dell’Anbi

A fronte di una drammatica riduzione (tra il 40 e il 50%) degli invasi del Nord Italia, la situazione in Puglia e Basilicata è meno pesante ma non

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Cala l'acqua nelle dighe lucane: sale preoccupazione in Puglia

A fronte di una drammatica riduzione (tra il 40 e il 50%) degli invasi del Nord Italia, la situazione in Puglia e Basilicata è meno pesante ma non per questo meno preoccupante. Qui, infatti, il problema non è solo la progressiva carenza d’acqua ma il fatto che non si riesce a trattanerla e in buona parte viene scaricata a mare. Almeno l’11% dell’acqua che servirebbe per uso irriguo, a livello nazionale, non finisce nei campi e – conti alla mano – per le organizzazioni agricole nella sola Puglia il danno sulle coltivazioni si traduce in alemno 70 milioni di euro. Consorzi di Bonifica che non funzionano, il 57% delle superfici coltivabili che rischiano la desertificazione, pozzi artesiani che emungono sempre più acqua salata, opere idrogeologiche al palo e progetti – come quello elaborato dall’Anbi – che puntano alla costruzione di piccoli laghetti artificali (a basso impatto ambientale) al posto dei grandi invasi, dove ormai – calcola l’Ispra – mancano almeno 80 milioni di metri cubi di acqua rispetto alla capienza.

Ecco perché, dopo le proteste per le «cartelle pazze» dei Consorzi (con gli agricoltori inferociti che, in assenza di servizi, sono costretti a pagare i contributi), ora in Consiglio si alza la voce sulla necessità di interventi strutturali. Da Forza Italia il capogruppo Paride Mazzotta e i consiglieri regionali Giandiego Gatta, Vito De Palma e Paolo Dell’Erba annunciano una mozione «per impegnare la Giunta regionale a sposare il progetto redatto dall’Anbi, immediatamente cantierabile per la realizzazione di piccoli invasi». Si tratta, ricordano, «di un progetto a basso impatto paesaggistico che può fare la differenza nel tentativo di arginare un fenomeno devastante» e che prevede «la ristrutturazione ed implementazione degli invasi» esistenti per renderli più diffusi su tutto il territorio e ottimizzare, così, l’uso dell’acqua.

« Per la mancata manutenzione straordinaria di cinque dighe, buttiamo a mare – rincara la dose Fabiano Amati (Pd) – 166 miliardi di litri d’acqua. Eppure ci sono 12,5 milioni di euro a disposizione per fare questi lavori, ma tutto si ferma tra ricorsi e burocrazia e c’è una sesta diga, la Pappadai, che risulta inutilizzata e potrebbe contenere 20 miliardi di litri d’acqua. Uno spreco da fare spavento». A fronte di queste inadempienze, «oggi piangiamo per la siccità. E pensare che per la realizzazione dei lavori è stato nominato pure un commissario. Ma forse – aggiunge Amati – serve un generale dell’esercito, perché qui si tratta di resistere all’invasione della sete».

La diga Pappadai, spiega, è «una straordinaria opera idraulica abbandonata e quindi mai utilizzata. Se vi fosse impegno e determinazione si potrebbe, nel giro di qualche mese, destinarla a uso potabile e irriguo, convogliare le acque del Sinni e tenere a disposizione quindi 20 miliardi di litri, che per il mancato esercizio della diga possono considerarsi persi. Tutto questo accade purtroppo per contenziosi vari e lungaggini burocratiche, nonostante per alcune dighe – dice – sia stato nominato addirittura un commissario». Di qui l’auspicio che l’audizione svolta in Commissione nei giorni scorsi «possa determinare le accelerazioni che i singoli gestori hanno promesso e per questo torneremo sull’argomento nei prossimi mesi».

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