Nel Foggiano picco di incontri “a luci rosse” in abitazioni private

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Un fenomeno difficile da debellare che vede la Capitanata al centro della tratta delle schiave. Il fenomeno della prostituzione si verifica allo stesso modo su tutto il territorio, dal Gargano, ai Monti Dauni, dalla città capoluogo, fino ad arrivare al basso tavoliere. Per prevenire le violenze e lo sfruttamento della prostituzione da quattro anni è attivo un progetto – “La Puglia non tratta” – che vede coinvolti gli operatori sociali della cooperativa Medtraining. La cooperativa ha diffuso i dati relativi alle operazioni effettuate nell’ultimo semestre, dati che evidenziano un fenomeno ancora molto attuale, aggravato dalle condizioni di sfruttamento in cui si trovano ad operare le vittime e mutato a causa della pandemia.

“C’è chi guadagna anche 200 euro al giorno, chi ne chiede 20 a prestazione – fanno sapere dalla cooperativa -. C’è chi ha due figli nel suo Paese d’origine e chi è costretta alla strada dal marito. C’è chi prima faceva la badante e chi è sposata con un cittadino italiano. Piccole storie di ordinaria e quotidiana violenza sulle donne che fotografano il drammatico fenomeno dello sfruttamento sessuale e lavorativo nel nostro territorio”. Sono questi alcuni dei dati di maggiore interesse contenuti nell’ultimo semestre di attività portate avanti nell’ambito dell’iniziativa che punta ad aiutare le vittime di tratta e di sfruttamento lavorativo. Donne e uomini che ogni giorno vengono sfruttati nell’ambito della prostituzione, dello sfruttamento lavorativo o domestico, delle economie illegali, dell’accattonaggio forzato o del traffico di organi.

Stando al report della cooperativa, dall’1 luglio al 31 dicembre 2021, attraverso il lavoro dell’unità mobile di strada gli operatori hanno effettuato 145 contatti, percorrendo in modo particolare i tratti della SS 16 dell’Alto Tavoliere e del Basso Tavoliere, della SS 89 che porta a Manfredonia, della SS 673 Circonvallazione di Foggia. Le operatrici hanno effettuato uscite ed incontri anche nell’insediamento informale della pista aeroportuale di Borgo Mezzanone in collaborazione con l’organizzazione non governativa Intersos e nell’insediamento informale di Torre Antonacci in agro di San Severo. Le beneficiarie incontrate durante il lavoro dell’unità di strada sono soprattutto donne, provenienti per la maggior parte da Paesi quali Bulgaria (55%) e Romania (28,3%) che rappresentano la percentuale più alta delle beneficiarie contattate. Ma per le strade sono presenti anche donne che arrivano dall’Albania, dalla Repubblica Dominicana, dall’Italia e dalla Nigeria.

Per quanto riguarda i numeri delle donne incontrate, se si prende in considerazione lo stesso periodo di riferimento degli scorsi anni, va registrata una leggera diminuzione. Questo, però, non vuole dire che il fenomeno della tratta e dello sfruttamento lavorativo sia scomparso nel nostro territorio. Anzi. In questo periodo di tempo sospeso a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 – che ha rallentato non solo le donne ma anche le operatrici – è diventato ancora più subdolo, più invisibile. Molte delle donne incontrate dagli operatori sulla strada, infatti, hanno raccontato di aver esercitato l’attività prostitutiva all’interno di appartamenti, venendo così meno anche la possibilità di accedere a visite mediche specialistiche e di prevenzione, accompagnamenti sanitari presso le varie strutture, incontri individuali.

 

 

 

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