Bypass aorto coronarico, in Puglia la conferma di studio internazionale di 10 anni: con l’arteria radiale si vive di più

I primi risultati cinque anni fa, ora la conferma. Parte dalla Puglia la scoperta di una nuova frontiera nel bypass aortocoronarico. La prestigiosa ri

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I primi risultati cinque anni fa, ora la conferma. Parte dalla Puglia la scoperta di una nuova frontiera nel bypass aortocoronarico. La prestigiosa rivista internazionale Jama (Journal oh the american medical association) ha recentemente pubblicato uno studio internazionale multicentrico durato 10 ani e che ha visto impegnati i cardiochirurghi di GVM Care & research, il network sanitario che in Puglia consta di cinque strutture accreditate con il servizio sanitario nazionale, tre delle quali assorbono circa la metà, il 48,5%, dei ricoveri totali in Puglia per il trattamento delle patologie valvolari (fonte Rapporto Agenas 2019).

Lo studio, condotto dal dott. Giuseppe Speziale, responsabile delle Cardiochirurgie di GVM Care & Research e dal dott. Giuseppe Nasso, responsabile dell’unità operativa di Cardiochirurgia dell’Anthea Hospital di Bari, è nato da una collaborazione medica internazionale, il team denominato “Radial Investigators”, di cui Nasso è uno dei fondatori assieme al prof. Mario Gaudino della Cornell University di New York: ha portato alla scoperta di una nuova tecnica per il by pass aorto coronarico e cioè l’arteria radiale che rappresenta la nuova e valida alternativa rispetto a quella “comune” della vena safena.

Spieghiamoci meglio. Quando le coronarie fanno i “capricci” possono verificarsi alcune situazioni tra cui l’ostruzione causate da alcune placche. Tale situazione può portare a un evento acuto, come l’infarto, che richiede un intervento di emodinamica, l’angioplastica.

Ma spesso la malattia è latente, le ostruzioni sono diverse, e i sintomi compaiono in determinate occasioni: in questi casi l’angioplastica è “sostituita” dal by pass. In pratica il corso del sangue che affluisce al cuore viene deviato su un “condotto” parallelo e più sicuro. Non a caso, in determinate circostanze, è necessario procedere con due o più “deviazioni”, cioè due o tre bypasso aortocoronarici.

Nella maggior parte di tali interventi, la strada privilegiata, come è noto, è quella della vena safena (l’arteria mammaria è consigliata solo in caso di una sola ostruzione) perchè è ampia e consente tale operazione. Ma la radiale, a quanto dimostra lo studio pubblicato, sembra più duratura. “Abbiamo dimostrato – precisa il dott. Giuseppe Speziale – che bypass realizzati con l’arteria radiale hanno una durata migliore rispetto a quelli costruiti con la safena. Il messaggio del nostro studio è proprio questo: se il chirurgo realizza dei bypass con l’arteria mammaria e quella radiale il paziente vivrà di più rispetto a interventi realizzati con la mammaria e la safena. E soprattutto vivrà meglio”.

Anteha hospita è tra i centri italiani all’avanguardia nell’utilizzo delle tecniche minimamente invasive e robotiche (MIDCAB – Minimally Invasive Direct Coronary Artery Bypass e TECAB – Total endoscopic Coronary artery bypass): con tali metodiche è possibile eseguire un intervento di rivascolarizzazione miocardica senza sternotomia (cioè il taglio al centro del petto), ma con soli uno o due piccoli tagli sulla parete laterale (definita minitoracotomia). Inoltre permettono di intervenire senza fermare il cuore, cioè di eseguire l’intervento “a cuore battente”.

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