Consorzi di bonifica nel mirino "stipendi Troppo Alti"

 I numeri dello scandalo (210 dipendenti che costano 15,5 milioni di euro) riaccendono il dibattito sui Consorzi di bonifica, sotto i riflettori di

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 I numeri dello scandalo (210 dipendenti che costano 15,5 milioni di euro) riaccendono il dibattito sui Consorzi di bonifica, sotto i riflettori di una commissione di inchiesta del Consiglio regionale che si preannuncia bollente. Le retribuzioni spaccano la politica e formano un asse inedito: «Stipendi in alcuni casi esorbitanti», dice Guglielmo Minervini di Noi a Sinistra, mentre Domenico Damascelli (Fi) è più esplicito e parla di «stipendi da capogiro con i soldi dei pugliesi». Invece Cor, con Erio Congedo, pur parlando di «sprechi insopportabili» invita a non scaricare le colpe sui lavoratori.

«I Consorzi – dice Minervini – servono a fare bonifica e irrigazione, non a mantenere burocrazie parassitarie», e parla di «zone d’ombra che la commissione d’indagine dovrà illuminare perché individuando gli sprechi si offre il contributo più efficace per una buona azione di riforma». E da questo punto di vista, ricorda il capogruppo degli ex vendoliani, «questo lavoro è già partito da alcuni anni con il commissariamento di tutti i Consorzi indebitati, producendo un abbattimento dell’esposizione debitoria di oltre 50 milioni in cinque anni, a dimostrazione del fatto che agendo sulla corretta gestione i costi si possono comprimere significativamente e che i Consorzi si possono risanare con un adeguato piano industriale».

I numeri contenuti nelle tabelle predisposte dal commissario straordinario Gabriele Papa Pagliardini hanno fatto emergere che gli stipendi dei 220 dipendenti, obiettivamente molto alti rispetto ad altre categorie del sistema pubblico, sono figli di un contratto collettivo di categoria molto costoso e molto generoso e delle anzianità medie molto elevate. Damascelli chiama la giunta Emiliano a «una prova di responsabilità»: «I Consorzi erogano piccoli servizi e con il contagocce sul territorio, non facilitano in alcun modo le attività agricole, ma non rinunciano a spolpare i coltivatori con le cartelle esattoriali e con i lauti finanziamenti della Regione. È il momento di tagliare definitivamente basta a questa gestione della cosa pubblica utile solo ai fortunati che ricevono prebende».

Non è d’accordo invece Congedo. «Il personale dei Consorzi – chiede il consigliere salentino – non sia il capro espiatorio della gestione sciagurata e irresponsabile di chi ne aveva la responsabilità politica, cioè i governi regionali di centrosinistra dell’ultimo decennio». A sospendere le cartelle di pagamento dei consorzi, nel 2003, fu la giunta guidata da Raffaele Fitto: da allora gli enti oggi commissariati (Terre d’Apulia, Stornara e Tara, Ugento, Arneo) non sono più riusciti a riprendere le contribuzioni nonostante i nuovi piani di classifica. E così, il sistema è completamente bloccato, gli enti non riescono a far fronte ai debiti e spesso nemmeno agli stessi stipendi. «Una situazione – riconosce Congedo – che ha ridotto i Consorzi in idrovore di soldi pubblici e privati, in poltronifici indebitati fino al collo, in carrozzoni incapaci di svolgere alcuna attività a sostegno della nostra agricoltura».

Sul tema ieri sono intervenuti anche i grillini. «La commissione di inchiesta – dice il consigliere Marco Galante – nasce per indagare su questi anni di malagestione dei Consorzi, non per riformarli». Resta il fatto che il Consiglio regionale dovrà approvare, teoricamente entro un mese, proprio la legge di riforma prevista dal bilancio. Anche Galante difende i lavoratori, «l’acqua, l’acquedotto rurale e i Consorzi in generale appartengono agli agricoltori ed è un concetto semplice che non deve essere sottovalutato da chi ha già la soluzione in testa», dice polemizzand con le proposte di Fabiano Amati. Il consigliere Pd ha proposto di affidare ad Acquedotto Pugliese la gestione dell’irrigazione, che oggi è in mano ai Consorzi a macchia di leopardo e con tariffe molto variabili, oltre che con altissimi livelli di morosità: quella di Amati è l’unica proposta operativa ascoltata finora in un mare di banalità.
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