Pomodoro trasformato solo aste al «ribasso»

Quello dell’enorme potere contrattuale dei trasformatori rispetto ai produttori di pomodoro, è un problema antico e mai risolto, anche perché la depe

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Quello dell’enorme potere contrattuale dei trasformatori rispetto ai produttori di pomodoro, è un problema antico e mai risolto, anche perché la deperibilità del prodotto fa scendere vertiginosamente quello degli agricoltori i quali, da sempre, sono costretti ad accettare “tagli da scarto” la cui entità viene spesso stimata unilateralmente dai trasformatori. Fin qui niente di nuovo, se non fosse che il caldo torrido di luglio ha accelerato la maturazione del pomodoro, stratificando e sovrapponendo i programmi settimanali e costringendo gli agricoltori, andati nel panico, ad accettare praticamente qualunque prezzo, in ossequio alle dure leggi della domanda e dell’offerta.
Per cercare di garantirsi qualche patema in meno, le organizzazioni dei produttori ed i trasformatori avevano sottoscritto per tempo un accordo che fissava rispettivamente in 0,95 e in 1,05 i prezzi del tondo e del lungo. Ma poi è intervenuto qualcosa di nuovo che lo ha mandato in frantumi.

«E’ accaduto – spiega Salvatore Castellano, presidente dell’omonimo Gruppo alimentare – che in maggio e prima ancora che il prodotto fosse sulla pianta, 6-7 grossi trasformatori dello “Stato campano” hanno stilato accordi con la Grande Distribuzione, offrendo il prodotto a prezzi stracciati, contando forse anche sulla previsione che dovesse trattarsi di una annata eccezionale. Di qui la loro “necessità”di dover tagliare di almeno 20 centesimi i prezzi, drogando così il mercato».

Inutile dire che trasformatori come il Gruppo Castellano Spa, che ritirano (e lavorano dall’ultima settimana di luglio fino a fine settembre) 400mila quintali di pomodoro acquistati da una platea ormai fidelizzata di produttori di pomodoro, oltre a 20mila quintali di pomodoro prodotto direttamente, subiscono un forte contraccolpo da questa situazione.
«Tra l’altro – aggiunge Castellano – noi puntiamo sulla qualità. Basti pensare che ormai la passata di pomodoro ha superato oltre il 50% del tasso di prodotto trasformato, rispetto a pelati e cubetti e che noi, come non molti altri trasformatori, la facciamo con pomodori di pregio che nel giro di sei ore passano dal campo alla bottiglia. Tutto questo comporta dei costi che, unitamente a quanto già detto, rendono problematico stare su un mercato, dove oltretutto i grossi compratori acquistano attraverso aste al ribasso».

Nonostante tutto questo la provincia di Foggia continua a produrre l’80% (circa 20 milioni di quintali) della produzione nazionale di “oro rosso”, che per varie ragioni continua ad essere ad alto rischio, confrontandosi con un mercato delocalizzato e con una filiera scomposta che, nonostante i tentativi di assicurare agli agricoltori un dignitoso minimo garantito, spesso fa saltare anche regole concordate e sottoscritte. Né può essere una consolazione il “beau geste” delle dimissioni (presentate e respinte in perfetta buona fede) dei vertici delle organizzazioni dei produttori, dopo che gli accordi sono stati disattesi dall’industria della trasformazione. Ma si va avanti comunque, di anno in anno, alle prese con vecchi e nuovi problemi.

[Antonio Tufariello]

 

 

 

fonte Gazzetta del Mezzoggiorno
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