Boom di imprenditori indebitati, incapaci di rispettare contratti e pagamenti. E, purtroppo a Nord come al Sud, sono in continuo aumento i titolar
Boom di imprenditori indebitati, incapaci di rispettare contratti e pagamenti. E, purtroppo a Nord come al Sud, sono in continuo aumento i titolari di aziende a cui sono stati tolti beni per saldare i debiti. La conferma arriva dall’impennata del numero di liquidazioni giudiziali di imprese che in Italia, lo scorso anno, (secondo l’analisi presentata da Cribis, società del Gruppo Crif specializzata nelle informazioni commerciali su aziende italiane ed estere) sono aumentate del 19,7% rispetto all’anno precedente avvicinandosi ai livelli pre-Covid.
La legge, è bene precisare, ha di fatto sostituto il fallimento con la liquidazione del patrimonio dell’imprenditore da ripartire tra i creditori in base a quanto previsto dal «Codice della crisi d’impresa» introdotto nel 2022 alla scopo di favorire così la continuità aziendale.
Il legislatore italiano, in altre parole, ha sostituito al posto del fallimento la liquidazione giudiziaria, volta a garantire il recupero dei crediti dalla società in liquidazione da parte dei creditori dell’imprenditore insolvente, potendo in tal modo ripartire tra di loro il ricavato della vendita del patrimonio del debitore, in base alla natura ed alla qualità del proprio credito.
La procedura giudiziale di liquidazione e concordato preventivo sono alcuni degli strumenti previsti dal nuovo codice per affrontare la situazione di crisi e dell’insolvenza degli imprenditori e dei consumatori.
Anche nel primo trimestre del 2025, il numero di aziende italiane coinvolte in procedure di liquidazione giudiziale è salito a 2.341, segnando un incremento dell’11,3% rispetto allo stesso periodo del 2024, quando erano state 2.104.
Dal punto di vista territoriale, la Lombardia guida la classifica con 480 liquidazioni, pari al 20,5% del totale nazionale, seguita da Lazio (337), Emilia-Romagna (208), Veneto (192) e Campania (183). La Puglia è l’ottava Regione in Italia per numero di liquidazioni: già 142 nei primi tre mesi dell’anno con una incidenza del 6,1% rispetto al totale.
Le regioni meno colpite sono Valle d’Aosta, con appena 2 casi, Molise (4), Trentino-Alto Adige (10) e Basilicata (10). Questo divario territoriale sottolinea un’incidenza più limitata del fenomeno in alcune aree del Paese.
I dati dell’Osservatorio evidenziano che, a livello provinciale, è il Barese è in testa in Puglia per numero di liquidazioni giudiziali (49) nei primo trimestre del 2025, seguita dal Salento (35), la Capitanata (27), la BAT (14), la provincia di Taranto (12) e, per ultimo, il Brindisino (5).
Analizzando i settori colpiti, il Commercio si conferma il più esposto, rappresentando oltre il 32% del totale nazionale con 713 aziende coinvolte. Seguono i Servizi (555), l’Edilizia (493) e l’Industria (373). Questi dati mettono in luce le persistenti criticità nei comparti più sensibili alle oscillazioni dei consumi e all’aumento dei costi operativi.
«L’aumento delle liquidazioni giudiziali nei primi tre mesi del 2025 così come i dati del 2024 – commenta Marco Preti, amministratore delegato di Cribis – riflette il perdurare delle tensioni economiche sulle imprese, legate a fattori sia strutturali che congiunturali, come l’accesso al credito, i costi energetici e l’instabilità geopolitica, che soprattutto negli ultimi mesi, dall’insediamento alla presidenza di Trump, ha alimentato l’incertezza per le aziende. Tutti questi fattori esogeni posizionano le imprese italiane in un contesto complesso, in cui la capacità di adattarsi a repentini cambiamenti diventa cruciale per rimanere resilienti».
«Per quanto riguarda il nostro Paese, i settori come l’edilizia, il commercio e l’industria sono stati particolarmente colpiti. In questo scenario – continua Presti – le aziende devono adeguarsi a governare l’incertezza macroeconomica in cui stiamo navigando. Nonostante le sfide del periodo, l’Italia sta registrando segnali positivi in termini di crescita del Pil e occupazionale, un messaggio positivo per tutto l’ecosistema».
Ricordiamo che nel 2023, la Puglia aveva registrato un incremento del Pil dell’1,1% rispetto al 2022. Questo aumento aveva portato il valore complessivo del prodotto interno lordo regionale a 87,046 miliardi di euro. Sommandosi al tasso di crescita eccezionale del 2022, che aveva visto un +5,4%, l’aumento attuale corrisponde a circa 949 milioni di euro. È interessante notare che, a livello nazionale, la crescita del Pil è stata però più modesta, attestandosi allo 0,7%. Nel contesto dei redditi pro capite, il prodotto interno lordo per abitante si attesta sui 23.500 euro nel 2023, in aumento rispetto ai 20.200 euro del 2021.
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