Il Candelaro spada di Damocle per la riviera sipontina

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«LA FOCE del torrente Candelaro in agro di Siponto è diventata una discarica a cielo aperto. Nell’alveo della lama si è creata una discarica a cielo aperto per la presenza di rifiuti eterogenei, una vera e propria bomba ecologica, come evidenziano i rilievi fotografici effettuati». La denuncia è dall’Associazione nazionale finanzieri d’Italia (Anfi) il cui presidente, il manfredoniano avvocato Antonio La Scala, ha inviato una nota al sindaco di Manfredonia e alla Sezione di vigilanza ambientale della Regione Puglia. Evidenziata «la rilevanza idraulica del sito», il presidente La Scala chiede di intervenire opportunamente «è assurdo assistere inermi – afferma – alla morte di un ricco ecosistema. Un grave e potenziale pericolo per l’ambiente che occorre scongiurare quanto prima».
LA DENUNCIA dell’Anfi è l’ultima in ordine di tempo della serie ormai infinita di vibrate proteste e reclami per una situazione di degrado ambientale che si trascina da anni, decenni. Tra le tante segnalazioni, arcinote sono i ricorsi accorati e documentati del comandante delle guardie ambientali Cvilis, Giuseppe Marasco, reiterati anche nell’attuale veste di consigliere comunale. Malauguratamente, come attesta quest’ultima autorevole denuncia, non si è mai intervenuti in maniera seria ed efficace. Il problema rimane in tutta la sua gravità i cui effetti nefasti si riversano non soltanto sull’ambiente ma anche sull’economia di un settore portante quale è quello balneare.
IL CANDELARO sfocia infatti, come ben noto, nel bel mezzo della riviera sud sipontina: il fiore all’occhiello del turismo balneare della costa affacciata sul mare del golfo adriatico. È pertanto naturale che le acque di quel torrente si riversino in mare assieme a tutto quello che raccoglie lungo i suoi settanta chilometri. E ne raccoglie di porcherie considerato che su quel corso affacciano centri abitati, campagne e tutta una serie di attività che hanno in quell’alveo un ricettacolo naturale. Con quali conseguenze sulla salubrità del mare e dunque sulla tranquillità delle attività balneari è facilmente immaginabile. Anzi, senza ricorrere alla immaginazione perché è già successo. Tra gli episodi più eclatanti si ricorda quello del 2018 quando il mare antistante la riviera sipontina venne invaso da una massa di sostanze inquinanti che ha costretto le imprese balneari a sospendere l’attività con gravi danni all’ambiente, all’economia, all’immagine complessiva riverberatisi sull’intero sistema turistico.
QUEL CORSO d’acqua è una minaccia costante la cui pericolosità è dipendente dalla consistenza delle acque che vi si depositano: si gonfia se piove, rimane a secco se non piove. Come è successo questa estate, caratterizzata da un persistente siccità che ha lasciato quel torrente prosciugato. Ne ha beneficiato il mare che si è offerto nella sua naturale limpidezza con grande soddisfazione di tutti.
RIMANE sospeso e minaccioso il problema del torrente: le tecnologie moderne consentono interventi risolutori che dovrebbero essere attuati, data la loro rilevanza, dalla Regione che a sua volta andrebbe opportunamente sollecitata. Caso contrario si andrà avanti con denunce di disastri ecologici e danni alla economia locale.
Michele Apollonio

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