TORNA L ORA LEGALE

La notte tra sabato 30 e domenica 31 marzo, alle 2, tornerà l’ora legale: per una notte si dormirà un’ora in meno, ma si avrà un’ora in più di luce

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un uomo pulisce grossi quadranti di orologi

La notte tra sabato 30 e domenica 31 marzo, alle 2, tornerà l’ora legale: per una notte si dormirà un’ora in meno, ma si avrà un’ora in più di luce alla sera per i prossimi sei mesi. Per adeguarsi bisognerà spostare gli orologi meccanici e la maggior parte di quelli digitali un’ora avanti, mentre gli smartphone e gli smartwatch faranno tutto da soli. In pratica dalle 2 di notte si passerà direttamente alle 3, saltando un’ora: per capirsi, se non si cambia l’ora già da sabato sera mentre una sveglia per domenica è puntata per le 8, quando ci si alza saranno le 9, e così via.L’ora legale inizia ogni anno nella notte dell’ultimo weekend di marzo, e finisce in quella dell’ultimo weekend di ottobre (quest’anno il 27 ottobre). In molti altri paesi è chiamata orario estivo, perché viene adottata nel periodo dell’anno in cui ci sono più ore di luce: rimpiazza l’ora solare e spostando appunto gli orologi un’ora in avanti permette di sfruttare di più la luce solare e di conseguenza risparmiare sui consumi di energia elettrica.

L’ora legale fu introdotta in molti paesi per la prima volta nel nel 1916, per risparmiare energia durante la Prima guerra mondiale. Fra questi c’era l’Italia: nei decenni seguenti fu abolita e ripristinata diverse volte, per essere poi adottata definitivamente con una legge del 1965, applicata a partire dall’anno seguente. A livello europeo l’ultima modifica dei tempi dell’ora solare fu nel 1996: da allora il passaggio dall’ora solare a quella legale avviene con uguali tempi (fusi orari a parte) e stesse modalità tra tutti gli stati dell’Unione Europea.

Il passaggio dall’ora legale a quella solare non avviene solo in Italia: la maggior parte dei paesi europei fa la stessa cosa, mentre in Russia, Argentina, India e in quasi tutta l’Africa l’ora legale non viene usata. In alcuni paesi, le amministrazioni locali possono decidere indipendentemente dal governo centrale se adottarla o meno: per esempio in Australia solo quattro stati federati su sei la usano.

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