Evasione fiscale da record: la Puglia è terza in Italia

Truffatori, evasori totali, furbetti. È la descrizione del nostro Paese che emerge dall’ultimo report dell’Ufficio studi dell’Associazione artigia

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Evasione fiscale da record: la Puglia è terza in Italia

Truffatori, evasori totali, furbetti. È la descrizione del nostro Paese che emerge dall’ultimo report dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre che, sulla base dei dati del Ministero dell’Economia e Finanze e Istat, è riuscito non solo a calcolare quanti soldi sono stati sottratti indebitamente al Fisco ma, anche, a fotografare il fenomeno dell’evasione, uno dei primati della nostra Penisola che, specie nelle regioni del Sud, rappresenta una piaga sociale ed economica che non arretra.

In Puglia, per esempio, nel 2021 (ultimo dato disponibile), l’infedeltà fiscale è stata pari al 17,6% (Italia 11,2%) con quasi 5 miliardi e mezzo di euro di imposte evase. Ciò significa che, a fronte di 100 euro incassati dall’erario, 17,6 sono rimasti indebitamente nelle tasche degli evasori.

Numeri impressionanti che collocano la Puglia nella top five (al terzo posto dopo Calabria e Campania) delle regioni con più furbetti del fisco e un maggiore gettito e contributivo evaso.

La Basilicata, invece, si colloca all’ottavo posto con una infedeltà fiscale pari al 13,4% e poco più di 700 milioni di tasse non versate nelle casse dello Stato.

A livello nazionale, in ogni caso, nel 2021 l’evasione fiscale e contributiva è calata del 3,1% ed è stata pari a 83,6 miliardi di euro, di cui circa 73,2 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,4 miliardi di mancate entrate contributive, con una diminuzione di 2,7 miliardi (-3,1%) rispetto al 2020, di cui 2,2 miliardi sono relativi all’evasione fiscale (-2,9% rispetto al 2020) e 0,5 miliardi all’evasione contributiva (-4,3% rispetto al 2020). Merito anche della digitalizzazione, con strumenti quali la fatturazione elettronica e l’invio telematico dei corrispettivi che hanno indotto una serie di contribuenti, tra cui proprio gli evasori incalliti, a «ravvedersi».

Passando, invece, alla repressione delle violazioni penali di natura tributaria e ai «furbetti» scovati e finiti dietro le sbarre, emerge che in Italia il numero minimo di arresti si è verificato nel 2016, dopodiché c’è stato uno sali scendi fino al 2021, anno in cui il numero di persone «ammanettate» per aver commesso un reato tributario ha toccato il picco massimo di 411. Nel 2022 (ultimo dato disponibile), grazie sempre all’attività di controllo effettuata dalla Guardia di Finanza, il numero è sceso a 290 mentre le persone denunciate all’autorità giudiziaria per violazioni penali tributarie sono state 14.045. Solo il 2% dei soggetti denunciati è finito in carcere.

Diversamente, al netto dei risultati conseguiti nel 2020-2021, biennio caratterizzato dalla grave crisi pandemica, il recupero dell’evasione è stato di 20,2 miliardi nel 2022 e di 24,7 miliardi di euro nel 2023.

«Certo – commenta Paolo Zabeo, coordinatore del Centro Studi Cgia di Mestre – non necessariamente c’è un nesso inversamente proporzionale tra questi due fenomeni, tuttavia è importante segnalare che la lotta all’infedeltà fiscale produce risultati sempre più positivi, senza ricorrere ad un inasprimento delle misure limitative alla libertà delle persone. Un segno di civiltà giuridica che rafforza nel nostro Paese il concetto dello Stato di diritto».

È evidente che la lotta all’evasione passa anche attraverso l’azione repressiva che, nei casi previsti dalla legge, deve portare all’arresto di chi si rende responsabile di questi reati. Purtroppo, così come ha avuto modo di segnalare la Corte dei Conti , fino ad ora non siamo stati in grado di «misurare» l’efficacia di questa attività punitiva.

«Non esiste, infatti, alcuna analisi realizzata dall’Amministrazione fiscale o dal ministero della Giustizia in grado di valutare ex post gli effetti prodotti dall’azione repressiva del nostro fisco sia per quanto concerne le risorse recuperate sia in ordine alla deterrenza esercitata. Tuttavia, in Italia non abbiamo la necessità di istituire uno Stato di polizia tributaria per combattere l’evasione».

«Per contrastare maggiormente l’evasione bisogna essere inflessibili con chi è completamente sconosciuto al fisco e altrettanto decisi nei confronti di coloro che, sebbene “targati”, fanno i furbi. Tutto questo, comunque, senza essere costretti ad inasprire la disciplina penale tributaria con l’intento giustizialista di gettare in galera gli evasori e buttare la chiave. Per ridurre l’infedeltà fiscale – conclude Paolo Zabeo – e allinearci agli standard dei Paesi europei meno interessati da questo fenomeno, è auspicabile mettere a punto in tempi rapidi un fisco meno aggressivo, più semplice, più trasparente e più equo, premiando chi produce, chi crea occupazione e genera ricchezza. Garantendo, allo stesso tempo, un gettito sufficiente a far funzionare la macchina dello Stato e per aiutare chi si trova in difficoltà».

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