DA SODOMA E GOMORRA AI GIORNI NOSTRI ;LA STORIA ULTRAMILLENARIA DEL CARNEVALE DI MANFREDONIA

“La miseria è vero che regna qui forse peggio che altrove: ciò nonostante il nostro Carnevale è stato animato più di quello che ti han dato a cred

Manfredonia: quale soluzione per riattivare il porto Alti fondali
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“La miseria è vero che regna qui forse peggio che altrove: ciò nonostante il nostro Carnevale è stato animato più di quello che ti han dato a credere. Il Primicerio, D. Raffaele del Vecchio, ed il Comandante di Piazza han ricevuto maschere per tutto il Carnevale: la Casa mia
ne’ primi giorni ha ricevuto solo qualche amico:
ma poi negli ultimi tre è stata aperta a tutti.
Nell’ultimo giorno quaranta persone pulite
fecero una mascherata cosi bella e dilettevole,
che tutte le altre maschere si ritirarono,
e l‘intera popolazione andò loro appresso
restando le strade quasi vuote. Queste
sotto il nostro balcone, alcune ci onorarono
de’ loro balli, scherzi e musica per qualche tempo, e poi passarono avanti. Vedete dunque
che lo spirito Sipontino non è cosi morto come credete”.
Scriveva così in una lettera Gian Tommaso Giordani, avvocato, poeta e due volte sindaco di Manfredonia, nel 1839, ovvero quasi due secoli fa, evidenziando uno spirito sipontino carnascialesco già ben consolidato nel tempo, con balli per strada e in casa, maschere, scherzi ed allegri cortei.
E per quanto possa sembrare di essere andati già lontano nel tempo, in realtà il Carnevale di Manfredonia affonda le sue radici ad oltre duemila anni fa, quando a Siponto, esposta col suo mare ad Oriente, e da sempre influenzata dalla cultura ellenica, approdarono i culti dionisiaci.
Il ritrovamento in un’area della Siponto antica del busto di una Baccante (oggi conservata al Comune) ne è la dimostrazione. I baccanali (da Bacco, il nome poi dato dai romani a Dioniso), prevedevano un allontanamento dalla realtà ed una disinibizione totale dei costumi.
Nonostante le persecuzioni cristiane di questi rituali, considerati demoniaci, i culti andarono avanti per secoli, tanto che quando nel 1372 passò da Siponto colei che sarebbe poi divenuta Santa Brigida, ne notò la rovina dovuta al terremoto del 1233 e scrisse nelle “Rivelazioni celesti” che era stata distrutta per gli stessi peccati delle città di Sodoma e Gomorra. Fu Cristo in persona, stando alla ricostruzione di Santa Brigida, che le rivelò che il terremoto fu una punizione esemplare per un luogo svergognato, peccaminoso e vizioso, raso al suolo dal volere di Dio, sdegnato per il comportamento dei suoi abitanti che vivevano nel peccato, del tutto incurante degli insegnamenti divini.
Queste feste pagane, nonostante gli scandali che suscitavano, hanno attraversato i secoli ed i millenni. Il tema di fondo è stato sempre la ricerca di abbondanza e felicità attraverso riti propiziatori fatti di trasgressione, promiscuità, scherzi e, dal tardo Medioevo, anche di mascheramenti.
E a Manfredonia, come nel resto della Puglia dove non c’erano maschere tipiche della commedia dell’arte, si inventarono personaggi simbolo che potessero rappresentare il “re del carnevale” nelle vesti del cittadino-tipo. È il caso di Ze’ Peppe, un vecchio contadino malato di bronchite e malaria che impersona malinconicamente il desiderio di trascorrere gli ultimi giorni di vita divertendosi nonostante le ristrettezze e le miserie del popolo sipontino.
Già dal Settecento i festeggiamenti del Carnevale a Manfredonia cominciavano a partire dal 17 gennaio, giorno di S. Antonio Abate, al grido di “Sand’Andùnje mášquere e sune” (Sant’Antonio Maschere e Suoni), ma è solo dopo la seconda guerra mondiale che diventò sempre più impellente nel popolo sipontino il desiderio di coordinare e disciplinare l’organizzazione di una manifestazione già allora ritenuta tra le più antiche, importanti ed interessanti della città. A tale scopo nel 1955 venne costituito per la prima volta un gruppo di lavoro, denominato “Comitato per il Carnevale Sipontino”.
Il Corso Mascherato, com’era chiamata inizialmente la gran parata dei carri allegorici e dei gruppi mascherati, anno dopo anno è arrivato fino ai nostri giorni richiamando migliaia di visitatori lungo i due chilometri di percorso.
Il Carnevale di Manfredonia è storia, cultura, tradizione che si perde nella notte dei tempi. Ma è anche una festa da scoprire, da vivere, da preservare e valorizzare.
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Buon Carnevale!
Maria Teresa Valente

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