FESTA DI S. LORENZO. LE DIECI SFIDE DI MONS. MOSCONE ALLA CHIESA E ALLA CITTA’

FESTA DI S. LORENZO. LE DIECI SFIDE DI MONS. MOSCONE ALLA CHIESA E ALLA CITTA’ di Michele Illiceto Celebrare la festa di S. Lorenzo signific

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Franco Moscone - Wikipedia

FESTA DI S. LORENZO. LE DIECI SFIDE DI MONS. MOSCONE ALLA CHIESA E ALLA CITTA’

di Michele Illiceto

Celebrare la festa di S. Lorenzo significa, secondo Moscone, ispirarci ai suoi ideali ed al suo modo di operare per continuare oggi ad amare servire la nostra Chiesa e la nostra Città. Tanti i richiami e gli spunti offerti deal nostro presule durane l’omelia. Li possiamo enucleare in dieci sfide e in cinque verbi.

La prima sfida è quella che vede tutti impegnati, ciascuno nel proprio ambiente e secondo il proprio ruolo, “a coniugare i verbi amare e servire, guardando all’insieme e al bene comune prima di ogni interesse individuale o di parte”.

La seconda sfida è non farsi prendere dallo scoramento e cedere alla tentazione della rassegnazione. Al contrario, ribadisce il nostro vescovo, “San Lorenzo ci ammonisce che anche in contesti ardui e problematici come il nostro, anche dopo sconfitte e delusioni è possibile costruire un futuro generativo”.

In che modo fare questo? La posizione del vescovo è chiara quando, riprendendo un tema caro anche a Mons. Michele Castoro, ci consegna una terza sfida, quella che di riuscire a tessere “un’alleanza di tutti per seminare legalità, per rompere ogni tipologia di alleanza perversa che cerca di diventare sistema, per lottare, certi che si possono sconfiggere, contro le strutture di peccato che sempre tentano di inquinare ed approfittare di tutte le Istituzioni”.

La quarta sfida è la capacità di fare spazio alle nuove generazioni,non soltanto in termini di promesse, spesso vane, ma in termini di processi capaci di renderli veri protagonosti.Proprio ai giovani San Lorenzo invita “a sognare un futuro pieno di speranza per la nostra generazione e quelle che verranno facendoci carico della responsabilità del presente che stiamo vivendo”.

La quinta sfida –  la più difficile – riguarda la capacità di abbandonare la logica dell’individualismo, perché, “sia come cristiani, sia come cittadini non possiamo venire meno alla speranza, chiuderci nel disimpegno e nella cieca difesa di spazi ed interessi individuali, appiattirci apatici sul presente. Ognuno è chiamato a sentirsi e comportarsi da autentico cittadino e, se credente, da libero discepolo del Signore Gesù.

Su tali solchi, la Chiesa locale, sostiene forte Padre Franco, assume una sesta sfida, quella di sentirsi “impegnata a svegliare le coscienze, a educare al senso civico, a collaborare a formare laici onesti e competenti che abbiano il coraggio di assumere la missione della politica come arte di carità e favorire la costruzione di modelli sani di economia sul territorio”.

Una settima sfida che dovremmo fare nostra è quella di custodiretutto ciò che di bello e di buono ci è dato in questo nostro territorio, e di conseguenza evitare di sciupare e consumare, di deturpare e mortificare. Per i credenti si tratta in primo luogo di custodire il Vangelo, evitando “fraintendimenti, facili strumentalizzazioni, annacquamenti, intorpidimenti, letture distorte, di parte o dimezzate”. Il Vangelo ci rende “custodi della città”. Custodi e non padroni!

L’ottava sfida riguarda il vigilaresu chi ci passa accanto, su chi viene affidato.Siamo chiamati a “smascherare le bugie e le mezze verità, che inondano come tsunami il nostro tempo” ma anche stare attenti alle “false promesse che pretendono di vendere felicità e verità a buon mercato”. Vigilareanche “sui subdoli inganni, sulle diverse e soffuse modalità di abusi di potere, sulle vecchie e nuove forme di oppressione con cui di nascosto si continua a tenere al giogo fasce intere della società approfittando dei più fragili e dei più indifesi”. 

La nona sfida è anch’essa ardua: si tratta di svegliare per “tenere deste le coscienze facilmente assopite dal sonno della banalità e della noia che stanno inquinando, senza far rumore, le nostre vite e le speranze delle nuove generazioni, abituandole a sentimenti negativi e promesse a buon mercato, anarcotizzando menti e cuori”.

La decima e ultima sfida, riguarda la capacitò di “innescare processi virtuosi e generativi che partendo dal cuore di ciascuno contagino creativamente Popolo, Territorio, Città e Chiesa”.

Tutto questo per realizzare, sull’esempio di S. Lorenzo, “l’umanesimo della prossimità” in grado di trasformare, la nostra città in una comunità operosa e generativa, responsabile e costruttiva, solidale e accogliente, inclusiva e ospitale.

Insomma, Mons. Padre Franco ancora una volta scuote la città e le parrocchie, laici e credenti, consegnando cinque verbi scomodi e impegnativi: amare, servire, custodire, vigilare e svegliare.

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