La Puglia corre, ma il divario Nord-Sud cresce ancora

Il 13 settembre scorso è apparso sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» l’articolo «Crescita, choc Puglia: è tra le regioni più povere», in cui si sottoline

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Il 13 settembre scorso è apparso sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» l’articolo «Crescita, choc Puglia: è tra le regioni più povere», in cui si sottolinea che la Puglia, tra le venti regioni italiane, si colloca solo al 17° posto.

L’articolo mi ha suscitato qualche curiosità, poiché la notizia della Puglia, in termini di PIL procapite (l’indicatore che misura il livello di ricchezza prodotta procapite), tra le regioni più povere, insieme alle altre del Mezzogiorno, è un dato storico, conosciuto da tempo. Dov’è dunque la novità che porta a evidenziare con enfasi questa situazione? Ho quindi aperto il data base dell’ISTAT e scaricato un po’ di dati per verificare la situazione dei livelli di crescita economica delle regioni italiane e vedere se, a un’analisi più approfondita, emergesse qualche altro aspetto interessante da sottolineare per la Puglia.

Aumenta il divario Nord-Sud Intanto, mi preme sottolineare che la vera notizia choc riguarda il divario tra Sud e Centro Nord, che non dà segnali di inversione di tendenza.

L’analisi dei dati della nuova serie storica dell’ISTAT evidenzia chiaramente che il trend negativo del Mezzogiorno, rispetto al Centro Nord, tende ad aumentare, sia in termini di PIL che di PIL procapite, valutati in termini reali, quindi al netto dell’inflazione.

Infatti, il PIL del Mezzogiorno rispetto a quello del Centro Nord, pari al 32,6% nel 1995, è sceso al 28,2% nel 2021; in termini di PIL procapite il valore del Mezzogiorno rispetto al Centro Nord nello stesso periodo è passato dal 57% al 55,3%.

È il caso di sottolineare, riprendendo i risultati dello studio di giugno 2022 della Banca d’Italia, intitolato «Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico», che il divario fra Mezzogiorno e Centro Nord, analizzato sia in termini di PIL che di PIL procapite, dopo un lieve recupero registratosi tra il 1961 e il 1975, ha poi ripreso a crescere nell’ultimo quarantennio.

La Puglia nel divario Nord-Sud Questo appena delineato è, dunque, il contesto in cui trova a muoversi anche la Puglia, un contesto che, in attesa di una vera strategia di sviluppo a lungo termine finalizzata a superare il divario Nord-Sud, che dovrebbe coinvolgere sia l’Unione europea che lo Stato italiano, lascia pochi margini di manovra alla buona volontà delle singole regioni.

E qui veniamo a quanto la Puglia è riuscita a realizzare in termini di crescita economica negli ultimi decenni. È vero che allo stato attuale la Puglia si collochi al terzultimo posto nella graduatoria delle regioni italiane per PIL procapite, come è vero pure che il PIL procapite della Puglia sia sotto la media del Mezzogiorno. Tuttavia, è indubbio, come è possibile dimostrare, attraverso una più attenta e approfondita analisi dei dati, che la Puglia è in una fase, iniziata nel 2011, in cui tale valore sta crescendo più della media del Mezzogiorno. Potremmo magari scoprire, quando saranno disponibili i dati, che fra il 2022 e 2023 tale valore sia stato raggiunto e forse anche superato.

Nel 2010 il PIL procapite della Puglia era pari al 94% della media del Mezzogiorno, un valore cresciuto nel 2021 al 98,6%. In altri termini, possiamo vedere che il PIL procapite della Puglia tra il 2010 e il 2021 è aumentato del +2,5%, contro il +1,1% del Centro Nord e il -1,1% del Mezzogiorno.

Ora, a me pare che la vera notizia choc sia proprio questa, che la Puglia stia marciando con difficoltà, ma che nonostante tutto stia andando più veloce di quanto faccia il Mezzogiorno nel suo insieme.

Non è impensabile che, al ritmo attuale, la Puglia possa a breve raggiungere e superare il livello medio del PIL procapite del Mezzogiorno.

Per altro, occorre dire che è dal 2014 che la Puglia è al terzultimo posto nella graduatoria in oggetto, ma dal 2001 al 2013 è stata al penultimo posto.

Come superare il divario Nord-Sud? A questo punto la domanda è: cosa fare per superare il divario Nord-Sud? Scontato dire che se fosse stato semplice il divario dopo tanto tempo sarebbe stato superato. Evidentemente non è poi così semplice, anche se nel caso della Germania, altro Paese europeo con un forte divario nel livello di crescita economica tra Ovest ed Est, nel trentennio successivo alla riunificazione, pur non essendo stato annullato, si è registrato una riduzione significativa di tale divario. Il PIL procapite dell’Ovest era nel 1991 tre volte quello dell’Est, ora si è ridotto a 1,4.

Non è qui il caso di entrare nei particolari delle politiche adottate in Germania e di quelle adottate in Italia, ma è evidente che in Germania vi è stata una volontà politica e una capacità strategica, che hanno portato a una consistente riduzione del divario, volontà e capacità ben superiori a quelle italiane, che invece continuano a registrare una crescita del divario Nord-Sud.

La Banca d’Italia nel suo studio prima citato, nella presentazione testualmente scrive: «….il Mezzogiorno, che già dagli anni ottanta del Novecento aveva mostrato difficoltà nel mantenere il passo con il resto del Paese, ha visto progressivamente diminuire il suo peso economico, evidenziando una crescente difficoltà nell’impiegare la forza lavoro disponibile, una riduzione dell’accumulazione di capitale, in precedenza fortemente sostenuta dall’intervento pubblico, e una minore crescita della popolazione rispetto alle aree più avanzate del Paese dove si sono concentrati i flussi migratori».

Basta questo semplice passaggio dello studio della Banca d’Italia per dire quello che avrebbe potuto essere fatto e non è stato fatto.

Qui, per chiudere, dico solo che se non si crea occupazione, o non si creano le condizioni per far crescere l’occupazione, il divario Nord-Sud non sarà mai superato, né mai ridotto. Senza occupazione non si crea ricchezza. Nel Nord il tasso di occupazione, tra il 2004 e il 2022 è passato dal 65% al 68,1%, nel Mezzogiorno dal 46% al 46,7%. In termini assoluti, il numero di occupati è aumentato al Nord del +3,1%, nel Mezzogiorno del -5,9%. Questi sono i dati choc su cui riflettere e avviare un vero, grande dibattito in Italia.

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