Turismo e futuro, la Puglia non sia l’«Ibiza dei poveri»

«L’estate sta finendo …» (Righeira, 1985). Bilanci turistici più o meno lusinghieri e la sensazione diffusa che si sia raschiato il fondo del barile a

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«L’estate sta finendo …» (Righeira, 1985). Bilanci turistici più o meno lusinghieri e la sensazione diffusa che si sia raschiato il fondo del barile anzitempo. Grandi polemiche sui prezzi ma quasi sempre senza chiedersi come si forma un prezzo, quali componenti materiali e immateriali lo determinano.

Poniamo ad un estremo Villa Cimbrone, a Ravello. Che si tratti dell’hotel o del ristorante è ovvio che formano il prezzo non solo l’eleganza degli ambienti, la qualità degli arredi, dei cibi, delle bevande, dei servizi, etc. ma anche lo scenario, lo skyline, il paesaggio curato del verde e del mare.

Se all’estremo opposto poniamo un qualche ristorante, per esempio, di Porto Cesareo e ponendo per fantasiosissima ipotesi che cibi, bevande e servizio siano allo stesso livello di Villa Cimbrone, di quanto dovrebbe scalare il conto perché al solo volgere dello sguardo il cliente (mare a parte) incontra uno dei più colossali sfracelli edilizi costieri?

È difficile prendere atto che se si è deciso di murare il mare da Barletta a Monopoli, da Castro all’Acquaviva, da Sant’Isidoro a Taranto, il prezzo lo paga l’impresa turistica? Quanto deve incidere sul prezzo la possibilità di cenare parlando a voce normale, in uno scenario non stuprato da decenni di incuria, di abusivismo pietosamente condonato, di notevoli disastri estetici?
Ma mettiamo in conto pure che la domanda sia di musiche a tutto volume, gente che parla a voce altissima, vista su lamiere di auto, motorini sgassanti e seconde case «vista mare anni ‘50-‘60».

Di che target si tratta? Quanto gli si fa pagare la pizza?

Il turismo è un’attività commerciale come tante altre. Si può vendere il Rolex vero e il Rolex patacca ma non si possono vendere allo stesso prezzo.

«Lu sule, lu mare, lu ientu» sono elementi naturali e metereologici. Non per caso il fortunato slogan non cita la terra sulla quale, in alcune località pugliesi il vandalismo umano si è esercitato con una ferocia degna di miglior causa.
Naturalmente, a consolazione generale ci sono i Vip. Ma i Vip, è bene saperlo, godono di uno status particolare per censo e non solo. E il resto? È sul resto che si deve scegliere e la scelta genera il prezzo. Se tra il target scelto e i prezzi c’è disallineamento s’incorre nella truffa, quindi nella perdita di reputazione, quindi nel fallimento. Il Rolex fasullo è un po’ come la «frisa gourmet».

Anche la «non scelta», costituisce un’offerta: tutto e il contrario di tutto come se si potessero intercettare tutti i target, l’«alto» e il «basso», la qualità e la robaccia.

Un vecchio slogan del Maggio parigino diceva «La cultura e come la marmellata. Meno ce n’è e più la si spalma». La non poca qualità «alta» è fortemente danneggiata dalla cospicua qualità «bassa» che dilaga. Xylella a parte, molti, troppi danni paesaggistici sono stati inflitti all’ambiente costiero e non solo.

Se ne desume che i «prezzi» fuori target faranno pagare al turismo un «prezzo» alla lunga insostenibile.
A meno di non voler fare sul serio. In altre parole, salvare il salvabile, che non è poco e scegliere finalmente cosa si vuole essere. Quello che escluderei per la Puglia è un futuro da «Ibiza dei poveri»: troppo cara per i poveri e inguardabile per i più agiati.

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