Fuga di cervelli dal Sud: in Puglia persi 140mila giovani in 10 anni

L’inverno demografico spaventa tutta Italia ma gela soprattutto il Mezzogiorno dove, mentre la popolazione continua a invecchiare, di figli se ne fann

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L’inverno demografico spaventa tutta Italia ma gela soprattutto il Mezzogiorno dove, mentre la popolazione continua a invecchiare, di figli se ne fanno sempre meno. È a tinte fosche il quadro che emerge dall’ultimo studio della Cgia di Mestre, che lancia l’allarme: le imprese faticheranno sempre di più a trovare giovani lavoratori.

Basti pensare che negli ultimi dieci anni è sceso di quasi un milione il numero dei giovani tra i 15 e i 34 anni, la fascia di età più produttiva della vita lavorativa. E se la media italiana è crollata (-7,4% di giovani perduti dal 2013 al 2023), quella del Sud è sprofondata, con 762.025 giovani in meno (-15,1%).

E se a livello regionale le maglie nere sul podio delle flessioni più accentuate sono la Sardegna (-19,9%), la Calabria (-19%) e il Molise (-17,5%), un gradino più in basso ecco che troviamo la Basilicata (-16,8% per 22.831 giovani andati persi), seguita dalla Sicilia (-15,3%). Ma anche la Puglia vede il baratro: in dieci anni la popolazione degli under 34 ha perduto 139.832 unità, il 14,3%.

A livello provinciale, le realtà che hanno registrato le diminuzioni più importanti sono la Sud Sardegna (-26,9%), Oristano (-24%), Isernia (-22,2) e Cosenza (-19,5).

Nelle province pugliesi il calo più sensibile negli ultimi dieci anni lo ha subito Brindisi (-16.854 unità pari a -17,6%), seguita da Taranto (-22.419, -16,2%), Lecce (-29.504, -15,8%), Foggia (-20.834, -13,3%), Bari (-38.490, -12,8%) e infine la Bat (-11.731, -11,9%).

In Basilicata, la provincia di Potenza è undicesima in Italia per il calo registrato: -16.117 pari al -18,4%, mentre Matera ha perso 6.714 giovani, il 14%.

Rispetto al calo generalizzato, in controtendenza in Italia ci sono solo una dozzina di province. Le più «virtuose» sono Trieste con il +7,9%, Bologna con il +7,5% e Milano con il +7,3%.

La Cgia di Mestre calcola che tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione per raggiunto limite di età. Chi li rimpiazzerà con questo trend? Oltre ad avere pochi giovani – sottolinea ancora la Cgia – il tasso di disoccupazione e l’abbandono scolastico sono elevati, ancora una volta soprattutto nel Mezzogiorno: «I giovani italiani sono in calo, con un livello di povertà educativa allarmante e lontani dal mondo del lavoro».

le soluzioni Secondo la Cgia, alla luce di questi dati che renderanno pressoché impossibile per le imprese reperire nuovi lavoratori, «appare evidente che per almeno i prossimi 15-20 anni si dovrà ricorrere stabilmente anche all’impiego degli extracomunitari». Suggerendo che per legge si dovrebbe stabilire «che il permesso di soggiorno, a eccezione di chi ha i requisiti per ottenere la protezione internazionale e di chi entra con già in mano un contratto di lavoro, andrebbe accordato a chi si rende disponibile a sottoscrivere un patto sociale con il nostro Paese. Se un cittadino straniero si impegna a frequentare uno o più corsi ed entro un paio di anni impara la nostra lingua e un mestiere, lo Stato italiano lo regolarizza e gli “trova” un’occupazione». Si tratta, ammette la Cgia, di «un’operazione complessa e non facile da gestire, anche perché il tema dell’immigrazione e del suo rapporto con il mondo del lavoro è molto articolato». Non solo: «Tutto ciò richiede una Pubblica amministrazione in grado di funzionare bene. Il buon esito di un’iniziativa di questo tipo, ad esempio, non può prescindere dall’efficienza dei Centri per l’impiego. Grazie al coinvolgimento anche delle Camere di commercio, si dovrebbe accelerare il processo di avvicinamento tra la scuola e il mondo del lavoro, senza dimenticare che non potremo rinunciare a un forte incremento degli investimenti sugli ITS e sulla formazione professionale; materia, quest’ultima, di competenza delle amministrazioni regionali». 

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