Rossi: «La criminalità foggiana? La più feroce. Preoccupano le nuove leve»

I baresi hanno reagito alla mafia e, a differenza del resto del distretto, la situazione del capoluogo sotto il profilo della lotta alla criminalità o

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I baresi hanno reagito alla mafia e, a differenza del resto del distretto, la situazione del capoluogo sotto il profilo della lotta alla criminalità organizzata – anche grazie alla carcerazione di tutti i capi clan – ha dato risultati incoraggianti. Questo non vuol dire abbassare la guardia, soprattutto con riferimento a certi fenomeni: la criminalità giovanile, la capacità della mafia di reinvestire i proventi delle attività illecite come il traffico di droga, il ritorno dell’eroina e i rapporti di affari sempre più stretti con la mafia foggiana e con quella salentina per l’importazione dello stupefacente dall’estero, in particolare dall’Albania.

Sono solo alcuni dei temi trattati dal procuratore di Bari Roberto Rossi durante la lunga audizione di ieri in commissione antimafia alla Camera. Il procuratore ha prima fatto fornito un quadro della situazione della criminalità nel territorio barese, avanzando anche proposte, e poi ha risposto alle numerose domande dei parlamentari, compresi i pugliesi Filippo Melchiorre (Fratelli d’Italia) e Mauro D’Attis (Forza Italia). Rossi ha spiegato che «grazie a un lavoro risalente nel tempo tutti i capi clan sono in carcere, salvo i Capriati che sono stati i primi e dopo vent’anni sono ritornati in campo, ma sono sotto osservazione» ha assicurato il procuratore, evidenziando che nel capoluogo «abbiamo una risposta compatta della società civile sulle estorsioni e quindi, salvo in un quartiere, sono scomparse». A tal proposito ha ricordato le operazioni degli anni scorsi che in alcune zone della città, come il rione Carrassi, hanno smantellato il racket delle estorsioni convincendo i commercianti a denunciare e ribellarsi.

Rossi ha però evidenziato due problemi: il passaggio del potere dai capi clan che sono in carcere alle nuove leve «più feroci», che ha portato anche ad una serie di omicidi; e poi il «reinvestimento dei soldi guadagnati con il traffico droga», per esempio nel gioco legale, online, «con componenti baresi che addirittura facevano da leader per il know how alle altre mafie, per poi riciclare i proventi con la tecnica del “ticket in e ticket out”».

Perché la criminalità, si sa, segue il denaro. Così gli inquirenti sono arrivati anche a scoprire nel barese le truffe sul bonus facciate: «centinaia di migliaia di euro intascati da truffatori in qualche modo legati alla criminalità». E poi l’allarme sui recenti rapporti dei clan baresi – a cui il procuratore ha fatto solo cenno perché ci sono indagini in corso – con i gruppi criminali di Brindisi e Lecce che «derivano dall’acquisizione di stupefacenti. Poiché gli albanesi – ha spiegato Rossi – stanno invadendo tutta Europa e i baresi hanno rapporti diretti con loro, si stanno creando alleanze con i clan salentini per l’importazione della droga».

Il procuratore, sollecitato dalle domande dei parlamentari, ha parlato anche del recente episodio dell’«inchino» di un corteo funebre davanti al carcere di Bari, contromano e scortato da un centinaio di moto, «un episodio molto grave ma che non è segno di strutturalità», assicurando che «la repressione ci sarà». Poi un accenno alla «preoccupante capacità dei social di intervenire nel mondo giovanile come un modello, perché l’identificazione del clan come modello sociale è molto forte e gira sui social, dove c’è tutta la criminalità organizzata. E poi – ha aggiunto – la domanda di stupefacenti che è in pauroso aumento. Ci preoccupa il ritorno dell’eroina». Non ultimo, il tema delle infiltrazioni criminali nelle competizioni elettorali. «A Bari – ha ricordato il procuratore – abbiamo avuto due o tre indagini». Ultima in ordine di tempo è quella che vede attualmente alla sbarra l’ex consigliera comunale Francesca Ferri. «È un problema serio e diffuso – ha detto Rossi – molto più sottile degli impresentabili. Nonostante alcune modifiche normative è difficile la contestazione del voto mafioso. Le mafie non hanno ideologia ma si infiltrano dove c’è l’esercizio del potere e cambiano a seconda di dove va il vento. Su questo occorre una forte attenzione».

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