Anticipazioni Rapporto Svimez: pil +0,9% al Sud nel 2023, con il Pnrr +1,4%. Cgil Puglia: «Nel Mezzogiorno concentrazione lavoro povero e precario»

La Svimez stima una crescita del Pil italiano del +1,1% nel 2023, con una crescita nel Mezzogiorno (+0,9%) di soli tre decimi di punto percentuale in

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La Svimez stima una crescita del Pil italiano del +1,1% nel 2023, con una crescita nel Mezzogiorno (+0,9%) di soli tre decimi di punto percentuale in meno rispetto al Centro-Nord (+1,2%), nelle anticipazioni del rapporto 2023. Queste previsioni si basano sull’ipotesi di un utilizzo parziale delle risorse del Pnrr. Con la piena efficienza del piano, il Pil del Sud potrebbe far segnare già nel 2023 una crescita superiore di circa 5 decimi (fino all’1,4%) e di circa 4 decimi nel Centro-Nord. In seguito, il contributo aggiuntivo del Pnrr tenderebbe ad aumentare più al Sud, fino a chiudere il divario di crescita con il Nord nel 2025.

Complessivamente, fino al 2027, l’impatto cumulato del Pnrr sul Pil italiano potrebbe raggiungere un valore pari a 5,1 punti percentuali: 8,5 al Sud e 4,1 nel Centro-Nord.
Anche le previsioni Svimez nell’ipotesi prudenziale di un utilizzo parziale delle risorse del Pnrr indicano che dovrebbe “confermarsi la capacità dell’economia meridionale di tenere il passo con il resto del Paese anche nell’anno in corso, in un contesto di ‘normalizzazione0 della crescita nazionale dopo la ripartenza sostenuta del biennio scorso». Questa capacità potrebbe essere rafforzata, nel secondo semestre dell’anno,» da un’efficace conclusione degli interventi relativi al periodo di programmazione 2014-2020 dei fondi europei della coesione».
I dati con le anticipazioni del Rapporto Svimez 2023 sull’economia e la società del Mezzogiorno, sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa.

«Nel 2024 e nel 2025 – sostiene la Svimez – la crescita italiana dovrebbe attestarsi su valori rispettivamente del +1,4 e del +1,2%, con uno scarto di crescita sfavorevole al Mezzogiorno, ma dell’ordine di pochi decimi di punto. Un divario territoriale ben più contenuto di quello osservato nelle passate fasi di ripresa ciclica.
In corrispondenza del picco registrato nel 2022, la dinamica crescente dei prezzi al consumo si è mostrata più sostenuta nel Mezzogiorno (+8,7% rispetto al +7,9% del Centro-Nord). Per il prossimo triennio la SVIMEZ prevede un sentiero di rientro verso valori prossimi al 2% nel 2025, ma ancora segnato da rincari relativamente maggiori al Sud.
Secondo le stime della Svimez, nel 2023 i consumi delle famiglie dovrebbero crescere più lentamente nel Mezzogiorno (+1,1% contro +1,7% del Centro-Nord) – mantenendosi su tassi di crescita tra i cinque e i sette decimi di punto percentuale inferiori al Centro-Nord anche nel biennio successivo – a causa della più sostenuta dinamica dei prezzi.
Complessivamente, nel triennio di previsione, gli investimenti dovrebbero crescere in maniera più pronunciata nel Mezzogiorno, grazie ai ritmi di crescita del 2024-2025 stimati al di sopra della media delle regioni centro-settentrionali. L’associazione segnala inoltre che un’ulteriore stretta monetaria della Bce «avrebbe effetti recessivi più intensi al Sud».

CGIL PUGLIA: CONCENTRAZIONE AL SUD DI LAVORO POVERO E PRECARIO

L’Italia cresce in modo «diseguale» e al Sud «c’è una maggiore concentrazione di lavoro povero e precario che frena i consumi e che, a fronte dell’inflazione che ha eroso redditi da lavoro e pensioni, spinge sempre più persone nella fascia di povertà relativa». Lo afferma in una nota la segretaria generale di Cgil Puglia, Gigia Bucci, commentando le anticipazioni del Rapporto Svimez 2023. Secondo Bucci il documento evidenzia «la mancanza di politiche industriali che favoriscano nel Mezzogiorno investimenti nelle filiere produttive strategiche e a elevato contenuto di innovazione, in grado di contrastare anche la fuga di competenze e la desertificazione demografica». Bucci evidenzia che «i dati dell’Agenzia nazionale per il lavoro ci dicono che a fronte di un milione 128mila attivazioni di rapporti di lavoro in Puglia registrati lo scorso anno, solo 79mila erano a tempo indeterminato, 920mila a tempo determinato, il resto in forme atipiche».

Quanto all’intermittenza occupazionale, sostiene, «le cessazioni di rapporti di lavoro sempre nel 2022 sono state un milione 100mila. E se si guarda nel dettaglio, 386mila rapporti di lavoro hanno avuto durata inferiore ai 30 giorni, 275mila tra 31 e 90 giorni, 191mila tra 91 e 180 giorni». Bucci spiega inoltre che «al Sud crescono soprattutto turismo e costruzioni, mentre industria, ricerca e sviluppo sono indietro». Il settore con maggior numero di rapporti è l’agricoltura, «con oltre 400mila attivazioni lo scorso anno», aggiunge. Cgil Puglia chiede quindi «un chiaro disegno di politiche industriali che guardi soprattutto al Sud». «Serve investire bene e velocemente le risorse del Pnrr – conclude Bucci – e dei fondi comunitari, indirizzando scelte strategiche che dovrebbero competere alla politica, alle istituzioni, e non lasciando mano libera ai privati, ai grandi gruppi, anche a quelli a partecipazione statale».

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