In Puglia cala la produzione di grano, “raccolti giù del 20%”. Coldiretti: “Costi aumentati ma compensi ridotti, servono accordi di filiera”

Calano i raccolti, mentre aumentano i costi di produzione a fronte di un "taglio dei compensi" riconosciuti agli agricoltori. A tracciare il quadro re

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Calano i raccolti, mentre aumentano i costi di produzione a fronte di un “taglio dei compensi” riconosciuti agli agricoltori. A tracciare il quadro relativo alla produzione di grano in Puglia è la Coldiretti, che, in occasione della mietitura, stima, a livello regionale, un calo “di almeno il 20%” nei raccolti, con “punte massime del 60% nel Barese”, in particolare “nell’agro di Altamura”.
 
“Il risultato è che il raccolto di grano duro pugliese per la pasta non sta producendo secondo le aspettative e quest’anno – continua Coldiretti Puglia – con il rischio concreto che possa scivolare anche sotto i 7milioni di quintali. Di fatto l’andamento climatico dell’ultimo periodo ha divorato parte del lavoro di un anno degli agricoltori che quest’anno ha speso per produrre grano fino a 300 euro ad ettaro in più, rispetto ai periodi pre-conflitto in Ucraina”.

Il calo dei raccolti è stato accompagnato – denuncia Coldiretti Puglia – “dal taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori che sono scesi del 40 % rispetto allo scorso anno. Non è accettabile – afferma Coldiretti – che di fronte all’aumento del prezzo della pasta al consumo rilevato dall’Istat a giugno pari al 12%, il grano duro nazionale necessario per produrla venga invece sottopagato appena 33 centesimi al chilo agli agricoltori che per potersi permettere anche solo un caffè devono vendono ben 4 chili di frumento”. I ricavi, evidenzia ancora l’associazione, “non coprono infatti i costi sostenuti dalle imprese agricole e mettono a rischio le semine ma anche la sovranità alimentare del Paese con il rischio di abbandono di buona parte del territorio”.

Ma sotto accusa, da parte dell’associazione, sono anche “le manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada, balzate del +1018%, passando da 38,3 milioni di chili dei primi tre mesi dello scorso anno ai 428,1 milioni dello stesso periodo del 2023”, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. “La domanda di grano 100% Made in Italy – afferma ancora Coldiretti – si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Italia. E’ necessario adeguare subito – sottolinea la Coldiretti – le quotazioni del grano duro per sostenere la produzione in un momento difficile per l’economia e l’occupazione”.

Oltre ad invocare garanzie sulle importazioni dei prodotti, affinché rispettino standard e norme italiani ed europei, la Coldiretti sottolinea che “occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali, intensificando i controlli lungo la filiera, con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali”, “ma è necessario investire – insiste inoltre l’associazione – per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.

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