Sprechi, ritardi e malaburocrazia: maglia nera per la Puglia

Sprechi e malaburocrazia, ritardi e lungaggini, la Puglia è al 190esimo posto, la Basilicata al 196esimo su 208 regioni europee monitorate nel 2021 da

AMENDOLA, DA OGGI FINO AL 14 DICEMBRE SFRECCIANO AEREI DI BELGIO, GERMANIA, ITALIA, OLANDA E USA
Scontro acceso al Comune sulle progressioni di carriera
Coronavirus, 2900 posti letto entro fine mese negli ospedali della Puglia: la lettera alle Asl „

Sprechi e malaburocrazia, ritardi e lungaggini, la Puglia è al 190esimo posto, la Basilicata al 196esimo su 208 regioni europee monitorate nel 2021 dall’Università di Goteborg, per quanto riguarda l’indice europeo sulla qualità istituzionale che tiene conto della percezione, da parte dei cittadini, della qualità, dell’imparzialità e della corruzione della Pubblica amministrazione presente in un determinata area regionale.È quanto emerge da una elaborazione dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre sui dati «The quality of Government Institute» dell’Università svedese.

La più virtuosa (si fa per dire visto che è al 100esimo posto) è la Provincia autonoma di Trento, seguita da Friuli Venezia Giulia (104) e Veneto (109).

Certo è i mancati pagamenti della pubblica amministrazione, la lentezza della giustizia civile, lo spaventoso deficit infrastrutturale, gli sprechi nella sanità e nel trasporto pubblico locale sono solo alcune delle criticità che caratterizzano il cattivo funzionamento della nostra macchina pubblica. Un’autentica spina nel fianco dell’economia dell’Italia. Infatti, nonostante non sia per nulla facile misurare gli effetti economici di queste criticità, l’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha provato comunque a stimarli, arrivando alla conclusione che dovrebbero cubare oltre 11 punti di Pil all’anno, ovvero attorno ai 225 miliardi di euro.

Certo, sebbene sia sempre sbagliato generalizzare, visto che anche la nostra Pubblica amministrazione può contare su punte di eccellenza centrali e locali che ci sono invidiate in molti paesi europei, gli sprechi, gli sperperi e le inefficienze presenti nella nostra burocrazia pubblica sono una amara realtà che, purtroppo, hanno e continuano a ostacolare la modernizzazione del Paese.

L’avvento delle tecnologie informatiche, è pur vero, ha reso meno impervio il rapporto tra i cittadini e gli uffici pubblici, ma le difficoltà, comunque, rimangono e la percezione degli italiani sul livello di qualità reso dalla nostra Pubblica amministrazione resta molto basso. Sebbene abbiamo recuperato qualche posizione rispetto al 2019, nell’ultima indagine campionaria realizzata a inizio di quest’anno, l’Italia si colloca solo al 23 posto a livello europeo per la qualità offerta dai servizi pubblici. Tra i 27 paesi UE messi a confronto, solo Romania, Portogallo, Bulgaria e Grecia presentano un risultato peggiore del nostro.

La burocrazia non muore mai anche ai tempi della «SPID»

Analizzando i dati elaborati dalla Cgia, sconsolante appare soprattutto la situazione che emerge dalla lettura dei dai riferiti alle regioni italiane del Sud. Delle ultime 20 posizioni di questa graduatoria europea, ben 5 sono occupate dalle nostre regioni del Mezzogiorno, Puglia e Basilicata comprese.

Nelle prime cinque posizioni della graduatoria europea, invece, scorgiamo le regioni di land (Finlandia), Midtjylland (Danimarca), Friesland (Paesi Bassi), Nordjylland (Danimarca) e Smaland med oarna (Svezia).

Il malfunzionamento della burocrazia, a livello nazionale come a livello regionale, rischia di farci perdere una serie di finanziamenti che sono in ballo. «Come è emerso in queste ultime settimane, non siamo in ritardo solo nella messa a terra del Pnrr – spiegano alla Cgia di Mestre – ma anche nella spesa dei fondi Ue».

Entro il 31 dicembre 2023, data di scadenza di attuazione del settennato 2014-2020, infatti, dobbiamo spendere i restanti 29,8 miliardi (pari al 46 per cento della quota totale) di soldi che ci sono stati erogati da Bruxelles, di cui 10 sono di cofinanziamento nazionale. «Se non riusciremo a centrare questo obbiettivo, la quota di fondi Ue non utilizzatati andrà persa. Insomma, è a rischio una buona parte dei 19,8 miliardi che l’Europa ci ha messo a disposizione da almeno nove anni. Le ragioni di questa difficoltà nell’utilizzare i soldi europei è nota da tempo. Scontiamo, innanzitutto, una grossa difficoltà di adattamento della nostra Pubblica amministrazione alle procedure imposte dall’Ue».

«Dopodiché, il personale, soprattutto dell’area tecnica, è insufficiente e quello occupato ha retribuzioni basse e, spesso, risulta, anche per questa ragione, poco motivato. Specificità che condizionano la qualità e la produttività del servizio reso da questi dipendenti, in particolar modo delle regioni e degli enti locali più in difficoltà, che, in buona parte, sono concentrati nel Mezzogiorno».

COMMENTI

WORDPRESS: 0