Carceri al collasso, il doppio dei detenuti rispetto alla capienza: in Puglia è emergenza

Altro che «Mare fuori». I problemi del pianeta carcerario sono all’interno degli istituti penali italiani, pugliesi e lucani in particolare. Un «mare»

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Altro che «Mare fuori». I problemi del pianeta carcerario sono all’interno degli istituti penali italiani, pugliesi e lucani in particolare. Un «mare» di problemi atavici che si chiamano sovraffollamento e carenza di personale, da anni denunciati ma, nonostante tutto, tuttora irrisolti.In occasione del 206° anniversario di fondazione del corpo di Polizia penitenziaria, il segretario generale della Fp Cgil Puglia, Domenico Ficco, e quello nazionale Fp, Cgil Penitenziaria, Mirko Manna, sono nuovamente tornati sull’argaomento scrivendo al direttore del Dap, Giovanni Russo e al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando come in Puglia e Basilicata già la cosiddetta legge «Madia» (la n. 95/2017) prevedeva un taglio del 10% degli organici delle forze di Polizia. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha decuratto del 28% gli organici del personale in Puglia, mentre in altri Provveditorati si è proceduto ad una decurtazione inferiore e in altri si sono effettuati forti incrementi.

Carceri al collasso, il doppio dei detenuti rispetto alla capienza: in Puglia è emergenza

«Tale provvedimento ha messo in grave affanno l’intero circuito penitenziario distrettuale, costringendo gli operatori della Polizia penitenziaria a turni massacranti che oramai prevedono stabilmente per la maggioranza di loro 8 ore di turno lavorativo, che si allungano spesso a 12 ed anche 16 ore», spiegano i rappresentanti sindacali della Fp Cgil.

Eppure, così come diversi magistrati e procuratori hanno spesso evidenziato, il quadro criminale pugliese vede ben cinque famiglie mafiose agguerrite, da quella garganica (di cui uno dei maggiori esponenti, Marco Raduano, è da alcuni giorni evaso e sparito nel nulla a Nuoro) a quella foggiana-cerignolana nel nord Foggiano a quella Barese e della Sacra corona unita nel Leccese, senza dimenticare le mafie minori.

Proprio le carenze di personale nel mese di marzo non hanno consentito di fronteggiare le proteste e le rivolte scoppiate negli istituti, tra i quali Trani, Melfi (istituto con solo detenuti «alta sicirezza») e quella di Foggia dove a marzo del 2020 si verificò una evasione di massa senza precedenti.

In realtà, così come si evince dai dati della nostra infografica, i «baschi blu» risultano «sotto organico» in tutti gli istituti penali della regione.

«Nelle nostre carceri – commenta il segretario generale della Fp Cgil Puglia, Domenico Ficco – sembra che, varcati i cancelli, quei principi a cui si ispira la professionalità della Polizia penitenziaria e del personale amministrativo ed educativo tutto, si perdano. La carenza di personale non consente un importante lavoro qualitativo fatto di sicurezza, controllo e risocializzazione. Sovraffollamento dei detenuti e carenze di organico nel mondo carcerario producono un incrocio maledetto di cui non vogliamo essere più spettatori: è arrivata l’ora di restituire dignità a questi lavoratori, anche rifacendo i conti giusti sugli organici. La civiltà di un Paese si misura anche dalle condizioni in cui versano gli istituti penitenziari e le relative professionalità»

Infatti, il quadro si attesta ancora più drammatico se si considera che la Puglia è tra le regioni con l’affollamento maggiore in termini percentuali di detenuti in Italia, così come attestano i dati al 31 gennaio di quest’anno, forniti alla Cgil nazionale dal Dap che riportiamo.

Un contesto esplosivo che vede nei soli istituti pugliesi la presenza di circa 4000 detenuti a fronte di una capienza di 2918, affollamento che si riflette inevitabilmente sui lavoratori della Polizia penitenziaria, del comparto funzioni centrali e della sanità, senza risparmiare nemmeno gli istituti della Basilicata, altra regione sotto la direzione del Provveditorato di Bari, nei fatti inondati da detenuti della criminalità pugliese.

Come se non bastasse, il personale di Polizia penitenziaria in Puglia, a causa del mancato turn-over, conta una età media di oltre 54 anni (su un limite lavorativo di 60), anzianità che necessariamente prevede oltre ad una stanchezza fisica e psicologica anche la maggiore possibilità di ammalarsi.

Condizione che ha come conseguenza che un istituto pugliese con 600 detenuti dispone di un organico di 270 unità di personale, uno della Calabria 450. In sostanza un istituto pugliese denuncia dal 40 al 50% in meno di unità di personale.

«Una situazione su cui – denunciano i rappresentanti sindacali – siamo più volte intervenuti proponendo, non solo un sensibile aumento di organico del Corpo (che vada in direzione delle 50mila unità) ma, anche, soluzioni immediate e a “costo zero”, ovvero una ridistribuzione di organici tra Provveditorati e successivamente tra istituti, oppure un impiego di nuove unità provenienti da un primo e più limitato incremento di organico del Corpo».

«Non parteciperemo per non ascoltare gli ennesimi discorsi, le trite promesse, i soliti proclami», aggiunge Mirko Manna della Fp Cgil nazionale. Siamo di nuovo di fronte ad una emergenza sia nelle carceri che ora sta per contagiare anche l’esecuzione penale esterna. Le cosiddette “riforme” degli ultimi anni, sono solo servite a prendere tempo spostando l’enorme massa di persone condannate, dal carcere all’esecuzione penale esterna senza peraltro riuscire a risolvere i problemi dell’intra moenia».

«Fino ad ora – conclude – non c’è stato nemmeno il più piccolo passo per affrontare seriamente lo scandalo delle aggressioni nei confronti dei Poliziotti. L’attenzione dei vertici amministrativi della Polizia penitenziaria, anche per questa Legislatura, è tutta rivolta a cercare di arginare i casi mediatici colpendo i poliziotti, piuttosto che ad impedire con strumenti legislativi la resa dello Stato nelle carceri. Le nostre proposte di soluzioni le abbiamo offerte e continueremo a metterle sul tavolo del confronto, ma le migliaia di donne e uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, non possono aspettare nemmeno un altro giorno di lavoro in queste condizioni».

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