Rumore di ristoranti e locali, così lo stop e il risarcimento danni da movida

I dehors di bar, street food, locali e ristoranti in genere hanno invaso piazze e strade ormai in modo permanente, spinti anche dalla necessità di s

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Movida a Torino (foto Ansa/Di Marco)

I dehors di bar, street food, locali e ristoranti in genere hanno invaso piazze e strade ormai in modo permanente, spinti anche dalla necessità di stare all’aperto per contrastare la diffusione dei contagi. Ma per chi abita sopra o nelle vicinanze dei pubblici ristori resta da risolvere l’annoso problema del rumore strettamente collegato alla loro frequentazione, spesso sino a tarda ora.

Attenzione, in primo luogo, al regolamento condominiale che, se è di natura contrattuale, può prevedere il divieto di svolgere, nel condominio, attività di ristorazione, rumorose o altrimenti moleste, prevalendo in tal modo sulla disciplina dettata dalla legge. È però necessario che, in concreto, l’attività contestata sia idonea a produrre questi pregiudizi, senza ricorrere a interpretazioni di carattere estensivo delle clausole (Cassazione, 21307 del 20 ottobre 2016).C’è poi quel fenomeno urbano e sociale definito “movida” notturna, caratterizzato da un’alta concentrazione di locali e pubblici esercizi in una stessa strada che diviene luogo di ritrovo di avventori che sostano all’interno e in prossimità dei ritrovi. Sono proprio questi spazi che sono al centro di controversie tra i residenti e i gestori dei locali.

La valutazione

La materia, in generale, è disciplinata dall’articolo 844 del Codice civile, secondo cui il proprietario non può impedire i rumori o le immissioni di fumo e di odori derivanti dal fondo vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo alle condizioni dei luoghi.

Non esiste, però, nella legge un criterio predeterminato per stabilire la tollerabilità del rumore. Il limite deve essere allora prudentemente determinato di volta in volta con riguardo sia alle condizioni dei luoghi, sia al sistema di vita e alle normali abitudini delle persone nell’attuale momento storico. Il concetto di tollerabilità ha trovato una nuova connotazione in considerazione di questo nuovo modo di vivere la città: per valutare se sia superato, vale l’incidenza complessiva e unitaria delle sorgenti sonore che si concentrano in uno stesso luogo.

La vera difficoltà per individuare se il gestore di un locale con tavoli all’aperto sia effettivamente responsabile di immissioni oltre la norma consiste nel distinguere tra il rumore prodotto dai frequentatori del locale oggetto di controversia e quello prodotto dagli avventori degli altri locali limitrofi; non è infatti neppure astrattamente configurabile una responsabilità solidale nell’ipotesi in cui l’intollerabilità del rumore non derivi da una singola sorgente sonora, ma dal complesso di suoni emessi dalle varie attività (Tribunale di Modena, sentenza 143 del 28 gennaio 2019).

Gli interventi

La domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata. Può infatti ordinare di attuare quegli accorgimenti che siano concretamente idonei a eliminare la situazione pregiudizievole, ad esempio imponendo al gestore del locale incriminato l’obbligo di intercludere ogni forma di accesso all’area scoperta agli avventori dopo un determinato orario, per assicurare in tal modo le esigenze di tranquillità di chi vive nelle case vicine (Cassazione, ordinanza 2757 del 6 febbraio 2020).

Anche il Comune non resta esente da responsabilità, almeno secondo il Tribunale di Torino (sentenza 1261 del 13 marzo 2021), che ha accolto la domanda di risarcimento dei danni avanzata nei suoi confronti dai residenti di un quartiere invaso dalla movida per violazione del loro diritto al tranquillo svolgimento delle normali attività e al godimento dell’habitat domestico.

Quando c’è reato

Sul piano penalistico, la fattispecie incriminatrice che viene in rilievo è quella dell’articolo 659 del Codice penale, per cui risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, poiché al gestore è imposto l’obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica (Cassazione, 28570 del 2 luglio 2019). Non rileva, per escludere la responsabilità, il sostenere che la zona sia di per sé votata alla movida (Tar Piemonte, 1191/2015). Il reato ricorre se c’è la prova dell’attitudine degli schiamazzi a recare disturbo a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche raccolte in un ambito ristretto, come in un condominio (Cassazione, sentenza 3952 del 4 febbraio 2022)

Le indicazioni della giurisprudenza

1) Se i locali sono più di uno
No alla responsabilità solidale se l’intollerabilità del rumore non derivi da una singola sorgente sonora ma dai suoni emessi dalle varie attività. Infatti, se soggetti diversi immettono suoni che, presi singolarmente, non superano la tollerabilità, non si può imputare a uno di loro il fatto che, nel complesso, il rumore sia intollerabile.
(Tribunale di Modena, sentenza 143 del 28 gennaio 2019)

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