Franco Mancini, il portiere del Foggia di Zeman

L'Higuita italiano” è l’appellativo che ricorda a tutti noi il compianto Franco Mancini, il portiere più all’avanguardia della generazione “anni ‘

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L’Higuita italiano” è l’appellativo che ricorda a tutti noi il compianto Franco Mancini, il portiere più all’avanguardia della generazione “anni ‘90”. La carriera di Franco partì dal campo in terra battuta del rione “Bottiglione” a Matera. Franco amava giocare in attacco, ma suo fratello Vito intravidele qualità di portiere e quindi, a malincuore, infilò i guantoni. Quando arrivò nella società professionistica del Matera, alcuni avvertirono il preparatore dei portieri Vincenzo Antezza (ex portiere) che Franco era una testa calda, ma invece si dimostrò l’esatto opposto; proprio Vincenzo dichiarerà in seguito di non aver mai dovuto riprendere Mancini se non quando, unica volta, si accese una sigaretta sul pulmino al ritorno da una trasferta.

Gli inizi a Matera e l’arrivo a Foggia

Dopo la trafila nelle giovanili, nella stagione 1985-86, il Matera lo inserì nella rosa della prima squadra, che si apprestava a disputare il campionato di Serie C2. Iniziò come dodicesimo, alle spalle di Luigino Mattarollo. Ben presto, però, il tecnico Elvio Salvori, lo promosse titolare e lui lo ripagò con 23 presenze e soltanto 17 reti subite. Dopo un altro anno nella squadra della sua città, si trasferì a Foggia e, da lì, avrà inizio la sua scalata. I primi due anni lo videro riserva di Stefano Ciucci e poi di Luigi Genovese; il biennio si concluse con la promozione dalla C1 alla B. Il presidente dei Satanelli Pasquale Casillo, decise quindi di affidare la panchina a un tecnico boemo, Zdenek Zeman.

Franco Mancini, un “libero con i guanti” per Zeman

Il mister era un fautore del gioco a zona e l’avere in porta un numero 1 con l’abilità nel gioco di piedi fu funzionale al suo sistema: non a caso Franco verrà soprannominato “Il libero con i guanti”. La prima stagione vide la squadra concludere il campionato all’ottavo posto, anche perché i metodi di lavoro e l’assetto tattico di Zeman non furono così facilmente assimilabili. La stagione 1990-91 è invece favolosa: il Foggia dominò il campionato mostrando un calcio spettacolare. L’attacco fu il migliore del torneo con un tridente leggendario: Roberto Rambaudi-Ciccio Baiano-Beppe Signori. Il merito era anche di Franco, abilissimo nel rilanciare il gioco con precisi lanci lunghi. Non a caso l’arbitro Pierluigi Collina (tornerà in questa storia) ebbe a dichiarare: “Arbitrare il Foggia di Zeman era difficile, con il portiere Mancini che calciava lungo per Signori, Rambaudi e Baiano: i tre partivano come missili e seguire lo sviluppo dell’azione era complicato”. La favola del Foggia continuò in Serie A: dopo alcuni mesi la squadra Dauna si trovò addirittura al terzo posto in classifica, chiudendo poi l’annata con un egregio 9° posto. Nell’ultima giornata di campionato il Foggia era di scena allo Zaccheria, contro i freschi campioni d’Italia del Milan; la partita finì in goleada per i rossoneri (8 a 2). Questa, però, sarà ricordata come la gara in cui verrà coniato il soprannome, Higuita italiano; Franco infatti a un certo punto, uscì dall’area per intercettare un pallone e provò invano a scartare Van Basten provocando il goal dei rossoneri. Questi erano rischi che l’interpretazione del ruolo di Mancini comportava. La stagione seguente 1992-93, vide cambiare le regole del calcio, proprio per quanto concerne il portiere. Il Nostro, grazie a Zeman e alle sue abilità, fu molto avvantaggiato rispetto ai colleghi, diventando un modello della nuova interpretazione del ruolo. In quella stagione ricordiamo la partita del 16 maggio, quando i Satanelli ospitarono la Sampdoria di Sven-Göran Eriksson. I rossoneri, andarono in vantaggio grazie ad una topica colossale di Giulio Nuciari, sostituto in quella partita di Pagliuca; i blucerchiati provarono in tutti i modi a rimontare e, a un certo punto del secondo tempo, il telecronista Beppe Capano disse: “Siccome un Mancini ce l’ha anche il Foggia il pareggio non arriva!”, proprio per sottolineare la splendida partita del portiere rossonero.

Dal Foggia al Bari

Il DS Beppe Pavone disse che Franco era chiamato Orso dallo spogliatoio, poiché era di pochissime parole, ma rispettatissimo per il suo modo di fare, pacato e generoso verso tutti. Nella stagione 1994-95 sulla panchina dei pugliesi arrivò un nuovo tecnico: Enrico Catuzzi. Grazie ad un atteggiamento tattico più accorto, Franco riuscì a ottenere la sua imbattibilità personale nella massima serie, tra la quinta (Cremonese-Foggia rete di Alessio Pirri al 47°) e la decima giornata (Parma-Foggia, gol di Dino Baggio all’89° minuto) fermandosi alla ragguardevole striscia di 492 minuti. Nel novembre del 1995, la Lazio di Zeman aveva bisogno di un portiere per sostituire Luca Marchegiani infortunatosi; il tecnico boemo optò per Mancini, visto il modo di interpretare il ruolo consono al suo credo. Dopo la parentesi laziale, durata una stagione, ritornò con i Satanelli, in Serie B, dove disputò uno dei suoi campionati migliori nonostante l’11° posto finale. Quell’anno ci fu un episodio unico, con protagonista l’arbitro Collina (ecco che ritorna). Domenica 8 giugno, allo Zaccheria andò in scena l’infuocato derby pugliese con il Bari, valido per la 37ª giornata. Ad inizio ripresa, un fitto lancio di oggetti, verso il portiere dei Galletti, costrinse Collina a invertire il campo, per poter proseguire l’incontro; questo particolare episodio accomuna Franco Mancini e Alberto Fontana come gli unici portieri della storia ad aver giocato due tempi nella stessa porta. La gara, per la cronaca, terminò sul risultato di 1-1. L’anno seguente Franco passò proprio al Bari in Serie A. Nonostante la storica rivalità fra le due squadre, riuscirà ad essere uno dei pochi calciatori amati da entrambe le tifoserie.

Bari, Napoli e gli ultimi anni

La stagione 1997-98 venne ricordata per una sontuosa prestazione che andò in scena a San Siro il 18 gennaio 1998. L’Inter di Ronaldo e Pagliuca venne fermata dai biancorossi, che vinsero 1 a 0 grazie al gol di Phil Masinga. Franco si oppose a tutti, da Zanetti a Simeone, fino al “Fenomeno” con interventi di una bravura assoluta. Le prime dieci giornate della stagione successiva misero di fronte il Bari alle corazzate del campionato: Lazio, Inter, Milan e Roma. Franco divenne l’eroe dei Galletti; il suo inizio di stagione fu probabilmente il migliore della carriera, le grandi verranno tutte fermate dai suoi interventi e, a fine girone d’andata, il Bari veleggia addirittura in zona Uefa per poi chiudere il torneo con un ottimo 10° posto. A ottobre 2000, passò al Napoli, dove visse anni difficili e di ricostruzione per la squadra partenopea. L’allenatore degli azzurri era Zeman, il portiere Ferdinando Coppola. Dopo alcune indecisioni del titolare, il mister diede mandato alla società di intervenire sul mercato, chiedendo espressamente il “suo” Franco Mancini. Mancini giocò tutte le trentotto partite della stagione 2001-02 e solo alla fine dell’ultima annata con i partenopei si alternò con Emanuele Manitta e Marco Storari. Chiuse la sua carriera fra Pisa, Sambenedettese, Teramo, Salernitana, Martina e Fortis Trani.

 

 

 

GUERRIN SPORTIVO

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