Droga al sapor di mafia, trovata piantagione da 7 milioni di euro sul Gargano.

I finanzieri del Comando Provinciale Foggia hanno tratto in arresto, in flagranza di reato, Franco Giovanditto classe 1968, pluripregiudicato di Manfr

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I finanzieri del Comando Provinciale Foggia hanno tratto in arresto, in flagranza di reato, Franco Giovanditto classe 1968, pluripregiudicato di Manfredonia, originario di San Nicandro Garganico e ritenuto vicino al Clan dei Montanari oltre che gravato da precedenti per associazione di stampo mafioso. Giovanditto, fratello dell’ergastolano Gennaro “U’ scalfone”, storico killer dei “Li Bergolis-Miucci-Lombardone”, era intento alla coltivazione di circa 1200 piante di marijuana in avanzato stato di maturazione. I militari della Tenenza di San Nicandro Garganico, nello svolgimento della quotidiana attività di controllo economico del territorio, sono stati attratti da un forte odore di marijuana nell’aria che sembrava promanare da alcune aree incolte in località Schiapparo – agro del Comune di Lesina. Dopo diverse ore di ricerche svolte fino al calar del sole, i finanzieri sono riusciti ad individuare un campo incolto, caratterizzato dalla fitta e diffusa presenza di canneti, tanto da renderli difficilmente calpestabili e penetrabili, oltre che da numerosi canali d’acqua. Gli ostacoli naturali non hanno tuttavia impedito ai militari di raggiungere l’area di terreno su cui erano state piantate circa 1200 piante di cannabis indica, in avanzato stato di fioritura. All’interno dell’appezzamento di terra sono stati scorti in lontananza, intenti a curare le piante di marijuana, due soggetti che alla vista dei finanzieri si sono dati alla fuga fra i canneti e la fitta vegetazione.

Dopo una manciata di minuti di inseguimento a piedi, uno di questi, è stato bloccato ed arrestato dai militari; sul secondo uomo, che è riuscito a dileguarsi tra la fitta vegetazione, approfittando anche delle prime ore di buio, sono in corso indagini. La piantagione, occultata e protetta su tutti i lati da fitti ed alti canneti e da profondi ed ampi canali irrigui, perfettamente irrigata da un sofisticato impianto a goccia ed organizzata in modo da massimizzare lo sfruttamento del terreno coltivato, è stata sottoposta a sequestro. Le 1.200 piante di stupefacente, con un peso di circa 1.750 chili, tutte in fase di fioritura e pronte per essere sottoposte ad essiccazione, sono state estirpate per la loro successiva distruzione. Su disposizione della Procura della Repubblica di Foggia che coordina le indagini, l’arrestato è stato dapprima tradotto presso la casa circondariale di Lucera e successivamente posto ai domiciliari presso la propria residenza di Manfredonia. Dallo stupefacente sequestrato sarebbe stato possibile ricavare ben 1,35 milioni di dosi da spacciare nelle piazze del Gargano, con un potenziale ritorno economico per il gruppo criminale stimato in circa 6,8 milioni di euro.

L’attività di servizio riportata testimonia lo sforzo operativo della Guardia di Finanza nel quotidiano controllo del territorio e nella lotta ad ogni forma di guadagno illecito, tra cui la produzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti che negli ultimi anni ha visto, nell’ampio territorio della Provincia di Foggia, un consolidamento della strategia della criminalità locale nel coltivare sul proprio territorio le piante di cannabis, potendo contare su un terreno vastissimo coltivabile, vario nella morfologia e nella vegetazione che certamente ne favorisce l’occultamento. L’arresto e per la violazione in flagranza dell’art. 73 DPR 309/90.

Dall’interdittiva all’arresto nel 2004

Nel 2019 Franco Giovanditto fu raggiunto da un’interdittiva antimafia, spiccata dall’allora prefetto di Foggia Raffaele Grassi ai danni della sua azienda agricolo-casearia di Manfredonia. L’uomo era anche tra i gestori della masseria Orti Frenti di San Giovanni Rotondo, un luogo simbolo della mafia garganica, scenario di un summit di mafia risalente al 2 dicembre 2003 e che diede il via alla grande operazione “Iscaro-Saburo” contro i clan del promontorio.

Giovanditto fu arrestato nel 2004 insieme ai fratelli Franco e Mario Luciano Romito e a Pasquale Ricucci detto “Fic secc”, tutti e tre morti ammazzati in guerre di mafia. I quattro furono pizzicati nell’ambito di un blitz contro la mafia del promontorio. Si nascondevano in alcuni casolari nelle campagne di San Marco in Lamis e, anche se armati, furono bloccati dalla repentina operazione messa a segno dai militari dell’Arma. I carabinieri sequestrarono diverse armi, tra cui una pistola calibro 38, nascosta nella giacca di uno dei quattro e una calibro 9, occultata sotto il materasso.

Il calibro criminale del fratello Gennaro

Francesco Giovanditto è fratello dell’allevatore 45enne Gennaro Giovanditto, “il killer della mafia garganica”, detto “Jennaro scalfone”. La vita criminale di quest’ultimo basta a raccontare la lunga scia di sangue che per anni ha interessato il territorio garganico. Qualche anno fa, il tribunale di Foggia lo condannò (insieme a Michele Scanzano) a 8 anni e 6 mesi per la tentata estorsione (operazione Remake 2, ndr), aggravata da metodo mafioso, nei confronti di una ditta di rifiuti solidi urbani che gestiva il servizio per conto del Comune di San Nicandro Garganico, paese natale del boss. Fu la prima volta che il tribunale dauno riconobbe la mafia nelle estorsioni per l’area del Gargano Nord. Quasi in contemporanea con la decisione della Corte d’Appello di Bari che riconobbe l’aggravante mafiosa negli episodi di racket messi in atto dal clan Notarangelo a Vieste. Sentenze per certi versi storiche dopo quella “Iscaro-Saburo” del 2009, maxi inchiesta riguardante le organizzazioni criminali di Monte Sant’Angelo.

Gennaro Giovanditto è uomo di spicco della mala del promontorio, anello di congiunzione tra il clan sannicandrese dei Ciavarrella e il gruppo dei “Montanari”. In “Iscaro-Saburo” fu ritenuto “killer di mafia” per conto dei Li Bergolis e condannato all’ergastolo per tre omicidi. Nelle carte di quell’inchiesta (sentenza della Corte di Assise di Foggia), Giovanditto venne descritto come “diretto collaboratore dei capi (Armando Li Bergolis e Franco Romito) con funzioni organizzative e logistiche (trasmissione degli ordini dal vertice alla base degli affiliati), decisionali (partecipazione, insieme ai capi, alle decisioni quotidiane della vita associativa) e direttamente operative, anche con autonomia”. L’uomo era ritenuto cooperante con il sodalizio.

Giovanditto, insieme ad altri pezzi da novanta della mala garganica, nei capi d’imputazione fu incasellato all’interno di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga (eroina, cocaina e hashish). Era definito “un sottocapo, con rapporti di diretta dipendenza con Armando Li Bergolis (al 41bis) e Franco Romito (ucciso nel 2009) e con relativa autonomia decisionale”.

Oltre alla detenzione e allo spaccio di droga e al possesso di armi, Giovanditto fu accusato e infine condannato all’ergastolo (decisive le dichiarazioni di una pentita) “per aver, in concorso con altre persone rimaste sconosciute, con metodo mafioso consistito nelle particolari e brutali modalità con cui avvenne il duplice omicidio, anche al fine di agevolare l’attività del sodalizio, ammazzato con premeditazione Angelo Fania e Vincenzo Fania, attinti con colpi d’arma da fuoco all’interno di una masseria in località Monte d’Elio (San Nicandro Garganico) e nel terreno limitrofo, e di aver agito con crudeltà colpendo le vittime alla testa con arma micidiale che provocò la fuoriuscita di materia cerebrale”. Era l’ottobre del 1999.

Sempre Giovanditto, in concorso con altre persone, assassinò successivamente, con metodo mafioso consistito nelle particolari e brutali modalità con cui avvenne l’omicidio, cagionato con premeditazione, Michele Tarantino. La vittima fu attinta fuori da una sala giochi a San Nicandro con colpi d’arma da fuoco diretti alla tempia causandogli lo sfacelo del cranio. Marzo 2001.

Fu invece assolto dall’accusa di aver partecipato al triplice omicidio di Giuseppe Quitadamo, Daniele De Nittis e Francesco Prencipe. Un efferato fatto di sangue sulla strada s.v. del Gargano a San Nicandro Garganico. Le vittime furono inseguite per oltre 2 chilometri ed eliminate con numerosi colpi d’arma da fuoco al corpo e alla tempia con sfacelo del cranio. Aprile 2001.

Giovanditto fu assolto anche da altre accuse di omicidio. Come per la morte di Giovanni Tarantino, atteso all’ingresso della sua masseria e ucciso con colpi alla nuca che gli sfigurarono il viso. Località Camarda, San Nicandro Garganico. Marzo 2002. Altra vittima, Antonio Siciliano, ucciso con la solita tecnica in località Bosco Rosso a San Marco in Lamis. Aprile 2002. E poi ancora, la morte diCarmine Tarantino in risposta alla morte del padre di Matteo Ciavarrella. Località Fiorella, San Nicandro Garganico. Dicembre 2002.

Inoltre Giovanditto fu assolto dall’accusa di aver istigato e deliberato gli omicidi di Daniele Scanzano, inseguito per un centinaio di metri e sparato al corpo e alla tempia a San Nicandro Garganico, marzo 2003, Antonio Daniele Graziano,eliminato a Cagnano Varano nel maggio 2003 e Antonio Vocino, ucciso in un locale a San Nicandro Garganico. Settembre 2003.

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