Detenuti brutalizzati nel carcere di Santa Maria, legami con la maxi evasione di Foggia.

Stanno facendo il giro del paese le immagini dei pestaggi nel carcere “Uccella” di Santa Maria Caputa Vetere. Poliziotti penitenziari prendono a schia

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Stanno facendo il giro del paese le immagini dei pestaggi nel carcere “Uccella” di Santa Maria Caputa Vetere. Poliziotti penitenziari prendono a schiaffi, calci, pugni e manganellate numerosi detenuti della struttura. Un video choc, pubblicato in esclusiva dal quotidiano Domani. I detenuti costretti a stare in ginocchio, con le mani dietro la testa e faccia al muro. Uno di loro picchiato nonostante si trovi su una sedia a rotelle: “Ero nella mia cella, stanza 13. Mi hanno fatto un buco nel petto col manganello. Sono peggio dei demoni”, ha raccontato ieri, tornato libero, ai microfoni di Sky Tg24.

Una cinquantina di agenti sono ora indagati dalla procura, per le percosse sui detenuti, e – annuncia il ministero della Giustizia – sono stati sospesi. Altrettanti e più – come riporta la Gazzetta del Mezzogiorno – appartengono ad altri istituti, sarebbero giunti a supporto di quella che ufficialmente era una “perquisizione straordinaria” ma che, stando al gip, si è configurata come “un’orribile mattanza”. Fra gli indagati è finito anche il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone. Tarantino, 56 anni, negli anni scorsi è stato vicedirettore della casa circondariale di Taranto. A Fullone è stata notificata una misura di interdizione dalla funzione, è accusato di falso e depistaggio.

Nell’ordinanza si legge che l’azione degli agenti era “finalizzata a recuperare il controllo del carcere (‘Era il minimo segnale per riprendersi l’istituto‘) e appagare presunte aspettative del personale di Polizia Penitenziaria (‘Il personale aveva bisogno di un segnale forte e ho proceduto così‘) – motivo illegale, mascherato da un improprio e pretestuoso scopo di perquisizione -, di fatto eseguito senza alcuna intenzione di ricercare strumenti atti all’offesa ovvero altri oggetti non detenibili, ma, per la quasi totalità dei casi, mera copertura fittizia per la consumazione di condotte violente, contrarie alla dignità ed al pudore delle persone recluse, fatti in relazione ai quali si procede altresì nei riguardi dei concorrenti, identificati e non, nell’ambito del presente procedimento”.

Inoltre, in tutta questa vicenda, ci sarebbe un legame Foggia-Santa Maria Capua Vetere. Non risultano agenti della provincia di Foggia tra le persone coinvolte ma ieri, un poliziotto penitenziario ha spiegato all’agenzia Ansa: “Durante la perquisizione del 6 aprile 2020 ci sono state sicuramente delle esagerazioni, ma il tutto va letto nel contesto di un periodo in cui c’erano rivolte in tutte le carceri italiane, penso a Foggia; e proprio a Santa Maria Capua Vetere furono trasferiti i detenuti protagonisti di quelle rivolte. Così ci siamo trovati a fronteggiare una situazione esplosiva, con dei detenuti molto aggressivi che volevano prendere il sopravvento. Ricordo che noi, rispetto ai detenuti, siamo in minoranza”. Il riferimento è alla maxi rivolta, seguita dall’evasione di 72 detenuti, del 9 marzo precedente nel carcere di Foggia. In quei giorni esplose una tensione incredibile nei penitenziari di tutta Italia a causa dell’emergenza Covid.

“Eravamo in guerra – dice Federico Pilagatti (sindacato Sappe Puglia) – la gente se non lo capisce, se non capisce il contesto, non può capire niente. Era la guerra. Ci sono stati 20 istituti coinvolti, 15 morti, più di 40 milioni di danni, 73 evasi da Foggia. Come lo riportavamo l’ordine? Ci presentavamo con un fiore?”. Per il sindacalista è possibile che i detenuti foggiani abbiano fatto la differenza nel carcere casertano. “È plausibile che abbiano contribuito a creare un clima più opprimente, sicuramente. A Foggia – dice – in quel periodo c’erano detenuti della mafia foggiana, garganica e di Cerignola. Anche calibri da 90 (ma nelle carte dell’inchiesta non emergono nomi altisonanti tra i detenuti brutalizzati, ndr). E, andando a mettersi in un contesto già di delinquenza e in una situazione esplosiva, è come se tu comprimi e comprimi e basta che togli il tappo e viene tutto fuori”. Per Pilagatti l’attacco sarebbe effettivamente avvenuto “nel padiglione dove c’erano i detenuti più pericolosi, inclusi quelli provenienti dal carcere foggiano. C’è stata un’altra rivolta”. Ma il sindacalista ammette anche che “chi ha sbagliato, chi ha esagerato, deve pagare”. Poi chiude: “Qui al Sud gli agenti hanno 50 anni, prendono 1.600 euro al mese e hanno famiglia. Non sono extraterrestri. Non sono dei picchiatori. Ma viviamo in condizioni al limite. Alcune sere a Bari per 450 detenuti ci sono 7 persone. A Taranto alcune sere, con 670 detenuti anche ‘alta sicurezza’, 9 persone. Bisogna capire il contesto. E quella era un guerra. Ci dicano dopo quanti sputi, dopo quante aggressioni, dopo quanti giorni di ospedale, possiamo reagire?”.

Detenuti picchiati nel carcere di S. M. Capua Vetere, i video delle  violenze pubblicati dal 'Domani'

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