Regione Puglia, il Consiglio in mano al Tar

Potrebbe cambiare tutto, facendo perdere due seggi alla maggioranza. O gli equilibri potrebbero rimanere gli stessi, ma con una redistribuzione all’in

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Potrebbe cambiare tutto, facendo perdere due seggi alla maggioranza. O gli equilibri potrebbero rimanere gli stessi, ma con una redistribuzione all’interno del centrosinistra. Oppure nulla. Ma in ogni caso la controversia si sposterebbe al Consiglio di Stato. Di certo c’è che domani il Tar di Bari dovrà decidere i tre ricorsi elettorali che, in maniera più o meno diretta, attaccano l’attribuzione del premio di maggioranza: due arrivano dal centrodestra, con Vito De Palma (Fi) e Antonio Scalera (Puglia Domani), uno dal centrosinistra con Domenico De Santis del Pd, nel frattempo nominato vice-capo di gabinetto di Emiliano.

I ricorsi fotocopia del centrodestra (avvocati Francesco Paolo Sisto e Sabina Di Lecce di studio Fps, Gianluigi Pellegrino e Luciano Ancora) chiedono di ricalcolare la percentuale del 40,69% attribuita a Emiliano, eliminando dal totale i voti delle liste che non hanno superato il 4%: se così fosse (e nel 2015 così è stato), da 29 seggi a 21 (maggioranza-opposizione) si passerebbe a 27-23, entrerebbero De Palma e Scalera e uscirebbero Peppino Longo e Mario Pendinelli (avvocati Marida e Nicola Dentamaro). Una ipotesi cui si oppone la stessa Regione (Rossana Lanza e Anna Bucci), ritenendo che la riduzione del premio di maggioranza metta a rischio la governabilità. Emiliano, invece, non si è costituito.
Più complicata e articolata la posizione di Domenico De Santis (avvocati Pierluigi Balducci, Pietro De Nicolo e Saverio Sticchi Damiani). Anche lui attacca, seppure in via subordinata, il premio di maggioranza. Ma parte da una questione collegata, quella relativa alla cifra elettorale (il numero dei voti) della coalizione: chiede di eliminare le preferenze delle liste che non hanno superato il 4%. Se così fosse (e nel 2015 così è stato), varierebbe la suddivisione dei seggi interna al centrosinistra. Con la maggioranza a 29, il Pd salirebbe a 19 (da 17), ci sarebbe un rimescolamento che farebbe rientrare De Santis, e scenderebbero a cinque a testa (uno in meno) sia «Con» che Popolari. Michele Mazzarano, che rischia di Naturalmente potrebbero essere accolte sia l’una che l’altra questione, e con il centrosinistra a 27 i seggi del Pd scenderebbero a 15. E in ipotesi di accoglimento del ricorso di De Santis sul 4% c’è pure un ricorso incidentale di Michele Mazzarano (Pd): farebbe riguadagnare un seggio al Pd (il suo), ma a spese dei Popolari che infatti sono costituiti (avvocato Michele Dionigi) per chiedere di lasciare tutto così com’è.

Tutti contro tutti, insomma, sapendo che non finirà qui. Perché da quanto verrà deciso domani dipenderanno anche i ricorsi fissati al 5 maggio, con cui Sergio Blasi e Teresa Cicolella fanno emergere un possibile errore compiuto dalla Corte d’appello di Bari nella suddivisione interna dei seggi del Pd (uscirebbero Mazzarano e Ruggero Mennea). La possibile rideterminazione del premio di maggioranza, o quello delle cifre elettorali depurate del 4%, comporta infatti il ricalcolo complessivo e dunque potrebbe portare a risolvere implicitamente anche il problema dell’assegnazione dei seggi al Pd.
In ogni caso appare scontato che si andrà al Consiglio di Stato come ha già fatto Senso Civico per il mancato superamento della soglia di sbarramento del 4%. La questione di incostituzionalità della legge elettorale pugliese è stata ritenuta manifestamente infondata dal Tar di Bari. L’appello non è ancora stato fissato.

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