Porto Industriale il rilancio della Seasif

DA ZAVORRA che ostacolava le attività portuali, a valore aggiunto del porto alti fondali. È la radicale evoluzione nella considerazione dei nastri t

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DA ZAVORRA che ostacolava le attività portuali, a valore aggiunto del porto alti fondali. È la radicale evoluzione nella considerazione dei nastri trasportatori a corredo del porto-isola su palafitte realizzato negli anni Settanta da Anic-Enichem con una ingegneria avveniristica considerata tale ancora oggi. Un braccio di circa tre chilometri che dalla costa si raccorda con il porto isola. Conclusa l’esperienza Enichem quando quel porto ha trafficato anche oltre i due milioni di tonnellate di prodotti secchi e liquidi, la struttura è caduta colpevolmente in letargo. Per oltre un quarto di secolo ha rappresentato il fallimento di una classe politica e imprenditoriale che non ha saputo utilizzare quella importante infrastruttura motore dell’economia lasciata in balia di sé stessa.
ORA PARE che la storia si inverta. Lo scalo marittimo sipontino si propone come punto focale per una nuova ripartenza dell’economia del territorio e l’input parte dai nastri trasportatori. Ad inaugurare il nuovo corso la Seasif Holding, un gruppo industriale operante a livello internazionale in molteplici ambiti. Ha presentato alle autorità competenti un progetto industriale che coinvolgerà il porto con i nastri trasportatori, le aree Zes. Un primo approccio con le autorità istituzionali regionali e comunali dei territori interessati, l’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, l’Asi, è stato tenuto in videoconferenza dal fondatore e presidente della Seasif Holding, Franco Favilla. Si è trattato di una illustrazione di massima di un piano di interventi che toccano varie attività tutte naturalmente da verificare e rapportare al territorio.
IL CORE BUSINESS del programma è rappresentato dal polo di prelavorazione di bentonite e materiali polimetallici per i quali sarà necessario l’utilizzo dei nastri trasportatori per lo scarico di navi di bentonite semi lavorata e di terre rare in sacchi dalle quali si estraggono materie prime per la produzione della componentistica elettronica utilizzate dalle aziende del settore. Non sono sostanze inquinanti, è stato evidenziato, e non rilasciano acque o altri liquidi di lavorazione da smaltire. Si prevede l’utilizzo di navi della lunghezza di 120/160 metri, portata di 22/30 mila tonnellate e pescaggi fin o a 12 metri.
COMPLESSIVAMENTE sono previste sei aree destinate alla gestione della produzione e della logistica. Fra queste anche una destinata a deposito carburanti e liquidi per la produzione. Circa la metà dei trecento milioni di investimenti (tutti privati) destinati ad un deposito costiero di gas naturale liquefatto, il noto LNG. In buona sostanza un rigassificatore, un impianto che nella storia industriale di Manfredonia ha fatto capolino più volte e sempre respinto. Le reazioni a caldo sono state in tal senso. Tant’è che il presidente Favilla si è detto disponibile a riconsiderare il problema.
CAUTO il “no” del PD di Manfredonia che in un comunicato, dato atto «dell’impegno dell’Autorità di sistema portuale rispetto allo sviluppo del porto di Manfredonia con l’intento di rafforzare l’asset strategico per lo sviluppo della Capitanata», rilancia la funzione portante della Zes e Zfp e ribadisce che «lo sviluppo industriale e il rilancio delle infrastrutture portuali sono priorità nell’agenda politica purché programmate e realizzate avendo presente le peculiarità e le caratteristiche del territorio».
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Michele Apollonio

 

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