Manfredonia, sul museo archeologico l’ombra del Covid: interrotte le visite

IL COVID-19 infetta anche la cultura. La ricomparsa massiccia e minacciosa di quel malefico virus ha costretto le autorità governative all’adozione di

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IL COVID-19 infetta anche la cultura. La ricomparsa massiccia e minacciosa di quel malefico virus ha costretto le autorità governative all’adozione di misure restrittive anti contagio che hanno colpito anche le istituzioni culturali. Fra queste anche il Museo nazionale archeologico di Manfredonia. Una mannaia abbattutasi mentre quel presidio culturale di grande valore e prestigio, stava per riaprendosi ala pubblico. È bastata infatti l’apertura di una sala peraltro in corso di completamento dell’allestimento, per richiamare l’attenzione sul Museo nazionale archeologico di Manfredonia, allocato nel castello svevo-angioino-aragonese che troneggia in riva alla spiaggia Diomede. Le visite programmate, tenendo conto delle limitazioni imposte dai vari protocolli emanati, hanno avuto un gran successo.

ENTRARE in qual maniero dalla secolare intensa storia che riporta ai giorni della nascita della città, suscita invariabilmente emozione. Le duplici alte e possenti mura, fanno da benvenuto al breve percorso che conduce all’ampia sala espositiva che si affaccia sulla maestosa piazza d’armi. E’ qui, in questo salone ingentilito da una serie di arcate gotiche e rifinito da un elegante parquet, che sono sistemate le teche di cristallo opportunamente illuminate in modo da evidenziare ed esaltare i preziosi reperti esposti, recuperati dai luoghi della Daunia che ospitarono popoli diversi in epoche diverse che hanno lasciato significative tracce delle rispettive civiltà.

 

E’ LA SALA dedicata alla civiltà dei Dauni, alla “Terra del Re straniero” che raccoglie le testimonianze provenienti dai contesti funerari dei principali centri della Puglia settentrionale abitati in età preromana dai Dauni. Il colpo d’occhio è coinvolgente, lo sguardo si immerge avido in quei resti pazientemente e delicatamente riscattati da secoli di oscuro oblio. Sono ordinati secondo i luoghi di provenienza: Mattinata Monte Saraceno, Cerignola Salapia, Orsara di Puglia contrada San Paolo, Ordona via dei Mille Giardinetto, Manfredonia Cupola Beccarini, Canosa di Puglia Toppicelli, Biccari Piazza San Michele, Troia Monte Calvello, Pietramontecorvino Chiancone. In allestimento il percorso la Via delle navi. Il campionario è vastissimo e variegato: monili anche in oro, oggettistica, vasi di ogni foggia.


MOLTI di quei pezzi sono arrivati intatti, altri sono stati ricostruiti così come erano in origine. Scorrendo dinanzi a quelle vetrine è come rivedere quei mondi dal vivo, come se per una arcana magia riprendessero respiro e vita. E’ il fascino seducente del museo, la bellezza del tempo ritrovato, la forza della memoria. E il museo archeologico della fortezza manfredina ha in serbo ancora tanto.

A COMINCIARE dalle famose stele daunie, lastre di calcare istoriate, scoperte negli anni Sessanta dall’archeologo Silvio Ferri che le ha catalogate come cippi funerari, ma sono state avanzate altre interpretazioni. In ogni caso sono opere d’arte ed espressione straordinaria della cultura daunia. Saranno ordinate nella Torre della polveriera al piano superiore del castello dove sono in allestimento altre due sale dedicate al Neolitico e all’Eneolitico (Venti del Neolitico, Uomini del rame), e all’Età del Bronzo (Metropoli dell’età del bronzo).

MA IL FANTASTICO racconto del passato daunio presenta ancora tante altre sorprese ed emozioni. I lavori per predisporre le modalità più razionali ed efficaci per evidenziare il formidabile patrimonio culturale affidato alla custodia del museo, sono ormai agli sgoccioli. Covid permettendo, la previsione è che entro l’anno il museo nazionale archeologico di Manfredonia possa tornare alla sua funzione di strepitoso presidio culturale appare realistico.

Michele Apollonio

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