Manfredonia: i dati che tutti devono conoscere

La grande crisi finanziaria del 2008 durata per oltre dieci anni ha drammaticamente aumentato le disuguaglianze di reddito, di ricchezza posseduta e d

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La grande crisi finanziaria del 2008 durata per oltre dieci anni ha drammaticamente aumentato le disuguaglianze di reddito, di ricchezza posseduta e di opportunità arrestando la mobilità sociale. L’Italia è al terzo posto nella classifica dei paesi con maggiori disuguaglianze al mondo dopo Stati Uniti e Gran Bretagna.

La pandemia da Covid 19 e, gli effetti che ha avuto sulla situazione economica e sociale, accentuerà ancor di più le disuguaglianze. L’indice Gini è lo strumento che tutto il mondo utilizza per misurare il livello di diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza e, applicato alla città di Manfredonia ci indica che nell’anno 2018 era pari a 0,331, dato più alto degli ultimi venti anni. La traduzione in numeri e di condizione delle persone è la seguente:

  • Il 5% delle famiglie della città, pari a 1.008 detiene il 70% della ricchezza totale;
  • Il 62% delle famiglie della città, pari a 13.306, detiene il 29% della ricchezza totale;
  • Il 33% delle famiglie della città, pari a 6.713, detiene meno dell’1% della ricchezza totale (famiglie e persone che vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta)

 

Fonti ISTAT e Banca d’Italia

Questi dati evidenziano la scomparsa della classe media, che negli anni pre-crisi 2008 deteneva gran parte della ricchezza prodotta. Il reddito e la ricchezza erano più equamente distribuiti su un numero di famiglie molto più ampio.

La pandemia da Covid 19 aggraverà ulteriormente le disuguaglianze dovute alla crisi economica e sociale, impoverendo ancor di più quel 95% delle famiglie della città che oggi detengono il 30% della ricchezza. Gli effetti devastanti e di lungo periodo saranno più disuguaglianze, soprattutto di opportunità per i giovani appartenenti al 95% delle famiglie della città che non avranno grandi possibilità di studiare e formarsi al meglio, migliorando la posizione dei loro genitori. In altri termini solo i figli delle famiglie più ricche appartenenti al 5% che detiene il 70% della ricchezza potrà permettersi di studiare e formarsi nelle migliori scuole e università.

Chi sono le famiglie ricche pari al 5% del totale che detengono il 70% della ricchezza complessiva?

Una parte importante della ricchezza, costituita da proprietà immobiliari, terreni e liquidità, è posseduta da famiglie che l’hanno acquisita per eredità. Questa è ricchezza e reddito proveniente da trasmissione dinastica finita nelle mani di discendenti che non hanno prodotto alcun altro reddito da lavoro e, quindi occupazione aggiuntiva, ma soltanto rendita improduttiva. In altri termini tale ricchezza non è stata impiegata per investimenti che generano un ritorno anche sociale.

La parte residua di ricchezza, anch’essa consistente, è quasi tutta di natura immobiliare, si è accumulata con la realizzazione del Piano Regolatore Generale che ha arricchito proprietari di terreni edificabili, costruttori per lo più improvvisati e professionisti per lo più referenti della politica, imponendo al mercato attraverso veri e propri cartelli prezzi artificiosamente alti. Tutto questo a danno della classe media, provocando di fatto una trasmissione di ricchezza a pochi e spregiudicati costruttori e proprietari di terreni. Abbiamo, in altri termini, tutti assistito ad un passaggio di ricchezza a danno dei molti che hanno acquistato la prima casa e a favore dei pochi costruttori e proprietari terrieri, il tutto con il benestare della classe politica.

Tutto questo, come già scritto in un precedente articolo, ha determinato una situazione sociale ed economica della città caratterizzata per lo più da reddito riveniente dalla rendita improduttiva piuttosto che da quello prodotto dal lavoro. In altre parole, i ricchi della città non sono donne e uomini talentuosi che grazie al loro genio, competenza, passione e determinazione hanno creato imprese innovative, efficienti e competitive e riversato sul territorio gran parte del valore aggiunto creato a favore del lavoro e della comunità. Sono invece persone e famiglie che hanno ereditato e “approfittato”, con la complicità della politica, di situazioni favorevoli che nulla hanno a che vedere con la capacità di intrapresa.

L’effetto prodotto è stato un progressivo declino della città che ha ridotto i consumi e la domanda globale, il tutto a sfavore delle attività commerciali e dei servizi. Il basso livello dei redditi da lavoro e le disuguaglianze di reddito e di ricchezza sono diventati problemi mortali per la città. Più della metà delle famiglie manfredoniane (oltre 11.500 mila) ha una possibilità di spesa limitata determinando una mancanza di crescita economica e sociale strutturale e di lungo periodo.

Da questo impoverimento generalizzato e di stato di crisi si esce solo con la politica che ha una visione del futuro e che sappia ridisegnare la città e la sua organizzazione urbana. Le tante disuguaglianze non sono il risultato del funzionamento del mercato ma dell’assetto politico e istituzionale creato e delle decisioni pubbliche prese.

La drammaticità di questo quadro suggerisce un cambio di scena, indotto dalla discesa in campo di una leadership autorevole in grado di compattare alleanze più ampie attorno ad un Governo della città che comprenda più anime. La politica per troppo tempo è stata soffocata dal protagonismo individuale rendendola “secca” e distante dalla popolazione minando i principi democratici.

Dalle grandi crisi non si esce senza la politica. La politica ha bisogno di idee coltivate con cura e cementate nel corpo della città. E’, ormai dimostrato empiricamente che le tante disuguaglianze si riducono quando vi è coesione sociale, quando si costruisce una Comunità unita e, i mezzi per farlo sono in primis il sistema educativo e quello culturale che vanno sostenuti con forza dalla Governance Pubblica.

Siamo nell’imminenza di una campagna elettorale per le Regionali, mi piacerebbe assistere ad un confronto tra i tanti candidati della nostra città su questi temi che riguardano il nostro presente e futuro e soprattutto quello delle donne e delle nuove generazioni.

L’ISTAT e le maggiori istituzioni di ricerca economica e sociale prevedono che se non ci saranno cambiamenti strutturali della nostra economia un terzo delle attività produttive cesserà di esistere nei prossimi mesi e, cinque giovani su sei rischia di non trovare mai un posto di lavoro.

La politica deve trovare risposte a questi problemi altrimenti sarà travolta da future tensioni sociali.

Nicola di Bari

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