Puglia, più meridionali vanno al Nord che migranti al Sud

La ripresa dei flussi migratori è la «vera emergenza meridionale» perché «sono più i meridionali che vanno al Nord che i cittadini stranieri immigrati

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La ripresa dei flussi migratori è la «vera emergenza meridionale» perché «sono più i meridionali che vanno al Nord che i cittadini stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali«: è quanto emerge dall’analisi che ha fatto la Cgil Puglia sui dati del «Benessere equo e sostenibile» dell’Istat 2019 affidando il focus su lavoro, istruzione e innovazione ai ricercatori Elisa Mariano e a Giuseppe Lollo della Fondazione «Rita Maierotti».

«Nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017 – ha precisato Mariano in un incontro con i giornalisti a Bari – gli emigrati dal Mezzogiorno sono stati oltre 2 milioni, di cui oltre 132mila solo nel 2017, di questi ultimi oltre 66mila sono giovani di cui il 33% laureati (pari ad oltre 21 mila persone)». «Il rischio dello spopolamento delle aree del Mezzogiorno tra 50 anni – ha aggiunto – sarà una certezza: nel 2065 si prevede che al Sud ci saranno 4 milioni di residenti in meno con un terzo di popolazione di oltre 65 anni».

Negli anni di crisi economica – emerge dal rapporto – si è ampliato lo storico divario tra Nord e Sud, non solo in termini di reddito ma anche per molteplici aspetti della vita sociale ed economica. La Puglia, pur vantando indicatori migliori delle altre regioni del Mezzogiorno, ha fatto i conti con un peggioramento della qualità del lavoro e il rischio di un declino demografico legato sia al calo delle nascite, sia ad una emigrazione verso il Settentrione che riguarda soprattutto i giovani più istruiti. Il sistema produttivo è ancora costituito da imprese piccole e piccolissime con scarsa propensione all’innovazione e bassa domanda di lavoro qualificato.

«Continuiamo a registrare dati che non ci lasciano tranquilli – ha detto il segretario generale della CGIL Puglia, Pino Gesmundo – c’è sempre un divario tra Nord e Sud sulla occupazione di giovani lavoratori che hanno titoli di studio superiori al lavoro che svolgono. Bisogna insistere su politiche di sviluppo del governo nazionale per il Mezzogiorno, utilizzare meglio i fondi strutturali che ci consentiranno di superare il divario, se consideriamo che utilizziamo solo il 27% dei Fondi Fesr. Quindi, dialogo e collaborazione sono indispensabili per lo sviluppo». «A fonte di un tasso occupazionale negli ultimi dieci anni in lieve aumento – ha aggiunto Elisa Mariano – il benessere non passa solo attraverso il Pil, ma attraverso indicatori che già dal 2016 le istituzioni italiane hanno preso a riferimento per interventi efficaci. Ma emerge una consistente sacca di lavoro che non riesce a fare il salto di qualità dal punto di vista stabilità, la retribuzione e la sicurezza e la conciliazione tra vita e lavoro. Bisogna continuare ad investire nella formazione ed in ricerca, ma in maniera mirata».

«Le donne al Sud devono essere maggiormente garantite – ha concluso Mariano – sia per la qualità del lavoro sia per i servizi di supporto alla famiglie e sarà necessario urgentemente anche a livello locale intraprendere un percorso di sviluppo duraturo e stabile capace di produrre buona occupazione, stabile e soddisfacente».

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