Vitamina D, boom di fiale che costano il quadruplo: la Puglia spreca 9 milioni

I pugliesi utilizzano il 38% in più della media nazionale di colecalciferolo, farmaco che serve a compensare la carenza di vitamina D, e - soprattutto

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I pugliesi utilizzano il 38% in più della media nazionale di colecalciferolo, farmaco che serve a compensare la carenza di vitamina D, e – soprattutto – sembrano preferire le fiale alle meno costose gocce. Il risultato è che nel 2018 la Regione ha speso 23,6 milioni di euro, che mettono questo ormone al primo posto in graduatoria tra quelli per i quali si spende di più. Eppure, semplicemente utilizzando le gocce si potrebbero risparmiare ben 9 milioni.

Una enorme e vistosa anomalia, scoperta dai tecnici dell’assessorato alla Salute che hanno evidenziato – tra l’altro – una crescita dei consumi definita «esponenziale»: +16% nel 2018 rispetto all’anno prima, e una previsione per l’anno in corso di un ulteriore incremento di oltre 2 milioni (+12%). Ed ecco perché ieri la giunta ha approvato una delibera firmata dal capo dipartimento Vito Montanaro che impone ai direttori generali delle Asl di intervenire: implementando una serie di controlli sull’appropriatezza (ovvero sull’utilizzo in base alle linee guida), e aumentando ogni mese del 30% l’utilizzo dei farmaci a costo più basso.

Non è la prima volta che la Regione interviene sulla spesa farmaceutica per individuare specialità in cui la spesa appare ingiustificata. Negli scorsi mesi, tanto per fare un esempio, gli uffici hanno scoperto le anomalie collegate all’utilizzo delle statine (con il «boom» di quelle di ultima generazione, più costose, anche senza aver prima tentato la terapia con il farmaco tradizionale), o quelle collegate agli antibiotici che in alcuni casi fanno registrare veri e propri abusi. Per non parlare di quanto avviene con le protesi e i dispositivi chirurgici, dove l’utilizzo di vecchi listini fa sì che gli ospedali arrivino a pagare per alcuni particolari dispositivi quattro volte i prezzi medi nazionali.

Per quanto riguarda il colecalciferolo, il problema nasce dal fatto che la confezione di quattro fiale da 25mila unità equivalenti costa circa 16 euro e, dunque, pone al servizio sanitario un costo annuo di circa 84 euro a paziente. Scegliendo lo stesso principio attivo in gocce, per la stessa quantità, esistono formulazioni con le quali si spendono solo 4 euro l’anno. Tuttavia in base ai dati in Puglia la prescrizione più comune riguarda le confezioni da due fiale da 25mila unità internazionali, che costa 7 euro, il cui utilizzo è cresciuto negli anni di circa il 75%, seguita dalla confezione a fiala singola che ne costa circa 5,5 e per la quale si registra un incremento del 68%. Il motivo è semplice, ed è che l’uso delle fiale è più comodo, perché ciascuna rappresenta una dose, mentre le gocce vanno dosate e sono dunque più complicate.

Il risultato, secondo i dati della Regione, è che dei 23,6 milioni di euro spesi lo scorso anno più di 21 derivano dal colecalciferolo in confezionamenti ad alto costo, mentre soltanto poco meno di due milioni sono relativi a confezioni a costo contenuto. E dunque, eliminando il ricorso alle fiale e utilizzando solo gocce la spesa scenderebbe a circa 14,6 milioni, con un risparmio pari a 9 milioni di euro.

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