Agricoltura in Puglia: «Ormai impossibile spendere tutti i fondi Ue»

A fine 2019 la Puglia rischia effettivamente di perdere tra i 45 e i 160 milioni di euro di fondi del Programma di sviluppo rurale. Ma farà ricorso al

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A fine 2019 la Puglia rischia effettivamente di perdere tra i 45 e i 160 milioni di euro di fondi del Programma di sviluppo rurale. Ma farà ricorso alla regola europea che permette il congelamento del disimpegno automatico quando la mancata spesa è conseguenza di un provvedimento giudiziario, come appunto accaduto per i contenziosi sulle tre misure di investimento: la Regione spera insomma di avere più tempo per recuperare.

Ieri l’Autorità di gestione del Psr, Luca Limongelli, ha trasmesso al governatore Michele Emiliano un rapporto redatto sulla base delle polemiche politiche scoppiate negli scorsi giorni dopo la pubblicazione dei dati Agea sulla spesa dei fondi europei. Ne emerge che, a fronte dei 659 milioni di euro programmati per il 2019, al 30 settembre la Puglia ne ha spesi 396, pari a poco più del 60%. Ne consegue la necessità di spendere 260 milioni entro poco più di tre mesi.


La relazione redatta dagli uffici ha confermato che l’obiettivo dei 260 milioni non può essere raggiunto e che, a seconda delle condizioni che si presenteranno in queste settimane, la Regione sarà in grado di spendere una cifra variabile tra i 100 e i 215 milioni. L’ipotesi migliore è che l’assessorato all’Agricoltura riesca ad accelerare sui pagamenti delle cosiddette misure «a superficie», una delle quali (la misura 5.2) riguarda il ripristino delle aree colpite dalla Xylella (la 4.4 è relativa invece ai contributi per biodiversità e rischio idrogeologico), ma possa contemporaneamente cominciare con l’erogazione degli anticipi delle contestate misure di investimento 4.1a e 6.4 e sulle misure «forestali» che sono interessate da una proposta di modifica al Psr non ancora approvata. In questo caso, resterebbero da spendere soltanto 45 milioni di euro che, appunto, potrebbero essere «coperti» dalle norme di salvaguardia previste in caso di ricorsi giudiziari.

Su questo punto la Regione ha attivato l’interlocuzione con Bruxelles e ritiene di poter ottenere una «eccezione» (sottoforma di una temporanea revisione del budget 2019) fino all’importo di 160 milioni di euro, ovvero la somma che resterebbe da spendere nello scenario peggiore. Se, infatti, non fosse possibile erogare gli anticipi delle misure di investimento né di quelle forestali, la capacità di spesa residua dei prossimi tre mesi sarebbe di appena 100 milioni di euro.

Le misure 4.1a e 6.4, va ricordato, sono state oggetto di un lungo contenzioso. I ricorsi giudiziari sono stati formalmente respinti dal Tar di Bari che aveva ordinato alla Regione di rifare l’istruttoria su 652 pratiche (quelle in posizione finanziabile), ma una decina di imprese ha fatto ricorso al Consiglio di Stato ottenendo una sospensiva per le proprie posizioni: il rischio è che adesso i giudici possano ordinare alla Regione di rifare l’intera istruttoria (3.200 pratiche) perdendo mesi. Nel frattempo, come la «Gazzetta» ha raccontato a luglio, la Regione ha modificato retroattivamente le regole per i pagamenti delle due misure, così da poter erogare subito gli anticipi. E sempre per accelerare, ha annullato il nuovo avviso pubblico della 4.1a spostando i circa 35 milioni sulla graduatoria già esistente. Ma la fattibilità di questa strategia è collegata, appunto, con quanto avverrà nelle aule della giustizia amministrativa, ed è per questo che la stessa Autorità di gestione ha formulato i tre diversi scenari. Il Tar di Bari, peraltro, dovrebbe esprimersi a giorni sulla terza delle misure infrastrutturali (6.1, il «pacchetto giovani») che ha problemi simili alle altre due: anche qui le graduatorie sono state resaminate, ma fino alla sentenza di merito la Regione non può pagare.

 

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