Mattinata, Pacificazione: secondo appuntamento con Ludovico Vaccaro „

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n passato ci sentivamo come dei giocatori di calcio che correvano sul terreno di gioco da soli, senza neanche il tifo. Oggi quel tifo sta arrivando. Ora bisogna che tutti, dagli spalti, scendano in campo”. Utilizza la metafora calcistica il Procuratore capo della Repubblica di Foggia, Ludovico Vaccaro, per far comprendere il percorso culturale che la Capitanata deve compiere – e che fortunatamente sta compiendo. Alcuni fermenti ci sono, e sono importanti. A San Marco in Lamis, dopo la strage dei fratelli Luciani, è arrivato il presidio di “Libera contro le mafie”.

La stessa associazione di Don Ciotti si è costituita parte civile per la prima volta in Puglia nel processo iniziato a Giovanni Caterino, ritenuto il basista di quella mattanza. A Mattinata, all’indomani dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, un gruppo di cittadini ha dato vita al movimento “PacificAzione”, un meet up di persone comuni che hanno deciso di aiutarsi e aiutare i propri concittadini a risalire la china, con il contributo del parco Luca Santoro, per ‘pacificare’ appunto, restituendo una prospettiva. Resilienza. E il Gargano sa cosa significa. E’ iniziato così il percorso che dall’anno scorso si snoda in numerosi appuntamenti estivi per parlare di mafia, ma anche di quanto di sano il Gargano ha, di donne e di uomini laboriosi e rispettosi, di economia, di turismo. Quattro momenti nel 2018, otto quest’anno. Un percorso di cultura della legalità condiviso con altri soggetti ed associazioni che vivono quotidianamente il territorio garganico e dell’intera provincia di Foggia: Federazione delle associazioni antiracket e antiusura italiane, Associazione Antiracket di Vieste, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia, Confcommercio Foggia, Parrocchia Santa Maria della Luce, Azione Cattolica Diocesana – Manfredonia-San Giovanni Rotondo-Vieste.

Obiettivo è la costituzione anche a Mattinata del presidio di Libera. Proprio il coordinamento provinciale di Libera sta offrendo un grande supporto tecnico a Michele Bisceglia, Paolo Valente, Marcello Di Bari e Raffaella La Torre, alcuni degli animatori del meet up. “Vi  aspettiamo in campo” esorta Vaccaro. E molti in campo stanno scendendo. Certo, la strada è ancora tutta in salita. Ma per dare merito del grande sforzo  e infondere coraggio il Procuratore si è materializzato ieri di fronte a quella comunità, ha accettato di mettere da parte per un paio d’ore i numerosi impegni che la Procura gli dà. “La IV mafia – Il racconto degli inquirenti” il titolo del secondo appuntamento di PacificAzione. Con Vaccaro anche Daniela Marcone, vicepresidente nazionale di Libera. Che il tifo non l’ha avuto per lunghi anni. “Anzi, eravamo soli – scandisce-, isolati, quasi da evitare”. La battaglia di Daniela Marcone è nota. Così come il suo percorso di vita. Per lei è un gran giorno. Anche questo.

“Sia chiaro – precisa subito il procuratore capo -, nessun territorio è mafioso. Questa non è una comunità mafiosa. Le responsabilità sono dei singoli”. Ed è un messaggio importante per chi ha vissuto e sta vivendo lo stigma dello scioglimento. “Cos’è la mafia: è assoggettamento, il tentativo di sottomettere e soggiogare con l’intimidazione e la forza per ottenere vantaggi personali. Questa è la mafia. Che vi ha impoverito. Che ci ha impoverito. Potremmo essere una grande terra, dalle grandi potenzialità. Siamo la capitale dell’agricoltura, abbiamo eccellenze che potremmo esportare in tutto il mondo”. Il depauperamento. Ecco cosa comporta la mafia. Sociale, morale, economico. E qui entra nel discorso un grande convitato di pietra: la classe economico – imprenditoriale. Che deve essere all’altezza della sfida. Volerla. Sino ad oggi le organizzazioni di categoria hanno timidamente balbettato, quando non latitato. Saranno chiamati anche loro al tavolo di PacificAzione. “Noi possiamo reprimere quanto volete, abbiamo portato a compimento operazioni enormi. Ma da soli non lo cambiamo questo territorio” ripete il procuratore. E non è una frase fatta. Il rischio che a sentirla ripetere lo diventi esiste. Come la legalità. Ma guai a pensarla così. Non se ne uscirebbe. Alle parole devono accompagnarsi i contenuti ora, le azioni. “Perché lo Stato c’è. Noi ci siamo. Io questa sera sono tra voi per dimostrarvi questo”.

“Per chi volesse denunciare, quale consiglio dà?” chiede don Luca, prendendo la parola. “Anzitutto di fidarsi di noi. Di farlo fuori città se proprio non lo si vuole fare a casa propria. Venga in Procura”. Ma bisogna uscire dall’omertà e metterci la faccia, questa è la sfida. Che forze dello Stato e cittadini devono assumere insieme. Perché sarà sempre più semplice girare la testa dall’altra parte e farsi i fatti propri, evitando rogne. La legalità deve dare un quid pluris. La legalità deve convenire. E a guardare lo stato in cui versa la Capitanata, è tempo di rendersi conto che è per davvero così.

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