Acquedotto Pugliese, concessione prorogata fino al 2023

Tra i due litiganti (Lega e Cinque Stelle) il terzo gode. Nel caso specifico, il terzo è Acquedotto Pugliese che ottiene una proroga di altri due anni

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Tra i due litiganti (Lega e Cinque Stelle) il terzo gode. Nel caso specifico, il terzo è Acquedotto Pugliese che ottiene una proroga di altri due anni alla concessione per la gestione del servizio idrico integrato. La novità è contenuta in un emendamento al decreto Crescita approvata ieri in commissione Bilancio della Camera grazie alla mediazione determinante del parlamentare pugliese pd Francesco Boccia.

Il contesto va spiegato. Il ddl per l’acqua pubblica della grillina Federica Daga, un testo avversato dall’intero arco costituzionale, trova nei leghisti i più fieri contestatori. Daga, interessata a tenere il punto sull’acqua pubblica, ha spostato l’obiettivo sull’Ente irrigazione, lo storico carrozzone che gestisce le dighe lucane di cui è prevista la liquidazione fin dai tempi del governo Monti a favore di una nuova società per la gestione della grande adduzione idrica a livello di bacino idrografico meridionale. Ed ecco dunque spuntare un emendamento sull’asse Cinque Stelle-Pd in cui, in cambio del divieto di cessione a privati delle quote della nuova società tra le Regioni del Sud (chiesto dalla Daga), Boccia ha infilato altri due anni di proroga per Acquedotto Pugliese.

La concessione «ope legis» di Aqp scadeva a fine 2018, ed era già stata prorogata (governo Renzi) al 2021 per propiziare un progetto strategico – quello dell’Acquedotto del Mezzogiorno – che è poi rimasto sulla carta, anche per l’opposizione forte della Campania e della Basilicata. Anche quella volta, l’emendamento dell’ex parlamentare Pd Dario Ginefra fu approvato con la regia di Boccia. Ed anche quella volta, il destino di Aqp viaggiava in parallelo con quello dell’Eipli, cui sarebbe subentrata una nuova società cui le Regioni possono «conferire, in tutto o in parte, partecipazioni al capitale di società attive in settori o in servizi idrici correlati». In sostanza, conferendo Aqp nella nuova società tra le Regioni, la Puglia se ne sarebbe accaparrata la maggioranza assoluta.
Con l’emendamento approvato ieri (il decreto Crescita va in Aula domani con la fiducia) il progetto potrebbe riprendere quota. Più o meno Il ritratto preciso di Acquedotto Pugliese, che potrebbe essere fuso nella nuova società, dando vita appunto all’Acquedotto del Mezzogiorno di cui la Puglia avrebbe la maggioranza assoluta. «Sia sull’approvvigionamento che sulla gestione del servizio – è il commento di Boccia – ci può essere un grande accordo pubblico, e il Mezzogiorno può giocarsi la partita. In questo senso la Puglia può interpretare un ruolo guida. E la proroga della concessione ci deve spingere al rilancio dell’Acquedotto del Mezzogiorno, che è nelle corde della Regione».

Il progetto dell’Acquedotto del Mezzogiorno, cui nel 2017 aveva lavorato la Regione con la collaborazione tecnica dell’amministratore delegato di Aqp, Nicola De Sanctis, è dunque il grimaldello per mantenere la gestione pubblica dell’acqua evitando che alla scadenza del 2023 la concessione debba andare in gara. Non sarà facile, ma il nuovo fronte temporale fa sì che ci sia il tempo di superare le elezioni regionali, per poi riprendere il discorso dopo il 2020. La linea di Emiliano, sul punto, è sempre stata chiarissima: Aqp è e resterà una società pubblica. «Con la proroga di altri due anni – riaccende la polemica il parlamentare tarantino Giovanni Vianello (M5S) – sopperire alle negligenze del governatore Emiliano, che ancora non ha chiarito cosa intenda fare per il futuro»

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