Porto Manfredonia: Rotice replica a Gelsomino

Alle preoccupazioni espresse da me e condivise da tutti quelli che hanno realmente a cuore il futuro del nuovo porto turistico di Manfredonia, ci si a

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Alle preoccupazioni espresse da me e condivise da tutti quelli che hanno realmente a cuore il futuro del nuovo porto turistico di Manfredonia, ci si aspettava che Damiano Gelsomino rispondesse con notizie chiare e rassicuranti. In particolare, non volendo né potendo smentire di aver ricevuto la notifica dell’atto di avvio da parte della Regione del procedimento volto alla revoca della concessione demaniale marittima, ci si aspettava che dicesse che tale procedimento sarebbe stato sospeso grazie all’immissione di risorse finanziarie e di garanzie proprie da parte del nuovo socio di maggioranza (Finappula S.r.l.) volte a scongiurare tale evenienza. Così come, a fronte dei legittimi dubbi espressi nei confronti di chi, versando solo 150.000 euro, ha con scaltrezza raggiunto l’obiettivo di impossessarsi della governance di una società proprietaria di un’infrastruttura costata 56 milioni di euro (oltre IVA), ci si aspettava che chiarisse finalmente in che modo, con quale progetto e soprattutto con quali reali risorse finanziarie intendesse salvare la Gespo, come si vanta di voler fare, per ora solo a parole. Ed invece Damiano Gelsomino (Finappula S.r.l.), da consumato illusionista, ha preferito ancora una volta intorbidire l’acqua con una serie di affermazioni intrise di fiele, sciorinando cifre, eventi e situazioni ricostruiti in maniera a dir poco farneticante”. E’ quanto ha dichiarato Gianni Rotice, rimandando al mittente le “accuse deliranti e offensive” espresse da Damiano Gelsomino nei confronti di “chi, oltre al merito di aver contribuito a realizzare il nuovo porto turistico, ha, insieme a pochissimi altri, quello di averlo gestito nonostante il venir meno dei due soci di maggioranza, Mucafer e Moteroc (che insieme raggiungevano quasi il 70% delle quote).

“Le affermazioni sull’entità e sulle responsabilità dei debiti della Gespo – continua Rotice- cercano di fare leva sulla mancanza di conoscenza nell’opinione pubblica delle ragioni e della composizione dei debiti di questa società, che però Gelsomino (Finappula S.r.l.) conosce bene, perché ne è socio sin dall’inizio, sebbene solo con una somma pari allo 0,18% del capitale sociale (rispetto ai tanti altri soci iniziali, tutti imprenditori, e non solo di Manfredonia, che in misura maggiore hanno creduto e contribuito alla realizzazione dell’opera, rischiando ben altre somme)”. “Come vengono chiamati nel gergo comune quelli che anziché all’inizio, quando occorre rischiare e garantire anche con il proprio patrimonio personale il successo di un’iniziativa imprenditoriale, preferiscono intervenire nella fase di crisi, comprando le quote dal fallimento del socio di maggioranza, senza rischiare pressoché nulla, ed anzi continuando a far leva sulle garanzie fideiussorie date da altri? Di sicuro non vengono chiamati salvatori della Patria e nemmeno benefattori”sferza Rotice. “Eppure Gelsomino, senza aver fino ad oggi versato soldi veri né prestato garanzie in favore di Gespo, si sente un benefattore, ed anzi, è così convinto di essere l’unico in grado di salvare le sorti del nuovo porto turistico, da voler far fuori tutti gli altri soci, nei confronti dei quali (come nei confronti dei precedenti amministratori e sindaci della società), ha già preannunciato azioni legali, allo scopo di fare cassa e annullare i loro crediti verso la società”.

“Fatto è – affonda- che gli unici soldi che per ora sta utilizzando sono i 700.000 euro lasciati in cassa dal precedente CdA (Presidente Gianni Sventurato), da lui tanto vituperato, dai quali sta attingendo anche per l’emolumento che si è assegnato come consigliere di amministrazione, che prenderà insieme agli altri due consiglieri (per complessivi 25.000,00 euro all’anno), vera novità della nuova gestione, prima svolta gratuitamente dai precedenti amministratori. Per il resto, Finappula S.r.l. si sta avvalendo anche delle positive azioni già intraprese dal precedente CdA, che, oltre a garantire la continuità aziendale di Gespo (con il fattivo contributo di Gianni Rotice), aveva già raggiunto accordi transattivi con i vari creditori, funzionali ad un concordato o ad un accordo di ristrutturazione del debito, è definito intese con la Regione per la riduzione e la dilazione del canone demaniale (le cui scadenze vanno comunque rispettate)”.

“In ordine ai debiti della Gespo – spiega ancora il presidente di Confindustria Foggia-, Gelsomino sa, ma finge di aver perso la memoria, che il nuovo porto turistico è costato 56 milioni (oltre IVA ) di euro ed è stato realizzato grazie ad un contributo pubblico di 19,5 milioni di euro e ad un finanziamento privato di 36,5 milioni di euro, tra mutui bancari, garantiti solo da alcuni soci, ed il resto da risorse degli stessi soci (non certo da Finappula S.r.l.). All’indomani dell’ultimazione dei lavori, avvenuta nel 2014, la società (con la presidenza dell’ing. Botticelli, espresso dalla maggioranza Mucafer-Moteroc) ha iniziato la sua attività di gestione del nuovo porto turistico con un debito di 30 milioni di euro. Le ragioni e la composizione di tale situazione debitoria, prevista nel piano finanziario iniziale, trova evidentemente un riflesso nei bilanci, aggravati annualmente dal peso degli ammortamenti, pari a 2 milioni di euro all’anno, e da un canone concessorio di 510 mila euro annuo (triplicato dal Governo con la costruzione in corso), oltre che dalla difficoltà di raggiungere le percentuali di utilizzo programmate dei posti barca in un periodo di generale crisi economica. Per non dire dei debiti della MUCAFER di cui Gespo si è dovuta far carico.

Trasformare questi dati di bilancio in pietre da scagliare nei confronti degli ex amministratori e degli altri soci, come Gelsomino ha fatto sin dall’inizio per giustificare e legittimare agli occhi dell’opinione pubblica il proprio ruolo di “benefattore” e di “salvatore della patria”, significa mistificare la realtà e approfittare in maniera ingiusta e con metodi poco corretti della situazione di vantaggio nella quale è convinto di trovarsi”.

Da una parte ci sono quindi i fatti, le cifre realmente investite e le garanzie realmente date da alcuni soci, dall’altra solo parole, come quelle relative all’aumento del capitale sociale, per ora solo ipotizzato – va avanti Rotice-, annunciato in 8,5 milioni di euro per pagare tutti i debiti, senza però specificare che avverrebbe in parte non con nuova finanza ma con l’utilizzo del finanziamento infruttifero dell’ex socio  Mucafer, pari a circa 2,7 milioni di euro, acquistato all’asta da Finappula con soli 10.000 euro. Altro grande affarone !!”.

“Sia chiaro, – conclude Rotice – da parte mia, continuo a fare il tifo per il nuovo porto turistico ed a sperare che le preoccupazioni da me espresse (e condivise da tanti altri) siano infondate e che i Gelsomino non si rivelino, loro sì, dei dilettanti allo sbaraglio, con la sola differenza che, mentre gli altri soci ci hanno rimesso o ancora rischiano di rimetterci l’osso del collo, loro continuano a rischiare sulla pelle altrui. E’ questa la differenza che passa tra rischio imprenditoriale e speculazione.  Una verità che si può camuffare ma che nessuna magia può cancellare” conclude.

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