Mazzata al clan Li Bergolis-Miucci, 8 arresti. C’è anche il figlio di Peppe u’ Montanar

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Stangata al gruppo di spacciatori del clan Li Bergolis-Miucci, meglio conosciuto come clan dei Montanari, retto dal giovane Enzo Miucci alla luce della lunga detenzione dei fratelli Li Bergolis. Tutti dentro i maggiori responsabili del traffico di droga sul Gargano e in particolare a Manfredonia. Lo stupefacente, giunto dall’Albania, veniva recuperato dagli arrestati direttamente dagli uomini del clan e venduto nel centro sipontino. Senza scrupoli i criminali, colpevoli di aver anche bruciato l’autovettura di un carabiniere ritenuto scomodo.

I FATTI

All’alba di oggi, agenti della Polizia di Stato del Servizio Centrale Operativo, delle Squadre Mobili di Foggia, Bari e del Commissariato di Polizia di Manfredonia, hanno eseguito – proprio nel centro sipontino – un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, nei confronti di: Francesco Pio Pacilli, classe ’96; Libero Caputo, classe ’77, Matteo Caputo, classe ’98; Salvatore Pacillo, classe ’63, Ciro Pacillo, classe ’97; Valentino Conoscitore, classe ’72. Alcuni sono contigui alla criminalità organizzata garganica del gruppo mafioso dei “Montanari”, ritenuti a vario titoli partecipi dell’organizzazione criminale operante a Manfredonia e capeggiata da Francesco Pio Pacilli, figlio del noto Giuseppe Pacilli, detto “Peppe “U muntanar”, elemento di spicco della sanguinosa organizzazione mafiosa nota come clan Li Bergolis, catturato dalla Squadra Mobile di Foggia nel maggio 2011 a seguito di un periodo di latitanza di circa due anni e condannato per i reati di cui all’art. 416 bis, c.p.

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Inoltre, con il medesimo provvedimento cautelare, il gip ha disposto la misura degli arresti domiciliari a carico di Antonio Guerra, classe ’80, e la misura dell’obbligo di dimora a Manfredonia nei confronti di Raffaele Quitadamo, classe ’96, sodali intranei alla medesima organizzazione criminale, dediti, a vario titolo, all’approvvigionamento ed alla gestione dello spaccio al dettaglio dello stupefacente nella città di Manfredonia. Il provvedimento cautelare del gip di Bari, Marco Galesi, che conferma in toto l’impostazione accusatoria rappresentata con riguardo all’intero gruppo criminale, ha portato alla disarticolazione della consorteria criminale che aveva di fatto monopolizzato lo smercio dell’hashish nella cittadina garganica, stroncandone il fiorente traffico.

L’ordinanza di custodia è stata eseguita alle prime luci dell’alba di oggi a Manfredonia da personale del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile di Foggia, della Squadra Mobile di Bari e del Commissariato di Ps di Manfredonia, coadiuvati da personale dei Reparti Prevenzione Crimine “Puglia Settentrionale”, “Puglia Meridionale” e “Lucania” e del gabinetto provinciale di Polizia Scientifica della Questura di Foggia, che ha fatto irruzione nelle abitazioni degli indagati, traendoli in arresto. In particolare, l’attività di indagine è stata totalmente condotta sul campo dagli investigatori della Polizia di Stato, il “Gruppo Gargano”, composto da personale del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile di Foggia e Bari e del Commissariato di Ps di Manfredonia, fortemente voluto dal Questore di Foggia, Mario Della Cioppa e costituito lo scorso anno grazie al supporto del Servizio Centrale Operativo S.C.O. diretto da Alessandro Giuliano. L’attività in questione è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, diretta dal Procuratore Giuseppe Volpe e con i Pubblici ministeri direttamente impegnati, sostituti Procuratori Pasquale Drago e Ettore Cardinali.

Essa ha permesso di delineare l’esistenza di un sodalizio criminale finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti ex art. 74 D.P.R. 309/90 avente come base operativa la città di Manfredonia dedito allo smercio di consistenti quantitativi di stupefacente del tipo hashish. Più nel dettaglio, le fondamentali risultanze emerse dalle attività tecniche, supportati da importanti riscontri, hanno permesso di accertare l’esistenza di una struttura organizzata caratterizzata da un sistema verticistico facente capo a Libero Caputo, imprenditore nel settore dell’abbigliamento a Manfredonia, e Francesco Pio Pacilli, entrambi deputati alla gestione, in prima persona, degli acquisti delle forniture di consistenti quantitativi di stupefacente, sfruttando relazioni privilegiate con altre consorterie criminali della provincia, ed occupandosi della gestione contabile dei consistenti ricavi generati dalla vendita al dettaglio attraverso una collaudata e ben organizzata rete di spaccio composta dagli altri sodali sotto-ordinati con grado di pusher a cui i due imponevano precise regole per lo spaccio al minuto.

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