Strage San Marco, il presunto killer si dichiara innocente. Legale chiede immediata scarcerazione

Fu Giovanni Caterino uno dei killer della strage di San Marco in Lamis? Ad un mese dall’arresto del 38enne manfredoniano, ritenuto vicino al clan Li B

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Fu Giovanni Caterino uno dei killer della strage di San Marco in Lamis? Ad un mese dall’arresto del 38enne manfredoniano, ritenuto vicino al clan Li Bergolis,il suo avvocato Giulio Treggiari ha chiesto la scarcerazione del proprio assistito al Tribunale della Libertà per mancanza di indizi sufficienti. La DDA si è già opposta. Secondo gli investigatori, Caterino partecipò attivamente all’agguato ma qualche giorno fa, davanti al Riesame, il 38enne ha reso dichiarazioni spontanee dichiarandosi innocente e del tutto estraneo alla vicenda. Su di lui pendono gravi accuse che lo potrebbero portare all’ergastolo ma il legale ha avanzato una lunga serie di riflessioni e dubbi.

 

C’era davvero Caterino nella Fiat Grande Punto che quel giorno avrebbe pedinato il maggiolone del boss, Mario Luciano Romito? Stando all’ordinanza firmata dal gip, relativa all’arresto di Caterino, i killer agirono a bordo di una Ford C-Max rubata. L’auto fu ritrovata bruciata sulla SP 28 in direzione Apricena. All’interno c’era una pistola calibro 7,65, danneggiata dalle fiamme.

Un’altra auto, la Fiat Grande Punto, avrebbe invece svolto “un ruolo attivo nella partecipazione alla dinamica omicidiaria, pedinando il maggiolone di Romito, con presumibili compiti di comunicazione e/o staffetta nei confronti di altri soggetti/veicoli coinvolti nell’evento”.

Grazie a sofisticati sistemi investigativi, la Punto fu individuata la mattina dell’agguato sulla SS89, mentre correva a una media di 176 km/h. Successivamente venne registrata sulla SP 28, nei pressi del luogo dell’omicidio, ad una velocità media relativamente bassa (40 km/h).

“Con riferimento al momento conclusivo della dinamica omicidiaria, la fuga degli autori dopo l’incendio della C-Max – ha scritto il giudice –, l’attività svolta dagli inquirenti ha consentito di evidenziare il movimento a piedi di 3 sagome umane (presumibilmente Saverio Tucci, Giovanni Caterino e altro soggetto rimasto ignoto, ndr) in direzione di una masseria in agro di Apricena”, luogo dove il gruppo criminale si sarebbe spesso riunito per pianificare l’agguato. La Grande Punto ha continuato a bazzicare in quella masseria anche nei mesi successivi alla strage. Giovanni Caterino, infatti, stando alle carte dell’inchiesta, frequentava quel luogo abitualmente.

Ma la difesa obietta che Caterino nei giorni precedenti alla strage non si trovò mai vicino alla Grande Punto e che quindi non ne avesse la disponibilità. Il 9 agosto 2017, giorno della strage, emerse una coincidenza tra gps e celle telefoniche dell’indagato ma – secondo l’avvocato – l’area di Manfredonia è troppo vasta per avere l’assoluta certezza che ci fosse il suo cliente alla guida del veicolo.

Il boss Romito diretto a Torremaggiore

Dall’inchiesta è finalmente emersa la verità sulla presenza del boss, Mario Luciano Romito nella zona dell’agguato. L’uomo era diretto, col cognato, verso Torremaggiore per una compravendita di auto. Sarebbe stato pedinato fin dalla sua partenza avvenuta quella mattina da Manfredonia. Ma secondo la difesa, la Grande Punto individuata a circa un minuto dal transito del maggiolone del capo mafia sulla “Pedegarganica”, era troppo distante per pensare a un pedinamento. L’auto di Romito, insomma, non era a vista se si considera la strada tortuosa.

Eppure nell’ordinanza spuntano intercettazioni molto chiare. Caterino temeva per la propria vita tanto da aver subito – parole sue – un agguato al quale scampò miracolosamente nel febbraio di quest’anno. Era certo che i Romito lo volessero morto e si diceva pronto a vendicarsi facendo nomi e cognomi dei nemici da eliminare.

La difesa anche qui, obietta. Il 38enne di Manfredonia era sì preoccupato ma solo perchè aveva scoperto di essere finito tra i maggiori sospettati nonostante la sua innocenza. Mentre, riguardo all’agguato di febbraio, non c’è alcun elemento che faccia pensare ad un atto criminale organizzato dal clan Romito.

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