Dati Ufficiali:23 morti il bilancio del disastro ferroviario

 Si ferma a 23 morti il bilancio del disastro ferroviario avvenuto ieri in Puglia; un cadavere non è stato ancora riconosciuto; 24 (su 51) i feriti ri

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 Si ferma a 23 morti il bilancio del disastro ferroviario avvenuto ieri in Puglia; un cadavere non è stato ancora riconosciuto; 24 (su 51) i feriti ricoverati, otto in prognosi riservata, tra cui il piccolo Samuele che compie oggi 7 anni e che era con la nonna, morta nell’incidente. Non ci sono dispersi. Tra le vittime anche i due macchinisti dei convogli ed un capotreno, mentre l’altro capotreno è ferito. Le salme saranno consegnate ai parenti venerdì sera ed i funerali si terranno forse sabato mattina. I vigili del fuoco – che da ieri mattina stavano lavorando sui rottami dei due treni – hanno terminato il loro intervento. Tutti i vagoni sono stati rimossi e nessun altro corpo è stato rinvenuto durante le ultime ricerche. A quanto si apprende, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, potrebbe recarsi domani pomeriggio a Bari presso la camera ardente allestita al Policlinico per rendere omaggio alle vittime dell’incidente ferroviario di ieri. 

Mentre prosegue la generosa corsa a donare il sangue per i feriti (raccolte in Puglia 2.800 sacche in 24 ore, tra cui una delegazione di una ventina di musulmani), la procura di Trani ha costituito un pool di 5 magistrati che si occuperà delle indagini, avviate per disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo. I nomi di alcune persone – probabilmente dipendenti di Ferrotramviaria – sono stati iscritti nel registro degli indagati della Procura di Trani per i reati di disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo. In occasione delle autopsia agli indagati sarà notificata l’informazione di garanzia.

«Quel treno non doveva partire dalla stazione di Andria». E’ questo il primo tassello nell’indagine dei pm tranesi. Una decisione maturata in serata ma che il procuratore facente funzioni Francesco Giannella aveva anticipato ai giornalisti nel pomeriggio: «per qualche ora ancora non ci sono indagati». Il fascicolo aperto punta dunque dritto al personale di Ferrotranviaria che era in servizio ieri nelle stazioni di Andria e Corato: i due capistazione, innanzitutto, ma anche eventuali collaboratori. Perché gli accertamenti fin qui svolti se non hanno ancora consentito di ricostruire con esattezza la dinamica dell’incidente, hanno però permesso di avere alcuni punti fermi. Primo tra tutti il segnale di partenza dato al treno fermo ad Andria: quel convoglio si è mosso quando non doveva, con l’ok del capostazione e il semaforo verde di via libera. Cosa è accaduto? C’è stato solo un errore umano, ipotesi prevalente tra gli inquirenti, o anche un guasto tecnico che ha azionato il semaforo?

Prima di iscrivere i nominativi dei dipendenti di Ferrotramviaria, la prima mossa del procuratore è stata quella di costituire un pool di quattro magistrati che, assieme a lui, indagherà in ogni direzione. «Dobbiamo scandagliare ogni possibilità – ha spiegato il pm – anche per non fare l’errore di fermarci a quello che è accaduto ieri». La linea, dunque, è chiara ed ipotizza tre livelli d’indagine: da un lato si procederà ad individuare le singole responsabilità nella catena di controllo che ha autorizzato il treno a lasciare la stazione di Andria, dall’altro si prenderanno in considerazione la sicurezza dei controlli da parte degli enti preposti e la questione del raddoppio della linea, la sua messa in sicurezza e l’utilizzo dei fondi per arrivare all’individuazione di altri soggetti che potrebbero avere ruoli tutt’altro che marginali. Come sono stati usati i fondi europei stanziati per il raddoppio della linea Bari-Barletta? Perché i lavori hanno accumulato così tanto ritardo? E ancora: i sistemi di sicurezza sono adeguati rispetto alla normativa in vigore? Già in passato si erano verificate delle criticità che dovevano far scattare l’allarme e che non sono state segnalate? Tutte domande che richiedono una risposta chiara, perché non è pensabile che le responsabilità di un simile disastro possano essere addebitate solo ad un errore umano.

La decisione di procedere fin da subito su più fronti ha fatto sì che ogni magistrato si occuperà di un aspetto dell’inchiesta. Ed è ovvio che i primi accertamenti riguarderanno proprio le responsabilità dei capistazione V.P e A.P e gli eventuali loro collaboratori per accertare chi ha sbagliato nel dare il segnale di partenza. Senza dimenticare che la catena di controllo prevede un ruolo ‘attivò anche per i capitreno a bordo dei convogli: uno dei due, Albino Di Nicolo, è però morto nello schianto; l’altro, Nicola Lorizzo, è ricoverato in ospedale. E’ questo il motivo per cui gli investigatori della Polfer, dopo aver recuperato nella serata di ieri le scatole nere, hanno proceduto a sequestrare una serie di documenti che serviranno proprio a chiarire i ruoli di ciascuno: i brogliacci di movimento dei treni, le immagini delle telecamere delle stazioni di Andria e Corato e del sistema di videosorveglianza installato su almeno uno dei due convogli, le conversazioni telefoniche tra i due capistazione, trascritte in un fonogramma. Proprio dalla visione delle immagini delle stazioni, gli investigatori avrebbero già potuto accertare due elementi importanti. Dopo la partenza del treno da Andria, infatti, non si sono registrate scene di disperazione o attività particolari: significa che nessuno dei due capistazione si è accordo di aver commesso un errore. Inoltre, il macchinista del treno proveniente da Andria non poteva far altro che partire: oltre all’ok del capostazione, aveva anche il segnale di via libera sulla linea.

Gli investigatori hanno inoltre verificato che erano due i treni delle Ferrovie del nord barese provenienti da Corato e diretti verso nord e che uno di questi viaggiava in ritardo: potrebbe essere stata questa la circostanza che avrebbe indotto il capostazione di Andria a dare il via libera al treno. Un errore che nessuno nega. «Il treno che è partito per secondo – dice il procuratore Giannella – non doveva partire». «L’unica stazione di incrocio è quella di Andria – aggiunte il direttore generale di Ferrotranviaria Massimo Nitti – Quel treno che scendeva da Andria, lì non ci doveva essere».

Ma Nitti ha anche difeso il sistema di comunicazione e sicurezza basato su un fonogramma, il cosiddetto «consenso telefonico”: «è una delle modalità di esercizio che viene regolarmente utilizzata nelle ferrovie». Sicuramente ha ragione, ma i magistrati vogliono capire se davvero tutti i regolamenti e le norme in vigore sono state rispettate. Così come vogliono far luce sulla questione del raddoppio della linea: il progetto è previsto dal 2008 e doveva concludersi nel 2015. Ovviamente non si è concluso. Perché? «Dobbiamo capire. Ci sono tante cose da vedere e da incrociare» si limita a dire il procuratore. L’indagine è soltanto all’inizio. (

Sul banco degli imputati il sistema a blocco telefonico che regola la circolazione ferroviaria in quella tratta a binario unico. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, ha definito il sistema «tra i meno evoluti rispetto alle tecnologie disponibili» e «maggiormente a rischio», perchè «si affida interamente all’uomo, nella fattispecie all’operatività dei capistazione». Da parte sua, l’ad. di Fs Renato Mazzoncini ha considerato che «la polemica sul binario unico non ha senso, in Italia e nel resto del mondo la maggior parte delle linee sono a binario unico, il sistema di sicurezza non dipende dal numero dei binari: tutte le linee ferroviarie hanno un livello di sicurezza garantito, anche quelle a binario unico».

Il ministro Delrio ha poi ricordato che «purtroppo in questo Paese non è mai stata fatta la cura del ferro, quando bisogna tenere conto che ci sono oltre 5 milioni di persone che lavorano e si spostano per motivi di studio studio su linee regionali, ma con questo Governo c’è stata un’inversione di tendenza netta rispetto al passato ed abbiamo destinato diversi miliardi al trasporto ferroviario regionale». Ha quindi annunciato che il governo ha deciso di stanziare ulteriori 1,8 miliardi di investimenti per le reti regionali non di competenza nazionale.

Ecco i nomi delle 22 vittime identificate (un’altra vititma, di 55-60 anni, è ancora da identificare): 6 sono di Andria, 2 di Bari, 2 di Terlizzi e 2 di Trani, 3 lombarde (native di Milano, Bergamo e Pavia), una ha origini francesi, e le altre sono di Galatina, Ostuni, Cerignola, Ruvo e Modugno.

Pasquale ABBASCIANO, 61 anni, andriese
Giuseppe ACQUAVIVA, 59 anni, andriese
Serafina ACQUAVIVA, 62 anni, andriese
Maria ALOYSI, 50 anni, barese
Alessandra BIANCHINO, 29 anni, tranese
Rossella BRUNI, 22 anni, tranese
Pasqua CARNIMEO, 31 anni, modugnese
Enrico CASTELLANO, 72 anni, ostunese
Luciano CATERINO, 37 anni, ruvese
Michele CORSINI, 61 anni, milanese
Albino DENICOLO, 57 anni, terlizzese
Salvatore DI COSTANZO, 57 anni, bergamasco
Giulia FAVALE, 51 anni, nata in Francia
Nicola GAETA, 56 anni, barese
Jolanda INCHINGOLO, 25 anni, andriese
Benedetta MERRA, 52 anni, andriese
Donata PEPE, 63 anni, cerignolana
Maurizio PISANI, 50 anni, pavese
Giovanni PORRO, 60 anni, andriese
Fulvio SCHINZARI, 59 anni, di Galatina
Antonio SUMMO, 15 anni, terlizzese
Ludivico Francesco TEDONE, 17 anni, terlizzese
Gabriele ZINGARO, 25 anni, andriese
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