In Puglia, dal 2011 al 2015 11mila nuovi invalidi

Le pensioni di invalidità sono in aumento nell’ultimo biennio in tutto il Paese. A sostenerlo, dati alla mano, l’Istituto nazionale di previdenza soc

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Le pensioni di invalidità sono in aumento nell’ultimo biennio in tutto il Paese. A sostenerlo, dati alla mano, l’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps). Il numero tende a crescere soprattutto nel Mezzogiorno dell’8,4% in Calabria, e del 5% in Puglia. A Lecce 8 residenti su 100 ricevono una pensione di invalidità. In Basilicata è Matera ad avere il record degli invalidi con 9 residenti su 100. La pensione di invalidità e tutto quello che ruota intorno ad essa è quindi diventato un vero e proprio business. In alcuni casi, e in alcune zone d’Italia, rappresentano una vera e propria fonte di reddito, che interessa fasce consistenti della popolazione, con percentuali da record, che aumentano con l’aumento delle malattie che colpiscono gli anziani. Alzheimer, cancro, demenza senile, tanto per fare alcuni esempi sono malattie invalidanti riconosciute e che costano alle case dell’Inps.

Dal 2011 al 2015 il numero delle prestazioni assistenziali erogate ogni anno in Puglia è passato da 32.161 nel a 43.182.

Gli avvocati dei patronati, i medici di parte durante l’iter per ottenere il sussidio di lavoro ne hanno di lavoro, senza parlare dei guadagni, sia pure nettamente inferiori ad un normale contenzioso giudiziario, grazie ai grandi numeri. L’Inps si trova a fronteggiare situazioni al limite in commissione. Boccia con i suoi medici le prime richieste, ma poi quelle bocciature – nel 40% dei casi – si trasformano in promozioni con il giudice monocratico che segue le indicazioni del consulente tecnico di ufficio (Ctu).

In tanti anni però molte cose sono cambiate per gli invalidi, ma alcuni attori rimangono al loro posto, capaci di condizionare i verdetti finali delle commissioni. Sono i sindacati degli invalidi civili e del lavoro, sempre presenti nelle commissioni. Fino al 1998 assistevano i medici militari. Le visite si facevano nell’ospedale militare con tempi lunghissimi. Le pratiche giacevano per anni nei cassetti, ma poi manine premurose le portavano all’attenzione di chi doveva decidere. Quattro o cinque anni per l’erogazione della pensione era già un successo. Dal 1998 al 2009, con la delega ai Comuni, erano sempre i rappresentanti sindacali, con il medico dell’Inps, a decidere a maggioranza cosa fare e la politica, ovvero gli assessori ai servizi sociali dei Comuni, a scrivere la delibera di liquidazione. Facile immaginare cosa poteva avvenire, anche se i tempi di attesa si sono ridotti.

Dal 2010 il potere dei sindacati degli invalidi civili e del lavoro è diminuito. La commissione è presieduta dal medico dell’Inps che ha il potere ultimo e definitivo sulla vicenda anche in caso di parere positivo del medico della Asl e dei sindacati. L’Inps finalmente si è appropriata del suo ruolo. La procedura telematica che parte dal medico di base, con la compilazione del modulo AP69, continua con l’intervento del patronato e della Asl si chiude proprio nel luogo che dovrebbe essere deputato a decidere, ovvero l’Inps.

Altri attori importanti sono i patronati. Sono da sempre le associazioni a cui è stato delegato il compito dell’assistenza. Sono quelli che, con i loro avvocati e il patrocinio gratuito, assicurano assistenza ai richiedenti pensioni e altro. Un decreto del 1994 e la legge 1522001 hanno stabilito i compensi che lo Stato fornisce per l’assistenza a tutte le pratiche che finiscono agli istituti di patronato (oltre all’Inps, l’Inail e altre amministrazioni). Per ogni pratica positiva 25 euro a punto. Invalidità e inabilità valgono 6 punti, pensioni di anzianità 4, assegno sociale 2. In pratica 150 euro a pensionato. I responsabili dei patronati attivano convenzioni gratuite con gli avvocati che ricevono, in caso di esito positivo da parte del giudice, il loro compenso che varia da 400 a 1.200 euro.

Quello che succede dopo l’arrivo della pensione di invalidità e degli arretrati, magari con l’accompagnamento sono favole metropolitane. Percentuali da pagare ai patronati o agli avvocati sono solo voci, ma in tanti rivolgendosi a loro sono disposti ad offrire fino al 20% delle somme pur di arrivare alla pensione. Gli avvocati conoscono il sistema e la materia. Facile quindi capire che gli accordi sono facili a raggiungere.

Un ruolo fondamentale lo hanno i 504 medici di ruolo dell’Inps (dovevano essere 1.230 in organico). In Puglia sono appena 30. Devono provvedere alle visite dirette ambulatoriali, agli accertamenti ai fini della tutela della maternità, all’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, agli assegni familiari. A tutto ciò si aggiungono verifiche ordinarie e straordinarie sulle patologie invalidanti , consulenze tecniche, accertamenti medico legali diretti alla valutazione della permanenza e dell’evoluzione dello stato invalidante già riconosciuto con una data di revisione sanitaria. Un gran lavoro che negli ultimi tempi sta dando molti frutti con tante revoche della pensione a falsi invalidi e a tanti furbetti.

In fase di contenzioso giudiziario a fare la parte del leone sono i Ctu, i consulenti tecnici di ufficio nominati dal giudice per decidere sull’invalidità di una persona. Sono pochi e quasi sempre gli stessi a giudicare. Con un portale dedicato ai Ctu l’Inps permette di instaurare una comunicazione telematica diretta tra i Consulenti tecnici d’ufficio e l’Istituto in materia di contenzioso giudiziario medico-legale, con particolare riferimento al nuovo istituto processuale. Il Ctu può inviare direttamente all’Inps i dati relativi alle operazioni peritali in fase di svolgimento, cioè l’avviso di svolgimento delle operazioni peritali, e la comunicazione della relazione peritale. Alla fine è però il giudice a dire l’ultima parola, dopo aver letto la relazione del medico nominato da lui la cui diagnosi diventa quasi inappellabile.

Il regime delle spese di lite nelle controversie previdenziali ed assistenziali è disciplinato in modo diverso rispetto al rito ordinario. La parte soccombente rimborsa le spese di lite alla controparte vittoriosa, nel processo previdenziale, ma c’è l’esonero dalle spese di lite per il lavoratore che avesse intrapreso una causa previdenziale e fosse risultato soccombente nei confronti degli enti previdenziali purchè abbia un reddito basso.

Alla fine della giostra, pur a prezzi ridotti il giudizio costa alle tasche dell’Inps e degli italiani almeno 2.000 euro, senza contare arretrati e pensioni. Non sarebbe meglio evitare il contenzioso giudiziario e risparmiare quelle risorse che potrebbero essere destinate a rafforzare i controlli per scoprire i falsi invalidi che nei tempi passati hanno gabbato non solo l’ente, ma tutti i cittadini onesti?

 

 

 

fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
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