Manfredonia vetro torna a Roma il 17 marzo

La via crucis dei dipendenti di Manfredonia vetro: giovedì 17 prossimo altra “stazione” a Roma presso il Ministero per lo sviluppo economico. Non sar

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La via crucis dei dipendenti di Manfredonia vetro: giovedì 17 prossimo altra “stazione” a Roma presso il Ministero per lo sviluppo economico. Non sarà un appuntamento decisivo ma potrebbe aprire un nuovo capitolo nella vicenda che si protrae da quindici mesi tenuta in piedi essenzialmente dai dipendenti di quella fabbrica precipitata da un giorno all’altro dall’altare di una attività vanto della laboriosità del sud, alla polvere dei meccanismi perversi della speculazione imprenditoriale e della politica utilitaristica. Sul tavolo del ministero le due proposte fin qui espresse, interessate a rilevare l’impianto. Una è di matrice greca, l’altra italiana, del sud più specificamente: la Finsita Holding di Luciano Vinella, conosciuta e introdotta nel settore del vetro operando da quarant’anni con un partner americano che è il maggiore produttore di vetro del mondo. Ognuna ha una impostazione diversa dall’altra. Quella greca è orientata a proseguire la produzione di vetro piano e dunque a rilevare lo stabilimento così com’è; quella italiana prevede invece un cambiamento strutturale: non più vetro piano bensì “cavo” per la produzione di manufatti tipo bottiglie e affini.
A Roma si dovranno scoprire le carte e cominciare a parlare in termini realizzativi, iniziando dagli aspetti finanziari. Il dominus di questa fase è il curatore fallimentare della Manfredonia vetro che ha tutto l’interesse a tirare il prezzo per far fronte alla debitoria alquanto pesante lasciata dalla proprietà Sangalli. Fin dove potranno arrivare gli investitori per assicurarsi uno stabilimento di avanzato valore tecnico e, non va trascurato, di una variegata schiera di maestranze altamente specializzate, lo si scoprirà giovedì.
Questa fase così come avvenuto per quelle susseguitesi nei mesi precedenti, sarà seguita da vicino dai dipendenti che saranno a Roma per sostenere la questione. E per essere più incisivi hanno inviato una mail ai 1.000 tra deputati e senatori, ai quali chiedono di scendere dagli scranni del Parlamento e di sostenere le loro motivazioni in Piazza. Dinanzi a Montecitorio sosteranno fino al pomeriggio (15,30) quando in corteo si recheranno sotto il MISE per far sentire la loro presenza mentre al terzo piano rappresentanti del Ministero, delle istituzioni locali, degli emissari Sangalli, dei nuovi imprenditori, dei sindacati, discutono del loro futuro.
La matassa della vicenda si presenta non facile da sbrogliare. Sono da considerare aspetti strettamente tecnici, ma anche per così dire di strategia economica. Dall’analisi ormai minuziosa condotta fin qui, i dipendenti di quello stabilimento, ma non solo loro, hanno realizzato l’idea che c’è stato un disegno ben preciso di boicottaggio della fabbrica. Un intrigo scandito mossa dietro mossa, iniziato nel 2012 quando Sangalli decise di costruire uno stabilimento gemello a quello di Macchia, a casa propria a Porto Nogaro, al nord, attingendo (i dipendenti dicono distraendo) fondi dagli utili di quello di Manfredonia, al sud. Probabilmente si è ritenuto che la Manfredonia vetro potesse seguire lo scellerato fuggi-fuggi di decine di aziende lautamente finanziate dallo Stato (denaro pubblico), sotto lo sguardo pressoché indifferente di quanti avrebbero dovuto invece intervenire opportunamente. Complice la colpevole mancanza di una programmazione delle politiche di sviluppo del territorio. Questa volta non hanno fatto i conti con i lavoratori della fabbrica che a differenza dei colleghi di altre aziende, anche importanti, che non hanno saputo difendere il proprio posto di lavoro, lottano per un diritto che si tenta di scippare.
Michele Apollonio

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