Il fallimento di Sangalli

Se per un punto Martin perse la cappa, per un punto virgola quattro i lavoratori della Sangalli vetro hanno perso fabbrica e posto di lavoro. Almeno

Gargano, Giunta Regione Puglia approva stato di calamità naturale in agricoltura
Manfredonia, per i pagamenti dei ticket il Cup va in cortocircuito: utenti infuriati
Coronavirus in provincia di Foggia e in Puglia: morti e contagi del 3 agosto 2020 „

Se per un punto Martin perse la cappa, per un punto virgola quattro i lavoratori della Sangalli vetro hanno perso fabbrica e posto di lavoro. Almeno stando alla sentenza della giudice del Tribunale di Treviso che ha ritenuto il numero di 198,6 riferito alla consistenza dei dipendenti dello stabilimento di Manfredonia non sufficiente a supportare la richiesta di amministrazione straordinaria per la quale il numero fissato dalla legge è di 200, soltanto 1,4 in meno, accogliendo invece la richiesta di fallimento presentata dalla proprietà Sangalli.
Un provvedimento che i lavoratori di quella fabbrica, ma non solo loro, giudicano una beffa, uno sfregio ad un territorio che cerca di raccogliere le sue forze residue di una lunga ed estenuante stagione di chiusure di attività (non solo produttive) con conseguente perdita di posti di lavoro e con ancor più consequenziale ripercussioni su una economia che va perdendo i suoi riferimenti portanti. Una desertificazione paurosa.
Lavoratori che con una indomita pervicacia si sono schierati sin dal primo momento (dal novembre 2014 quando l’impianto vetrario fu fermato) a difesa di quella fabbrica che il loro lavoro, il loro impegno hanno contribuito a darle un ruolo di preminenza nel mercato del vetro, non ci stanno ad abbassare la testa, a rinunciare a proseguire una lotta che a questo punto va ben oltre la sopravvivenza della fabbrica, per richiamare diritti sacrosanti del sud a non essere lasciato eternamente in disparte.
Su questa linea pare si stiano schierando anche le istituzioni che meditano sul da farsi per cercare di evitare che quel “gioiello di fabbrica” come è unanimemente definito, non vada perduto ma al contrario costituisca un punto fermo dal quale ripartire. In questa prospettiva è stato convocato un incontro presso il Municipio di Manfredonia per studiare le mosse più opportune per recuperare una situazione al momento alquanto compromessa. Pare scontato un ricorso contro il deliberato del Tribunale di Treviso, da presentare alla Corte d’appello di Venezia competente per territorio. L’avvocato Giuseppe Prencipe che segue la vicenda, avanza sia pure prudenti possibilità di successo.
L’inghippo sul quale la questione giudiziaria si è avvitata, è quello che ha tirato in ballo la natura giuridica degli amministratori: dai ricorrenti compresi tra i dipendenti dell’azienda tant’è che sono iscritti nel libro paga; viceversa esclusi dalla giudice da quel novero. E’ su quelle presenze che il numero fatidico di 200 ha oscillato tra i 198,6 della giudice e i 204 dei ricorrenti. Indubbiamente la legge è legge e come tale va rispettata, tuttavia considerate le varie circostanze non ultima quella di salvare una struttura produttiva che oggettivamente ha un avvenire, si poteva trattare la questione con una ottica diversa.
Si è detto che la questione stava in mano anche alla politica. Su questo versante la politica del nord, dove è localizzata la fabbrica concorrente di quella di Manfredonia, pare sia più agguerrita.
A questo punto e in attesa di un probabile ricorso, la situazione è nelle mani del curatore fallimentare Luigi Di Fant che ha il compito di liquidare le attività per pagare le passività. Il che vuol dire smantellare gli impianti, più crudamente ma realisticamente, distruggere una realtà sulla quale si erano puntate molte delle attese di sviluppo di questo territorio.
Michele Apollonio

false

COMMENTI

WORDPRESS: 0