“Tutte le falsità del comunicato Energas”

Nella giornata di ieri la società Energas ha diffuso un nuovo comunicato stampa riguardante il progetto che prevede la costruzione del mega deposito

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Nella giornata di ieri la società Energas ha diffuso un nuovo comunicato stampa riguardante il progetto che prevede la costruzione del mega deposito gpl a Manfredonia. Come era prevedibile attendersi l’atteggiamento del colosso Napoletano, dopo un iniziale approccio alla questione in punta di piedi, nel quale si interfacciava alla cittadinanza in maniera propositiva, è mutato e si è fatto molto più aggressivo nel linguaggio. Meraviglia però il fatto che a tanto slancio retorico non si siano accompagnati contenuti concreti; non si siano evidenziate le criticità che la cittadinanza ha sollevato in questi giorni di fervori di piazza.

Andiamo ad analizzare il comunicato stampa Energas: “I cittadini di Manfredonia si sono mai chiesti perché il nostro progetto è avversato da talune associazioni e movimenti politici?”. La chiave della strumentalizzazione politica, seppur vincente in ogni contesto la si inserisca, in questo caso è decisamente fuori luogo. Infatti ciò che sta avvenendo a Manfredonia va al di la delle posizioni partitiche. Manfredonia sta vivendo un momento di risveglio civile che elude i meccanismi della politica nostrana e si concentra sui fatti e sulle questioni in gioco. L’opposizione ad Energas,per molti di quelli che hanno deciso di osteggiarla, non ha nulla a che vedere con il pregiudizio “politico” verso l’azienda partenopea in quanto tale ma in quanto portatrice di un progetto che danneggia il territorio senza lasciare alcun profitto alla città, di un modello sbilanciato che ci ha danneggiato e che abbiamo deciso di bocciare per sempre.

E’ falso che “il deposito è inquinante”; Vero, il deposito non sarebbe di tipo emissivo e quindi in regime di normale funzionamento non rilascerebbe sostanze inquinanti durante il ciclo produttivo. Ammesso pure che qualcuno abbia preso in considerazione tale ipotesi(forse condizionato dalle “ataviche paure”, così come vengono definite nel comunicato di Energas,che attanagliano la nostra terra) non possiamo ignorare come non si faccia riferimento al fatto, ben più indicativo, che sebbene l’area individuata,insula D3E( ex DI46) sia allo stato attuale classificata nel piano regolatore come suolo adibito ad un utilizzo industriale di tipo non inquinante, il suddetto suolo NON può essere insediato da impianti ritenuti a rischio di “incidente rilevante” come invece risulta nelle ultime Direttive Seveso III.

Altri punti critici che la comunità manfredoniana ha sottolineato sono quelli riguardanti i piani di sicurezza ed evacuazione, non pervenuti nelle carte messe a disposizione dall’azienda e giustamente evidenziati dalla Commissione regionale. E’ falso che “il deposito si insedierà su un territorio di alto valore ambientale”“il degrado ambientale dell’area è stato accertato dai giudici amministrativi in ogni grado di giudizio fino al Consiglio di Stato.” Leggendo questo punto,non possiamo negare, di essere stati scossi da un brivido di stupore misto a sconcerto. Doveroso un riepilogo. L’intera area è stata ritenuta zona ad alto interesse naturalistico ed è punto di raccordo tra la zona umida e le steppe pedegarganiche. Ci siamo soffermati a lungo sulla questione sottolineando come quel territorio fosse ritenuto protetto proprio perché Habitat prioritario, raro, meritevole di tutela in quanto testimonianza di un tipo di habitat naturale che va scomparendo.

Ora, in parte questa infelice uscita dei vertici Energas scoperchia una questione pur vera. La zona D3E precedentemente “predata”dagli insediamenti industriali che il contratto d’area si portava in dote, è effettivamente stata devastata (più che degradata come sostengono i magnati del gas partenopeo.) Dunque una zona di alto valore naturalistico, tratta di migrazione di diversi uccelli ritenuti protetti,per valutazioni di tipo economico è stata snaturata e inquinata. Tale tipo di valutazioni ignorando totalmente il valore intrinseco di quei territori hanno puntato su un modello di sviluppo, quello industriale, che non ha funzionato, si è praticamente estinto al finire dei finanziamenti pubblici, lasciandoci in dono tutto il peso della sua insostenibilità, rifiuti di ogni genere, pericolosi e non.

Dunque guardando al futuro sarebbe lecito aspettarsi uno slancio che punti dalla parte opposta. E’ quantomeno sconcertante affidarsi al principio per il quale si possa abusare di una zona solo perché è stato dimostrato che il grosso del danno l’hanno fatto, prima dell’avvento di Energas, già altre aziende, riconoscendo implicitamente l’impatto deflagrante che tali insediamenti hanno avuto sul territorio. In cosa Energas si differenzierà? A quali nuovi impianti si riferisce quando si augura che l’azienda possa diventare volano per un nuovo impulso industriale? La realtà parla di un’industrializzazione strumentalizzata e speculativa che non ha lasciato nulla sul territorio se non un complessivo impoverimento di tutto il contesto, territoriale e sociale, in cui si è andata inserendo. Siamo certi che, a fronte dei 70 occupati promessi da Energas(E’ falso che “il deposito non porta occupazione e sviluppo”: Si conferma un organico a regime di 70 unità)per la città i posti di lavoro sarebbero pochissimi e con un profilo di competenze richieste troppo alto per la reale presenza di manodopera qualificata nel territorio.

Ma il ricatto occupazionale, quel ricatto in base al quale l’unico posto di lavoro disponibile è quello che si fonda sulla distruzione di una risorsa limitata e non rigenerabile come il territorio, non funziona nemmeno alla prova dei fatti e delle controproposte:almeno una trentina di posti di lavoro si renderebbero necessari per iniziare una bonifica mirata della zona, per salvaguardare ciò che può essere ancora recuperato. La critica che muove Energas sulla mancanza di proposte ed alternative lascia il tempo che trova,in questi luoghi si potrebbe stimolare la creazione di lavoro che punti ad un’antropizzazione sostenibile, che valorizzi la moltitudine di ricchezze naturali che i nostri luoghi hanno da offrire. La popolazione di Manfredonia, sempre al limite del collasso occupazionale, possiede le risorse per emanciparsi dal concetto per cui si può produrre benessere solo attraverso l’investimento di capitali esterni e la distruzione del territorio, calati dall’alto, portati da chi non ha le informazioni ne l’interesse a progettare un sistema di sviluppo coerente con il territorio circostante.

Tali conclusioni, si badi bene, non sono dovute a stereotipate congetture riguardo i processi di industrializzazione ma sono avvalorate da fatti incontrovertibili che la città sipontina si porta sulla pelle come cicatrici dopo mezzo secolo di industrializzazione selvaggia e criminosa, dopo mezzo secolo di ricatto occupazionale e colonizzazione industriale. Saremo nelle piazze e nelle strade per costruire dal basso un modello di sviluppo diverso: un modello di sviluppo che ripristini, recuperi e valorizzi Località Spiriticchio, un modello di sviluppo che parta dalla valorizzazione ambientale e turistica di quei luoghi e che si fondi sulla costruzione di una sorveglianza partecipata e condivisa sui beni comuni, nonché su un futuro cooperativo, ecosostenibile e lungimirante.

Manfredonia, in ultima analisi, è senz’altro in grado di auto-generare delle alternative, in ragione del fatto che ne possiede il potenziale. Sarà compito, esclusivo, della Città pianificare le strategie per far si che queste portino ad un benessere diffuso.

(A cura del Collettivo InApnea di Manfredonia, 12 settembre 2015)
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