Deposito gpl a Manfredonia, InApnea: questo sistema di sviluppo non ci tutela

”Sono giorni convulsi, giorni di promesse, giorni di comunicati. Le ultime settimane a Manfredonia si è respirata aria di confronto, su un tema import

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”Sono giorni convulsi, giorni di promesse, giorni di comunicati. Le ultime settimane a Manfredonia si è respirata aria di confronto, su un tema importante, scottante, la reale necessità per la città sipontina di ospitare un mega impianto di stoccaggio gpl, confronto che si è rivelato particolarmente partecipato. Sensibile sul tema, chiaramente anche il rappresentante di Energas, l’ingegner Marino, il quale si è notevolmente speso, attraverso una moltitudine di comunicati, per arrivare all’orecchio del cittadino Manfredoniano, per allertarlo sulla campagna di disinformazione che a suo dire si sta mettendo in atto. Il buon Marino in effetti parla dall’alto dei suoi permessi ministeriali e regionali (oltre che dei suoi interessi aziendali) e porta alla luce i fatti dal suo punto di vista. Nell’intento di proteggere la sua creatura Marino ad esempio garantisce: “Gli impianti di Gpl, compreso quello di Manfredonia, sito in area industriale, sono sicurissimi e collocati nella maggior parte dei casi in contesti molto più urbanizzati”.

Doverose almeno due riflessioni riguardo tale affermazione. In primis il fatto di sottolineare come il sito sia in area industriale appare quantomeno beffardo per noi Manfredoniani, considerato il modo in cui quel territorio, fino a qualche tempo fa protetto come ambiente di importanza comunitaria, è stato riconvertito a sito industriale, cambio di destinazione avvenuto attraverso degli autentici “miracoli” partoriti nelle oscure camere della politica, in barba alle direttive comunitarie. Inoltre, sottolineare che la maggior parte degli impianti si trovi in zone più urbanizzate mette si in risalto come gli abitanti di quelle città hanno ritenuto accettabile il rischio che comporta avere un impianto di quella imponenza, ma suggerisce anche come quello di Manfredonia sia un caso un po anomalo rispetto a città che hanno una propensione industriale spiccata come Livorno. Doppiamente anomalo se si pensa che l’ecosistema in cui sorgerebbe l’impianto non è urbanizzato in quanto unico nel suo genere e fino a poco fa tutelato per legge. Ricordiamo infatti che il luogo stabilito per la costruzione dell’impianto è sito a soli 10 km da una riserva naturale tanto importante quanto fragile. Una zona umida, quella del lago Salso, il cui equilibrio viene barbaramente minato dall’opera di frammentazione dell’ ambiente e che comporta inevitabilmente un impoverimento della biodiversità, vera ricchezza di quei luoghi. Non da oggi del resto il rappresentante dell’associazione ambientalista LIPU, Enzo Cripezzi si mobilita per portare alla luce i danni irreparabili che questo ottuso progetto presuppone.

In un’altra nota l’ingegnere alza la posta parlando di un impianto che potrebbe rappresentare un traino per l’indotto industriale, sa bene infatti che il solo deposito garantirebbe pochi se non pochissimi posti di lavoro effettivi e per di più per lavoro specializzato, irreperibile in zona. Un motore propulsivo per il settore industriale appunto. Viene da pensare che se l’ingegnere avesse concentrato la sua attenzione e le sue riflessioni sulla storia legata allo sviluppo industriale cittadino, avesse cioè contestualizzato alla nostra realtà questo bel discorsetto sul progresso industriale, forse non si sarebbe esposto con tanto slancio nel prefigurare un simile scenario. Si può certamente affermare,senza possibilità di smentita, che il programma industriale Manfredoniano è stato un enorme fallimento. Una brutta storia di inquinamento incontrollato, di malattie, di lavoratori sedotti e abbandonati. Una storia di denaro pubblico distribuito in enormi quantità per risollevare una città, che ad oggi, si attesta sul 50.6% di disoccupazione, una cifra ridicola nella sua drammaticità se si considera che siamo tra le città italiane più finanziate da fondi Statali ed Europei, soldi stanziati appositamente per la nostra situazione occupazionale. Volendo trarne delle conclusioni, anche un bambino si accorgerebbe che questo sistema di sviluppo non ci tutela. Un sistema che non è fatto per risollevare le sorti precarie dei lavoratori Manfredoniani ma per favorire gli interessi delle grandi aziende, che si fanno strada cavalcando il bisogno della gente ma che in cambio al massimo si adoperano per fare le fortune di qualche arrivista della politica. Inutile a questo punto soffermarsi oltre sulla bontà del progetto, sulla sua presunta compatibilità ambientale, sulla sua pericolosità effettiva, tutti argomenti portati in campo da Energas e che seppur non convincenti passerebbero in secondo piano anche se realmente verificabili considerato il contesto in cui andrebbero ad inserirsi.

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Ma i più navigati forse già sanno che il dirigente di Energas, non ignora i nostri trascorsi. Conosce molto bene la parabola del percorso industriale di Manfredonia. Conosce approfonditamente le sue dinamiche, del resto ha dovuto occuparsene essendo in attesa delle autorizzazioni dal lontano 1999. Mi domando invece se l’azienda si renda conto della posizione dei cittadini nei confronti della questione industriale di Manfredonia.

Si renda conto ENERGAS che all’interno della città inizia ad alimentarsi, a farsi forte l’idea che esista qualcosa di profondamente sbagliato in questa logica di azione. Una logica che non mette tra le variabili da considerare ne il territorio ne il cittadino. Una strategia di sviluppo calata dall’alto che non ha permesso e mai permetterà di mettere al centro del progetto il lavoro. Un metodo che sfrutta il territorio e le sue risorse senza mai valorizzarle, senza mai assecondarne le reali peculiarità. Un’idea di sviluppo totalmente scollata dalle reali potenzialità umane e territoriali presenti. In una delle ultime uscite a mezzo stampa il rappresentante di Energas, con un filo di arroganza, paventava la possibilità per l’azienda di proporre altrove il progetto qualora la cittadinanza si fosse dimostrata riluttante. Non resta che augurarci che davvero i vertici del colosso napoletano inizino a prefigurare uno scenario differente da quello che avevano pianificato, inizino a riflettere sulla reale possibilità di spostare il loro investimento ai più ricettivi paesi del nord Italia, come paventato dalla stessa azienda. Sarebbe una vittoria per noi Manfredoniani consci di come si debba imparare dal passato, soprattutto quando quel passato ha lasciato segni indelebili sulle nostre esistenze e a ben guardare sarebbe una vittoria anche per l’azienda Energas che si dimostrerebbe realmente sensibile, considerato il fatto che è distributrice per conto di Q8, multinazionale con dichiarate anche se ambigue ambizioni ambientaliste.

(Comunicato Stampa – Collettivo InApnea, 18 agosto 2015)
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