Maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, arrestato 52enne sipontino

Nella giornata di ieri, personale del Commissariato di Manfredonia ha proceduto all’esecuzione di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, em

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Nella giornata di ieri, personale del Commissariato di Manfredonia ha proceduto all’esecuzione di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa in data 14.10.2013 dal GIP del Tribunale di Foggia, dott.ssa Rita Pasqualina CURCI, su richiesta del Pubblico Ministero Dr.ssa Paola DE MARTINO, nei confronti di un sipontino di anni cinquantadue ritenuto responsabile di gravi maltrattamenti in famiglia e di violenza sessuale continuata nei confronti della coniuge.

L’uomo è accusato di aver maltrattato la moglie convivente ed i figli; in plurime occasioni percuoteva ed offendeva la donna, spesse volte lanciandole contro oggetti presenti in casa; ripetutamente la minacciava di morte ed alcune volte la cacciava di casa dicendole che, se fosse tornata, sarebbe “finita male “, non perdendo occasione per mostrarle il suo disprezzo, accusandola di essere la rovina della famiglia e di “valere meno di 20 Euro “.

Non da ultimo, in più occasioni, la costringeva, mediante minaccia, a compiere e subire atti sessuali, con la povera martire obbligata a sottostare per evitare le sue esplosioni di aggressività.

Medesimo atteggiamento autoritario ed aggressivo veniva imposto ai figli, facendoli assistere agli episodi di violenza fisica e verbale nei confronti della madre, intimando agli stessi – i quali intervenivano in difésa della mamma- di non intromettersi, altrimenti, se la sarebbe presa anche con loro, rendendo abitualmente così afflittivi ed avvilenti i rapporti con la moglie e con i figli, inducendoli a disturbi di natura psicologica e psichiatrica.

Ha ritenuto il GIP che sussistono a carico dell’uomo gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati dal P.M. alla luce della denuncia presentata dalla coniuge dello stesso, e dalle sommarie informazioni rese alla Polizia Giudiziaria dalla donna e dal figlio. Tra l’altro, lo scorso Aprile, personale del Commissariato P.S. di Manfredonia interveniva, presso il Reparto di psichiatria del locale ospedale, su richiesta del medico che ivi presta servizio il quale segnalava il ricovero di una ragazza, giunta al Pronto Soccorso dell’Ospedale in stato di forte agitazione verosimilmente ingenerato dalle forti tensioni esistenti tra i suoi genitori. Di lì a poco giungeva in reparto il padre della giovane, l’odierno destinatario del provvedimento, il quale manifestava il suo dissenso al ricovero, chiedendo che la ragazza fosse dimessa. A ciò il medico si opponeva evidenziando che la paziente, la quale invece aveva accettato di essere ricoverata, era maggiorenne e capace di intendere e di volere. Avendo fatto cenno la ragazza a problemi famigliari, il personale del Commissariato P.S. di Manfredonia, procedeva all’ascolto della madre della paziente che, pur lasciando intendere che i rapporti con il marito non erano idilliaci escludeva condotte violente da parte del coniuge. Ascoltata nuovamente dalla Polizia riferiva di un rapportò segnato da frequenti tensioni e litigi che avevano creato in lei e nella figlia uno stato di malessere psichico che aveva reso necessario il ricorso al Consultorio e al centro di salute mentale della ASL di Manfredonia. La donna era, però, categorica nell’escludere che il marito avesse mai usato violenza nei suoi confronti.

Nel mese di Maggio la donna si presentava presso il Commissariato P S. di Manfredonia, denunciando di essere da tempo vittima di maltrattamenti per mano del marito e di non avere prima di allora denunciato i fatti per timore di sue ritorsioni. Precisava che già nel 2000, proprio a causa delle violenze fisiche e psicologiche cui era sottoposta, era caduta in uno stato di profonda prostrazione e riferiva di due episodi avvenuti verso la fine dello scorso anno: La prima volta il marito la cacciò di casa, minacciandola, se fosse rimasta, di farle del male; poi, il giorno dell’onomastico di sua figlia, al culmine di un litigio, le lanciava contro un oggetto contundente, uscendo poi di casa minacciava lei ed i figli , per cui la malcapitata decideva di trascorrere la notte in una struttura alberghiera della zona.

Il giorno di Pasqua del 2013, poi, ci fu un litigio scaturito da una banalità, cioè in merito al luogo in cui trascorrere la giornata del Lunedì dell’Angelo. In quella occasione l’uomo si avventava prima contro la moglie e poi contro la figlia che, colta da una crisi, richiese l’intervento dei sanitari, tutti episodi confermati anche dal figlio minore della coppia.

Nel mese di Luglio veniva sentita nuovamente la moglie la quale riferiva che dal giorno della denuncia il marito non aveva più alzato le mani né su di lei, né sui figli e che l’ultimo litigio, nel corso del quale il marito si era limitato a offese verbali, risaliva al mese di Giugno u.s..

La situazione peggiorava verso la fine di Agosto, dopo che al marito venivano ritirate, su disposizione del Prefetto della Provincia di Foggia, su richiesta formulata da quest’Ufficio, le due pistole di cui era in possesso; da quel momento l’uomo è divenuto insopportabile, offendendola e denigrandola continuamente; solo i figli, a turno sempre presenti, di fatto impedivano all’uomo di alzare le mani e di picchiarla.

La donna aggiungeva che, seppur da Dicembre del 2012 ella e il marito non dormivano più nello stesso letto, anche se a conoscenza della volontà della moglie di separarsi, il coniuge pretendeva di avere rapporti sessuali con lei che, per evitare che i figli si accorgessero della situazione, accettava, contro volontà, di soddisfare le voglie del marito.

Il racconto della donna trovava conferma in una relazione psicologica del Consultorio familiare della ASL di Manfredonia, nella quale si dà atto del malessere psicologico che affligge la persona offesa dal 2001 la cui causa sarebbe da ricercare, tra l’altro, proprio nei dissidi con il marito e negli atteggiamenti prevaricatori e violenti dello stesso.

Ha ritenuto il G.I.P. che nella vicenda il malessere si fosse perfino concretizzato in stati d’ansia e depressivi della madre e della figlia, esasperate dalle continue prevaricazioni del congiunto e che ricorre nel caso di specie l’abitualità della condotta, richiesto ai fini della integrazione del reato in contestazione, cosicché possa dirsi che i fatti sono collegati da una unica intenzione criminosa, capace di ledere l’integrità fisica o il patrimonio morale della vittima. Ha aggiunto che non può dubitarsi, alla luce della natura dei comportamenti posti in essere dal reo, che egli abbia ogni volta agito con la coscienza e la volontà di persistere nell’abuso dello stato di soggezione della vittima.

Il G.I.P. conveniva con il P.M. anche in ordine alla ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza, essendo stata chiara la donna nell’affermare che l’uomo l’ha costretta ad avere rapporti sessuali con lui. E’, evidente, che la persona offesa ha accettato di soddisfare le voglie del marito per sottrarsi alle sue reazioni inconsulte. Ha quindi ritenuto il G.I.P. la sussistenza, nel caso di specie, nei confronti dell’uomo di specifiche ed inderogabili esigenze cautelari, essendovi il concreto pericolo che egli possa commettere delitti della stessa specie ed in particolare reiteri le condotte di denigrazione e umiliazione della persona offesa, perpetrate all’interno dell’abitazione ed ha applicato nei suoi confronti la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa famigliare, prescrivendogli di lasciare immediatamente l’abitazione e di non accedervi senza l’autorizzazione dell’A.G., nonché di non avvicinarsi alla moglie e ai figli, né ai luoghi abitualmente dagli stessi frequentati.
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