Pomodoro, quasi addio

Tra le novità della nostra estate, i foggiani più attenti ne avranno colta una davvero singolare: non si vedono Tir carichi di pomodori sulle strade.

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Neve e gelo in provincia di Foggia, imbiancato il caratteristico Rione Junno a Monte Sant’Angelo
Miele Cinese ad 1 euro al kg. AMMAZZA.QUELLO PUGLIESE

Tra le novità della nostra estate, i foggiani più attenti ne avranno colta una davvero singolare: non si vedono Tir carichi di pomodori sulle strade. Di questi tempi viaggiare sulla superstrada per Candela, ovvero la via più diretta verso i conservifici campani, significava doverla percorrere quasi per intero sulla corsia di sorpasso tanto era lungo l’incolonnamento dei mezzi pesanti carichi di pomodoro appena raccolto e pronto a diventare passata o conserva.
Ma se per gli automobilisti questa è senz’altro una buona notizia, lo stesso non può dirsi per chi il pomodoro lo coltiva anche se sa di appartenere a una specie ormai in via di estinzione. Diciamo che gli agricoltori un po’ se l’aspettavano, quest’anno, un calo generalizzato del raccolto nell’ex regno dell’«oro rosso» di Puglia.

Alcune associazioni agricole, come Confagricoltura, avevano invitato i propri iscritti a boicottare la campagna in polemica con le industrie di trasformazione che prenderebbero per «la gola» i coltivatori con i loro prezzi imposti a saldo. Ebbene tutti questi discorsi a breve potrebbero rappresentare solo un ricordo dal momento che il futuro del pomodoro in Capitanata rischia di fermarsi a questa stagione. Non siamo nemmeno al giro di boa della campagna di raccolta, ma gli agricoltori già la definiscono «fallimentare ». E pensare che quest’anno i prezzi sono stati unilateralmente aumentati dalle industrie (dopo tre anni), sia pure di appena un centesimo al chilo: da 8 a 9 centesimi per il tondo; da 9 a 10 centesimi per il lungo. Un riallineamento alle richieste ormai datate dei produttori che sa di contentino se pensiamo alla linea di break-even costi/ricavi reclamata dagli agricoltori rispettivamente a 11 e 12 centesimi. Ma il problema non sembra più essere questo. I terreni sono allo stremo in Capitanata, dopo oltre trent’anni di coltivazioni intensive (fino a 24 milioni di quintali record europeo nel 2007), quest’anno la resa media è crollata a 600-700 quintali a ettaro quando un tempo chi raccoglieva mille quintali poteva dirsi deluso.

Il vero nemico del pomodoro si chiama «orobanche», è un parassita che si alimenta delle radici delle piante e ne risucchia il suo potenziale fino a lasciarla marcire. I campi ne sono quasi completamente infestati, sta accadendo quel che accadde con la virosi a Battipaglia e dintorni nella metà degli anni Ottanta. La causa scatenante dei parassiti (anche Tuta absoluta e Nottua, il primo un lepidottero il secondo un bruco, sono fonte di preoccupazione sulle rese) sarebbe nel maltempo di fine maggio che ha già condizionato il raccolto del grano duro. Tuttavia la crisi del pomodoro non sembra solo dovuta a una perturbazione, ma si ritiene da più parti che lo stress sia dovuto alla superproduzione ininterrotta che ha ridotto i terreni della Capitanata come quelli campaniche furono difatti bipassati spostando le coltivazioni nei terreni adiacenti. Parliamo di un’estensione agricola intorno ai 20mila ettari, scesa negli ultimi anni intorno ai 15mila e quest’anno ancor meno. Anche il «business » del pomodoro, un tempo valutato in 300 milioni di euro, sembra destinato a un brusco ridimensionamento.

Un altro cambiamento arriverà dalla nuova Pac, dal 2014: i generosi titoli finora assegnati al pomodoro da industria subiranno, sia pure gradualmente, una flessione. Il meccanismo funziona pressappoco così: chi ha prodotto per anni pomodoro intasca oggi dall’Ue una sorta di vitalizio finanziario calcolato sulla media storica aziendale. Se questa certifica di aver prodotto per tre anni 1500 quintali a ettaro (praticamente un’azienda su due in Capitanata) senza interruzioni, si ritrova oggi con titoli da passare all’in – casso pari a 2mila-2500 euro a ettaro. Dunque oggi sul pomodoro vale la massima napoletana del «chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto», per questo la scena negli ultimi anni è stata sempre più occupata dagli affittuari e da faccendieri in cerca dell’ultimo affare, mentre gli agricoltori tradizionali hanno cercato di restare alla larga dopo aver però chiarito i propri conti con l’Unione europea.
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