Legambiente sull'operazione Black Land:"si prefigura un ecocidio"

  Un giro di affari stimato, nel complesso, 10 milioni di  euro, e circa 12mila tonnellate di rifiuti interrati senza essere stati prima  adegua

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Un giro di affari stimato, nel complesso, 10 milioni di  euro, e circa 12mila tonnellate di rifiuti interrati senza essere stati prima  adeguatamente stoccati e trattati. Abbandonati senza scrupoli in zone protette o  nei pressi di fiumi e dighe, oppure tombati in terreni agricoli e in un cratere  in agro di Ordona – proprio a due passi dal sito dell’antica Herdonia, dove  verrà appurato l’eventuale danno sul profilo archeologico – che, nel corso di 12  mesi, diventava sempre più ampio e sempre più pieno.

E’ quanto scoperto dagli uomini dell’Arma dei Carabinieri e  dalla Dia di Bari, nell’ambito di una maxi operazione antimafia svolta all’alba  di oggi nelle province di Foggia, Bat, Caserta, Avellino e Benevento, denominata  “Black Land” e che ha portato all’arresto di 13 persone ritenute a vario titolo  responsabili di attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti e al  sequestro di aziende, stabilimenti, automezzi pesanti, discariche abusive per un  valore totale di 25milioni di euro, sia in relazione al reato ambientale  che agli illeciti amministrativi conseguenti.

“Però chiariamoci: la Puglia, la provincia di Foggia e  la Capitanata non sono la terra dei fuochi. E’ un territorio che stiamo  attenzionando e monitorando con grande attenzione, come promisi due anni fa,  quando assunsi questo incarico”, precisa il procuratore distrettuale  antimafia di Bari, Pasquale Drago. “E le nostre intuizioni hanno trovato  evidentemente conferme: un anno fa circa è venuta fuori la notizia delle  dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone su un presunto traffico di illeciti  sull’asse Campania-Puglia. In realtà si trattava di indicazioni vaghe, ma mi  impegnai – anche sotto la spinta di interrogazioni parlamentari – affinché la  magistratura e le forze dell’ordine approfondissero il tema dei rifiuti.  Argomento sul quale già da tempo la Dia stava indagando. E l’operazione odierna  da’ dei contenuti alla vaga indicazione di quel collaboratore di  giustizia”.

Poi rincara la dose: “Non finisce qui”, spiega, “ma è bene non creare confusione tra i rifiuti illeciti, anche speciali, e  quelli radioattivi. Non abbiamo al momento risultanze di deposito incontrollato  di radioattivi sul nostro territorio: al momento, non abbiamo traccia”, conclude Drago. L’attività è partita nel marzo  2013, a seguito di una serie di accertamenti sul territorio effettuati anche  grazie all’utilizzo di sofisticati programmi informatici di monitoraggio  ambientale del territorio. Le successive indagini – un faldone costituito da intercettazioni  telefoniche, rilevazioni satellitari e ad infrarossi, acquisizioni documentali e  consulenze ambientali – hanno consentito di fare piena luce su sodalizio  criminoso dedito all’attività illecita.

Nello specifico,  si tratta del tombamento di rifiuti speciali non trattati (frazione umida)  provenienti da un apparente impianto di compostaggio all’interno  di un enorme cratere in agro di Ordona,  nel Foggiano, e nello smaltimento illecito di rifiuti speciali derivanti da  trattamento meccanico (frazione secca),  proveniente da un impianto di stoccaggio di Foggia. I rifiuti speciali, tutti  provenienti da impianti di raccolta e stoccaggio ubicati in Campania, nelle  province di Salerno, Caserta e Avellino, ammonterebbero a non meno di 12mila  tonnellate.

 

Secondo quanto accertato dai carabinieri del Noe, del  Comando provinciale di Foggia e della Dia di Bari, i rifiuti campani venivano  trasportati nei siti di stoccaggio della Sele Ambiente di Battipaglia, nel  Salernitano, e della Ilside di Bellona e venivano gestiti con il seguente  schema: i rifiuti della frazione umida venivano conferiti all’impianto di  compostaggio della Biocompost Irpino di Bisaccia e poi, senza subire alcun  trattamento e accompagnati da falsa documentazione, venivano trasportati e  gestiti come se si trattasse di ammendante, per essere definitivamente  smaltiti (tombati, appunto) nei terreni di un’area agricola di Ordona gestita  dall’Edil C., ove vi era una autorizzazione al ripristino ambientale.

 


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